Mediaset: con Bolloré non si tratta
Confalonieri: «È una scalata ostile, sentiamo il supporto del Governo»
pMediaset «chiude» a Vivendi. «Nessuna trattativa», col gruppo francese, ha chiarito il Biscione dopo l’incontro, sollecitato dal ceo Arnaud de Puyfontaine, con PierSilvio Berlusconi. Il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, ha ribadito che la scalata è ostile e il Governo sostiene il gruppo italiano.
pLa missione diplomatica del ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, che venerdì ha fatto la spola sulla rotta Roma-Milano, non ha sortito grandi effetti sul caso Mediaset. Se non quello di irrigidire ancora di più la controparte. All’incontro mattutino con il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, sarebbe stata avanzata la richiesta di distendere immediatamente i toni escludendo la possibilità di procedere nell’offensiva con il lancio di un’Opa. Se De Puyfontaine ha rassicurato il ministro, la conferma non è però arrivata dall’intervista rilasciata a «Il Corriere della Sera» dove l’alto dirigente francese ha opposto un “no comment” alla domanda se in un secondo tempo poteva essere prevista un’Opa. Comunque «abbiamo i mezzi per farla», ha avvisato De Puyfontaine.
All’incontro pomeridiano con PierSilvio Berlusconi, nella sede Mediaset di Cologno Monzese, il clima non è stato meno gelido. Il gruppo televisivo e il suo azionista di riferimento Fininvest hanno avviato un contenzioso, con un richiesta di danni superiore al miliardo, per il mancato rispetto del contratto firmato ad aprile su Premium. È possibile che, reduce dal consiglio che ha sancito la volontà di Telecom di entrare nel mondo delle produzioni e co-produzioni video, l’ambasciatore di Bolloré abbia ventilato l’eventualità di coinvolgere il gruppo di tlc in un tentativo di stringere di nuovo un’alleanza industriale.
Ma, sia come sia, le argomentazioni evidentemente non sono servite a riaprire uno spiraglio di dialogo, visto che ieri, con una nota scritta, Mediaset ha tenuto a chiarire che «non esiste alcuna trattativa: nell'incontro, richiesto da Vivendi, la società ha ribadito le proprie posizioni, tenendo conto che è suo dovere tutelare gli interessi della società e di tutti i suoi azionisti, non solo di chi detiene il 20% delle azioni». Un passaggio, quest’ultimo, sul quale starebbero già lavorando i legali del Biscione, dal momento che la società non ha alcuna intenzione di arretrare sul fronte della richiesta dei danni dopo il «voltafaccia» francese, come l’ha definito Fininvest, su un contratto che il gruppo ritiene valido e vincolante. Non è per salvaguardare gli interessi del 20%, insomma - questa la logica - che si può soprassedere sugli interessi della società e di tutti i suoi azionisti.
Dunque, chiusura totale. «È una scalata ostile, non solo dal nostro punto di vista, ma anche da quello della politica - aveva detto in mattinata il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri - Ci ha fatto molto piacere sentirci appoggiati anche dalle istituzioni, perché qui non c'è in gioco solo l’italianità e l'inno di Mameli, ma anche l’interesse nazionale». Confalonieri ha ricordato che la questione del rastrellamento - comprando il 20% «dopo aver fatto abbassare il titolo» - è ora «giustamente nelle mani della magistratura e degli organi di controllo che faranno il loro dovere». Quanto all’intervista di de Puyfontaine sul Corriere della Sera (dove il ceo di Vivendi dice a proposito di Premium «È come se ci avessero invitato in un ristorante a 3 stelle e poi ci siamo ritrovati in un McDonald’s»), Confalonieri ha replicato: «I fatti sono che avevamo un contratto e non lo hanno rispettato. Adesso dire che quel contratto fosse sbagliato è assurdo, sbagliato su che che cosa? Hanno fatto loro la due diligence quindi dovevano accorgersi se c'era qualcosa che non andava. Quindi il pretesto per dire “siamo stati imbrogliati”, o dire qualcosa che ci somiglia molto, è un pretesto veramente campato per aria».
Da parte sua, Mediaset ha assicurato che «le gravi affermazioni di Arnaud de Puyfontaine» contenute nell’intervista «troveranno adeguata replica nelle sedi più appropriate». La querelle, insomma, continua. Se possibile, in un clima più surriscaldato di prima.
IL PRESIDENTE MEDIASET «I fatti sono che non hanno rispettato gli accordi: hanno fatto loro la due diligence sulla pay-tv, dovevano accorgersi se c’era qualcosa che non andava»