Mediobanca oltre l’investment: l’obiettivo è crescere nel risparmio gestito
L’istituto stima a fine esercizio 2016-’17 ricavi in rialzo sul 2015-’16 La diversificazione delle attività per rendere più stabile il business
Sfruttare diverse «leve» operative: dalla spinta sui ricavi alla riduzione dei costi fino all’ottimizzazione del capitale. E, poi, applicarle trasversalmente alle varie aree di business. Di modo che il rischio d’esecuzione del piano d’impresa sia limitato. Inoltre: puntare alla maggiore diversificazione delle attività. Il tutto al fine di costruire un gruppo più slegato dagli umori di mercato e, nei fatti, meno rischioso. Sono tra le logiche di fondo alla base del business plan 2016-2019 di Mediobanca. La quale vuole anche aumentare l’incidenza del Wealth Management sul business. In altre parole: più risparmio gestito. Ovviamente, però, il Corporate investment banking resta strategico. Su questo fronte, tra le altre cose, l’istituto di Piazzetta Cuc- cia punta a diventare investment bank di riferimento per le medie aziende del Belpaese. Il fronte, a ben vedere, attira l’interesse anche di altri istituti di credito italiani. C’è, quindi, la possibilità che l’eccessiva concorrenza limiti lo sviluppo del business. Diversi esperti rigettano l’ipotesi. Il target indicato richiede competenze che, a parte rare eccezioni, non sono così diffuse tra gli altri istituti domestici. L’eventuale sfida, in realtà, potrebbe arrivare dalle grandi banche straniere. Queste, tuttavia, non sono così interessate alle nostre multinazionali tascabili. In conclusione lo spazio per crescere esiste.
Sfruttare diverse «leve» operative: dalla spinta sui ricavi alla riduzione dei costi fino all’ottimizzazione del capitale. E, poi, applicarle trasversalmente alle varie aree di business. Di modo che il rischio d’esecuzione del piano d’impresa sia limitato. Inoltre: puntare alla maggiore diversificazione delle attività. Il tutto al fine di costruire un gruppo più slegato dagli umori di mercato e, nei fatti, meno rischioso. Sono tra le logiche di fondo alla base del business plan 2016-2019 di Mediobanca.
Un progetto che, da un lato, vuole definitivamente traghettare l’istituto di Piazzetta Cuccia fuori dall’eredità di un’attività divisa tra banca d’affari e holding di partecipazione. E, dall’altro, concretizza la volontà descritta attraverso la previsione di tre divisioni complementari con pari dignità: il Corporate investment banking (Cib), il Comsumer banking e il Wealth Management (WM). Cui si affianca il Principal Investing (le partecipazioni) che, però, va diminuendo in peso e importanza.Insomma: un’accelerazione dell’avviato riposizionamento strategico il quale si riscontra nella stessa futura dinamica del Gross operating frofit (Gop). Questo, a fine esercizio 2015-16, era così diviso: il Consumer banking pesava per il 33% mentre l’incidenza del Principal investing si attestava al 38%; il 7% era generato dal Wealth Management e il rimanente 22% dal Corporate (Cib e attività a servizio del gruppo). Nel 2019, invece, il miliardo di Gop previsto vedrà più che raddoppiato il peso del Wealth Management (15%) mentre quello del Corporate salirà al 32%. Il Consumer banking manterrà la medesima incidenza (33%). Il Principal investing, infine, diminuirà il suo peso relativo al 20%.
Fin qui alcune indicazioni sul piano d’impresa: il risparmiatore, però, è interessato anche a comprendere l’andamento del business. Un angolo visuale è offerto dalla serie storica dei dati di bilancio. Ebbene: nell’esercizio 2013-2014 i ricavi sono saliti a 1,819 miliardi e c’è stato il ritorno all’utile (465 milioni contro la perdita di 176,2 milioni del 2012-2013). Nei due anni contabili successivi (2014-2015 e 2015-2016) il margine d’intermediazione si è sempre confermato sopra i 2 miliardi con la progressiva crescita dei profitti netti. L’andamento è proseguito nel primo trimestre del 2016-2017: i ricavi sono aumentati a 526,3 milioni mentre l’utile netto sale dell’11%. Insomma: il conto economico mostra la crescita dell’istituto. Tutto rose e fiori, quindi? La realtà è più complessa. In particolare: sul fronte del margine d’intermediazione, nell’ultimo «quarter», c’è stato l’incremento sia del margine d’interesse che delle commissioni. Queste ultime tuttavia, nonostante nella precedente «Lettera al risparmiatore» Mediobanca avesse indicato la volontà di farle crescere, sul più significativo periodo 2015-2016 sono calate. Il che induce a ipotizzare l’esistenza di qualche problematica.
L’istituto rigetta il timore e dice che c’è nessuna preoccupazione. Il trend è soprattutto conseguenza del negativo andamento dei mercati. Cioè: una variabile esogena all’attività dell’istituto. Peraltro le commissioni di Wealth Management sono salite. Seppure, avendo ancora un peso limitato, non sono state capaci di controbilanciare la contrazione di quelle nel Cib. Ciò detto, al di là del fatto che comunque nel primo trimestre 2016-2017 sono aumentate, l’obiettivo di spingere i ricavi da «fees» rimane. Nel piano d’impresa appena pubblicato dovrebbero, nel 2019, raggiungere un peso del 30% sui ricavi contro l’attuale 22%. E più sul breve periodo? Il target, riguardo al 2016-2017, è dell’aumento delle commissioni sia nel Wealth Management che nel Cib.
Dalle commissioni al margine d’interesse del gruppo. Quest’ultimo, nel primo trimestre dell’esercizio in corso e nello scorso anno contabile, è salito rispettivamente del 3,9% e 5,6%. La dinamica, a ben vedere, è stata spinta soprattutto dal mondo del Retail & Consumer Banking la quale ha più che controbilanciato la diminuzione nel Cib.
Con il che, al di là del complessivo risultato positivo, il risparmiatore si interroga sul trend negativo del margine d’interesse del Corporate investment banking. Mediobanca non condivide le preoccupazioni. In primis, è l’indicazione, il «Net interest income» della Cib ha una valenza residuale. Inoltre , aggiunge l’istituto di credito, le attività legate alla holding, quale ad esempio quella di tesoreria, erano imputate proprio alla divisione in oggetto. Il che impattava il margine d’interesse. A ben vedere, al netto di tale voce, il «Net interest income» già si è stabilizzato nel trimestri passati. E le prospettive, conclude Mediobanca, sono per la conferma di tale trend.
Già, il trend. Quest’area, a fine del piano d’impresa, dovrebbe raggiungere un risultato operativo al netto del costo del rischio di 430 milioni. Un obiettivo da centrare in che modo? La strategia è composita: dall’efficientamento della struttura organizzativa alla riduzione dell’assorbimento di capitale fino allo sviluppo della tradizionale attività di banca d’affari. Oltre a ciò si prevedono nuove strategie. Tra queste c’è la volontà, in scia alla completa acquisizione di Banca Esperia, di diventare investment bank di riferimento per le medie aziende del Belpaese.
Il fronte, a ben vedere, attira l’interesse anche di altri istituti di credito italiani. C’è, quindi, il rischio che l’eccessiva concorrenza limiti lo sviluppo del business. Diversi esperti rigettano l’ipotesi. Il target indicato richiede competenze che, a parte rare eccezioni, non sono così diffuse tra gli altri istituti domestici. L’eventuale sfida, in realtà, potrebbe arrivare dalle grandi banche straniere. Queste, tuttavia, non sono così interessate alle nostre multinazionali tascabili. In conclusione lo spazio per crescere esiste.
Così come esistono, aggiunge Mediobanca, sinergie con la divisione del Wealth Management. Molte delle imprese in oggetto, infatti, non sono public company. Di conseguenza l’azionista di maggioranza, ad esempio dopo un operazione quale l’Ipo, spesso ha bisogno di servizi di consulenza nella gestione del nuovo patrimonio.
Ma non è solo questione di mid cap. La nuova divisione di WM è l’area cui Mediobanca riconduce le attività di risparmio gestito della clientela: da quella «affluent» e «premier» (Che Banca!) fino ai grandi patrimoni (Banca Esperia, Spafid e Compagnie Monégasque de Gestion).
Un segmento dove, da una parte, viene creata tra le altre cose la nuova fabbrica prodotto «Mb Asset management». E, dall’altra, si punta nel 2019 ad un risultato operativo, al netto del costo del rischio, di 140 milioni. Quest’ultimo obiettivo, a ben vedere, dovrà raggiungersi anche grazie alle recenti acquisizioni (Cairn Capital, Barclays Italia e Banca Esperia). Per non parlare delle altre che, eventualmente, potranno aggiungersi. Mediobanca ha ipotizzato, nel WM, investimenti fino a 200 punti base di capitale per l’M&A. Operazioni che, oltre ad una logica industriale, dovranno non diluire l’Eps e assorbire poco capitale. Tutto facile come bere un bicchiere d’acqua, quindi? Ovviamente il discorso è più complesso. Il risparmiatore ricorda il rischio di esecuzione: integrare nuove realtà non implica automaticamente ulteriore crescita. Mediobanca smorza i dubbi. Il fatto che le realtà acquisite , è l’indicazione, non siano in perdita è già di per sè una garanzia rispetto alla redditività complessiva. Certo: le sinergie e le potenzialità devono essere concretizzate. E però, ricorda l’istituto, il track record, ad esempio dello shopping di Compass su Linea, mostra la capacità del gruppo di eseguire con efficienza le integrazioni. Quindi, su questo fronte, non c’è preoccupazione.
Infine la divisione Comsumer. Vale a dire: il credito al consumo. Quest’area è uno dei motori del business aziendale. L’utile netto nel 2013-2014 era di 51 milioni; poi, l’esercizio successivo, è passato a 82 milioni. Infine: al 30 giugno scorso si è assestato a 154 milioni. Gli obiettivi, indicati nel piano 2016-’19, sono di consolidare la propria posizione e potenziare la distribuzione (diretta o digitale). Inoltre è previsto il ribilanciamento del portafoglio crediti con un mix tra prodotto e canale più profittevole. Un esempio? La quota di prestiti personali venduti dal canale diretto dovrà salire al 55%. Ciò detto Mediobanca stima che, anche grazie al Consumer, il margine d’interesse del gruppo nel 2016-2017 salirà ad una bassa singola cifra percentuale. La dinamica, unita alla crescita delle commissioni, implica, sempre secondo Mediobanca, che i ricavi complessivi dell’esercizio in corso sono stimati in rialzo rispetto al 2015-2016.
SCENARI Nel primo trimestre dell’esercizio in corso margine d’intermediazione e utile in rialzo Analogo l’andamento dello scorso anno Le commissioni però sono diminuite: per l’istituto un effetto esogeno dei mercati