Governare è saper selezionare
La vicenda della giunta Raggi si ingarbuglia sempre più e mette a dura prova l’immagine del Movimento Cinque Stelle. Se ricostruiamo qualche spezzone della sua storia recente ci rendiamo conto quanto ciò vero.
Si era partiti lancia in resta contro Federico Pizzarotti, reo di non aver informato subito di un avviso di garanzia per un’indagine irrilevante (e che infatti è finita nel nulla). Luigi Di Maio era stato allora uno dei grandi accusatori. Poi sono arrivate le prime grane sulla giunta Raggi, ma si era già giunti alla conclusione che indagini e avvisi di garanzia non erano abbastanza. Sono seguiti i pasticci delle firme per le liste a Palermo e a Bologna, e anche lì il rigore della trasparenza è stato ben ben annacquato. Infine si è terminato (per il momento) con le dimissioni obbligate dell’assessore Muraro e con l’arresto di Raffaele Marra.
È chiaro che questi ultimi episodi toccano un nervo molto sensibile, perché si tratta della Capitale, e di una giunta che doveva mostrate come i pentastellati sono in grado, per la loro diversità, di risolvere quel che la vecchia politica corrotta e incapace non poteva prendere a mano. È banale dire che M5S nel caso Roma rivela invece una serie di debolezze croniche.
La prima riguarda l’inefficienza del sistema di selezione delle candidature di vertice affidate al meccanismo della rete. Virginia Raggi è palesemente un personaggio non all’altezza del compito che si è assunta. Non è solo questione del pasticcio che ha messo in atto volendo combinare scelte di facciata (Raineri, Minenna) con scelte legate ad ambienti del burocratismo clientelare romano (Muraro, Romeo, Marra): le prime sono durate lo spazio di un mattino, le seconde hanno rivelato una vischiosità inspiegabile. Infatti ci si chiede perché la sindaca, più volte avvertita non solo dalla stampa che poteva considerare ostile, ma anche da ambienti del suo movimento, si sia intestardita a difendere ad ogni costo quelle scelte.
Facendo i dietrologi non è che ci siano molte alternative. La prima è che volendo difendere l’indipendenza del suo ruolo si sentisse però spalleggiata da ambienti decisivi dei vertici M5S. La seconda è che la Raggi stessa sia ostaggio di quel circolo di personaggi diciamo così opachi di cui ha scelto di circondarsi. Non è ancora chiaro come sia giunta ad individuarli, se da sola o se le siano stati “indicati” da qualche lobby esterna. La domanda è indubbiamente inquietante.
Comunque sia, resta il fatto che nella contingenza attuale i Cinque Stelle si trovano in una situazione molto difficile. Sostenere ad oltranza la loro sindaca si rivela di fatto impossibile. Non solo per ragioni diciamo così oggettive, ma anche per lo scarso spessore personale della Raggi che non riesce a fare una conferenza stampa di un qualche contenuto e che balbetta spiegazioni buone più per uno spettacolo satirico che per un consesso politico («Marra è uno dei 23mila dipendenti non il mio braccio destro …»). Sbarazzarsene è altrettanto difficile. Il sistema che regola i Comuni è bizzarro, non tanto perché prevede che se un sindaco cade si deve tornare ad elezioni (inevitabile in un sistema ad investitura personale con ballottaggio), ma
DOMANDA Non è chiaro come la Raggi abbia scelto i suoi collaboratori: da sola o consigliata da qualche lobby esterna?
perché non contempla obbligatoriamente il ricorso rapido alle urne e mette in mano l’amministrazione ad un commissario governativo anziché ad un governo di breve transizione espresso dal Consiglio comunale.
Questo spiega perché ritirare la fiducia alla Raggi è per M5S una mossa rischiosa: significa ammettere un fallimento (e sarebbe il meno), avere un nuovo commissario che potrebbe anche mostrare che qualche problema poteva anche essere gestito meglio, ma soprattutto affrontare un problema di ridefinizione dei posizionamenti interni in termini di prospettive per il futuro potere che si augurano di conquistare a breve.
Difficile infatti non vedere che nel Movimento sono presenti due anime, una che ha da tempo messo in guardia contro le deviazioni della Raggi e una che l’ha ampiamente coperta. Possiamo immaginarci che queste due anime vengano rinsaldate insieme dall’azione congiunta di Grillo e Casaleggio come se niente di grave fosse successo? Ci sembrerebbe strano, soprattutto nel momento in cui M5S deve misurarsi con la assai probabile prospettiva di una prova elettorale nazionale fra non molti mesi e, dunque, con una campagna politica in cui certo non gli faranno sconti.