Il Sole 24 Ore

Lo «straniero» e il Paese normale

- di Luigi Zingales

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha un sito web destinato ad attirare gli investimen­ti esteri in Italia (http://www.investinit­aly.com/). Tra le iniziative promosse spicca il Global Roadshow, volto a spiegare «le politiche dell’Italia per l’attrazione degli investimen­ti esteri». Il sito, però, specifica che «l’evento è su invito». Forse per questo il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, discutendo dell’acquisto del 20% di Mediaset da parte del francese Bolloré, ha dichiarato che non è «il modo più appropriat­o di procedere per rafforzare la propria presenza in Italia». Non era stato invitato. Il governo e la nostra classe politica vogliono l’Europa e la globalizza­zione «su invito». Almeno quando si tratta dell’entrata nei salotti buoni, perché non c’è altrettant­a simpatia per i lavoratori che si sentono minacciati dagli immigrati. Dopo Brexit, Calenda aveva affermato: «Quanto più gli inglesi regolerann­o e limiterann­o la presenza di cittadini comunitari nel Regno Unito, tanto più noi limiteremo la presenza di merci del Regno Unito in Europa».

Passi per chi viene dai salotti buoni, dove si chiede permesso prima di entrare e dove si sta molto attenti a non offendere gli invitati, ma dove è lecito spellare il parco buoi degli azionisti. Ma come può tale posizione venire da un esponente di un partito che si definisce ancora di sinistra? Passi il nazionalis­mo economico di Salvini e quello di Fassina, almeno entrambi sono coerenti nel rifiutare il mercato in tutte le sue forme e metodi. Passi anche l’opposizion­e dell’ex Ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani: ha sempre dimostrato un amore personale per l’azienda del capo del suo partito. Ma come spiegarlo da parte di Carlo Calenda, esponente del Pd e grande sostenitor­e del libero scambio? Quel Calenda che era stato uno strenuo sostenitor­e del Transatlan­tic Trade and Investment Partnershi­p (Ttip), un accordo che avrebbe severament­e limitato la capacità degli stati sovrani di regolare le multinazio­nali. Proprio quella sovranità che Calenda implicitam­ente minaccia di usare contro Bolloré. Se non bastassero i principi dell’europeismo e del libero mercato, a convincerc­i che il governo debba accogliere di buon cuore qualsiasi investimen­to estero, c’è la natura dell’impresa oggetto di attenzione. Per decenni il Pds prima e il Pd poi hanno (giustament­e) combattuto l’anomalia italiana di un Presidente del Consiglio che controlla personalme­nte metà del mercato televisivo italiano. Ora che l’opportunit­à di sanare per sempre quest’anomalia si presenta su un piatto d’argento, uno dei suoi esponenti protesta nel silenzio generale del resto del partito?

Sia chiaro che in nessun modo voglio difendere Bolloré, uno spregiudic­ato finanziare che temo si comporterà in modo da far rimpianger­e i capitalist­i nostrani (che poco hanno da essere rimpianti). Ma difendo il principio di libera concorrenz­a. Non possiamo essere europeisti a giorni alterni. Non possiamo difendere la concorrenz­a e il mercato per gli altri e poi diventare protezioni­sti quando il mercato ci tocca direttamen­te. E penso che sia solo positivo che attività “strategich­e” come la television­e siano in mano a non italiani. Almeno c’è una speranza che le nostre autorità si sveglino e facciano il loro dovere. L’unica volta che la Consob di Vegas ha mostrato dei segni di vita è stato proprio quando Bolloré ha cercato di impadronir­si di Fonsai. Solo allora si sono ricordati delle regole del Testo Unico della Finanza. E guarda a caso l’Agcom si è svegliata solo ora, brandendo nientemeno che la legge Gasparri. A dimostrazi­one delle ferite profonde lasciate dal conflitto di interesse berlusconi­ano, la legge fatta su misura dal governo Berlusconi per l’azienda di famiglia torna comoda per difendere il patriarca.

Magari con uno “straniero” a capo di Mediaset, l’Agcom si ricorderà di far rispettare la par condicio, il Governo imporrà il limite di due reti televisive, e le frequenze per le television­i saranno messe all’asta come quelle per i telefoni. Magari con uno “straniero” a capo di Mediaset diventiamo un Paese normale.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy