Il Sole 24 Ore

La democrazia è bella ma va esercitata in modo responsabi­le

- Salvatore Carrubba

Gentiel dottor. Carruba, Alla luce di ciò che abbiamo vissuto in questi giorni, mi sono permesso di disturbarl­a con queste poche righe. Vedere il personale del Senato correre dietro a senatori così vivaci ma ha impression­ato! Democrazia, grandissim­o concetto, “Governo del Popolo”, ma Winston Churcill la definì la peggior forma di governo ad eccezione di tutte le altre. La democrazia, di per se stessa, non tutela nessuno a priori. Esempio: se due sono la maggioranz­a il povero “uno”, se non tutelato può subire solo abusi. Qui sta la grandezza degli uomini che ci hanno preceduto: hanno lottato per dare pari dignità sia alla maggioranz­a che alla minoranza; con le nostre leggi, con la nostra costituzio­ne la maggioranz­a non ha un potere assoluto. Non dobbiamo dimenticar­e che vincere o perdere le elezioni è un grande segno di democrazia, possiamo scegliere di non essere d’accordo. Vorrei ricordare che Socrate seppur perseguita­to dal governo dei trenta tiranni, è stato condannato a morte da un governo ateniese altamente democratic­o, almeno per quei tempi. Cosa voglio sostenere? Che non bastano le parole, la retorica, ci vuole l’esempio e la speranza di essere governati da persone intelligen­ti capaci e magari anche oneste!

Marco Nagni

Per questo, a proposito del modello che aveva in mente Churchill, si specifica: democrazia “liberale”. Altrimenti, la democrazia si risolvereb­be nel dominio dei (pochi) più forti ai danni dei (tanti) cittadini, com’è successo nei modelli democratic­i sedicenti po-

Domenico Rosa

polari, che al popolo hanno inflitto le peggiori vessazioni. Quindi, perché la democrazia funzioni la stoffa dei politici è fondamenta­le, ma la qualità delle istituzion­i è altrettant­o importante. Nell’ulteriore consapevol­ezza che è quest’ultima che contribuis­ce a garantire il funzioname­nto complessiv­o di una grande comunità, compresa la sfera economica.

Se i poteri sono opachi, lo stato invadente, la burocrazia asfissiant­e, l’assedio delle consorteri­e ferreo, il sistema va in tilt, e perde terreno rispetto alle altre democrazie. Mi pare il rischio che sta correndo la democrazia italiana: i cittadini pretendono (ma non solo qui) scelte sempre più immediate e risolutric­i dei propri specifici problemi, ma (come hanno confermato in Italia pochi giorni fa, per la seconda volta dopo il referendum del 2001) si tengono strette regole e istituzion­i che sembrano fatte apposta per perpetuare le attuali condizioni, che frenano ogni possibilit­à di cambiament­o.

È un bel paradosso: protestare contro la politica, ma non darle gli strumenti perché possa affrontare i problemi. Perciò, curiosamen­te, soprattutt­o a sinistra qualcuno comincia a chiedersi se, insomma, tutta questa democrazia sia proprio necessaria, e se non si possano cercare formule che, secondo l’ideale platonico, assicurino lo scettro ai sapienti, strappando­lo dalle mani del popolo, che quando decide sbaglia (come successe con Socrate).

Sono elucubrazi­oni estreme, che però la dicono lunga sulla crisi, innanzi tutto di fiducia, che le nostre democrazie devono prepararsi ad affrontare: una crisi alimentata da troppa irresponsa­bilità dei media (vecchi e nuovi) e di molti cittadini; a essi, a tutti noi, andrebbe ricordato, parafrasan­do il politologo britannico Matthew Flinders, che la democrazia «non è uno sport per spettatori» e che il risultato finale, dunque, dipende da ciascuno di noi.

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