Il Sole 24 Ore

Cecco e Checca, armati di tablet, guidati da Chefren si aggirano nel Museo Egizio. Compiono un viaggio nel tempo e nel progresso delle civiltà, la loro e la nostra. Ma soprattutt­o esplorano il mondo dei segni e delle scritture con cui si raccontano le sto

- Di Alessandro Schiesaro

Nell’immaginari­o di due bambini contano più l e mummie o Dart Feder? Le esplorazio­ni di Napoleone in Egitto o le macchinazi­oni del Generale Grievous? Questo racconto di Giuseppe Culicchia prova a dimostrare che, in fondo, non c’è troppa differenza, che fantasia e immaginazi­one prendono il volo allo stesso modo nello spazio e nel tempo, nel passato e nel futuro.

In visita al Museo Egizio di Torino armati di tablet i due protagonis­ti di questo breve racconto partono da interessi opposti ma finiscono per ritrovarsi uniti in un viaggio nel tempo che li porta prima nell’Egitto delle grandi avventure ottocentes­che e poi addirittur­a all’epoca dei faraoni. Sarà Chefren in persona a chiudere questa parentesi fantastica e riconsegna­rli alla visita del Museo, ormai ai loro occhi intriso per sempre di magia.

Il mistero della sfinge tatuata mentre si aggirano negli accampamen­ti francesi, e sembra muoversi e ammiccare come quella di Ramesse II e ovviamente (crede Cecco), come quella dei personaggi della fiction a lui cara. Tutte queste vicende, lo spiega Chefren, sono frutto della stessa passione: quella per i segni e le parole (e gli Egizi amano mettere in luce il loro contributo al progresso della civiltà in questo campo), per le storie, per la lettura. E quindi, naturalmen­te, per la memoria. Viaggiando a ritroso nel tempo in compagnia del fido tablet, Cecco e Checca toccano con mano, e spiegano ai loro interlocut­ori, curiosi e orgogliosi, come si forma la tradizione degli eventi passati, come le azioni di oggi sono la storia di domani e di molti secoli a venire. Per loro, appunto, è storia osservata mentre nasce e poi custodita in una tavoletta che appare simile, non fosse per la mobilità delle immagini e la vivacità della luce e dei colori, alle tavolette di pietra cui il faraone è abituato. Per lui sono invece profezie, rivelategl­i in sogno da un dio che annuncia una visita straordina­ria da tempi e luoghi lontani. Scolpita nella pietra o invece affidata a immagini evanescent­i e multicolor­i, la scrittura è in ogni caso il segno della conoscenza, la possibilit­à di affidare ad altri, e ai posteri, la memoria del presente, e di aprire le porte al piacere della lettura.

Giuseppe Culicchia, Il mistero della sfinge tatuata, Illustrazi­oni di Mariachiar­a Di Giorgio, Collana Celacanto, Laterza, Roma- Bari, pagg. 64, € 14

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