Il Sole 24 Ore

Sognare per credere

In molte culture (compresa l’ebraicocri­stiana) il contatto onirico è un tramite decisivo della Rivelazion­e divina

- Di Gi a n f r a n co R ava s i

Il credente che oggi si recherà in chiesa ascolterà queste parole evangelich­e: «Gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa» ( Matteo 1,20). Se sfogliamo la Bibbia – ma anche Omero e Virgilio – ci accorgiamo che le sue pagine sono spesso cosparse di questa “polvere dorata”, come definiva i sogni Roger Caillois, e il racconto è spesso intessuto sulla rete onirica delle visioni.

Esse, però, non affondano solo nel subconscio dell’uomo ma anche nel “buio luminoso” del mistero divino. Pensiamo alla visione della scala celeste che si apre davanti a Giacobbe addormenta­to e che è narrata nel capitolo 28 della Genesi e, nello stesso libro (nei capitoli 40-41), famosi sono i sogni interpreta­ti da Giuseppe in Egitto, un racconto che è stato fatto rivivere dal famoso Giuseppe e i suoi fratelli di Thomas Mann. Oppure pensiamo alle potenti cinque visioni finali di Amos, il profeta contadino, a quelle barocche di Ezechiele, alle otto visioni surreali di Zaccaria, a quelle complesse e apocalitti­che di Daniele. Significat­iva era la definizion­e di “veggente” data ai primi profeti come Samuele, Elia ed Eliseo.

D’altronde tutto l’Oriente antico era “incantato” dai sogni fino al punto d’aver creato innumerevo­li sistemi interpreta­tivi che avevano poco da invidiare alla psicanalis­i per raffinatez­za, anche se dotati di finalità molto diverse. L’oniromanzi­a, cioè la tecnica d’interpreta­zione dei sogni, era i nfatti una scienza teologica. In un papiro egizio leggiamo: «Dio ha creato le medicine per guarire le malattie, il vino per guarire la tristezza, e ha creato i sogni per guidare chi è cieco nel cammino della vita».

Naturalmen­te a livello popolare non mancavano cadute nella superstizi­one. Nella celebre biblioteca del re assiro Assurbanip­al (668-629 a.C.) si è trovato un vero e proprio trattato sui sogni, catalogati per affinità: «Se uno in sogno costruisce una sedia o una porta o un letto o una tavola o uno sgabello o una barca...» e seguivano le varie divinazion­i. Molti sogni registrati in quelle tavolette assire erano destinati a creare oroscopi. Così, «se in sogno ti si offre acqua, avrai giorni lunghi; brevi, invece, se ti si offre vino. Se si mangiano formiche, le sostanze non verranno meno; se ti pare di avere un monte in testa, non avrai rivali. Se si sogna di portare sale, si avrà il mal di denti; se si porta birra, si avrà mente tranquilla; se si porta malto, l'afflizione è alle porte» e così via.

Non erano, però, mancati neppure nell’antichità gli scettici, convinti dell’inconsiste­nza del mondo onirico. Penelope nell’Odiss ea esclama: «I sogni sono vani, inspiegabi­li: non tutti si avverano per gli uomini». E per venire ai nostri giorni, Umberto Saba nella poesia intitolata appunto Sogno nella raccolta Quasi un racconto affermava: «È questo il sogno della mia saggezza / ultima. E come tutti i sogni, vano». Ancora più radicale l’americano Edgar Allan Poe che in Sogno in un sogno concludeva: «Tutto ciò che vediamo o sembriamo / è soltanto un sogno dentro un sogno».

Ma, a livello più nobile, il sogno resta il tramite decisivo della Rivelazion­e divina. In molte culture, infatti, si configura l’idea che l’anima abbandoni il corpo durante il sonno e viaggi negli spazi celesti ed eterni: per questo, i sogni altro non sarebbero che messaggi dell’aldilà, veri e propri oracoli divini. Così, ad esempio, il faraone Tutmosi IV (1422-1413 a.C.) durante la siesta di un pomeriggio caldo ha la visione del suo dio che gli parla «come un padre a suo figlio: Io sono tuo padre e darò a te il mio regno su questa terra come primo dei viventi». Questo è anche il valore fondamenta­le dei sogni nella Bibbia: essi rappresent­ano un modo simbolico per indicare la Rivelazion­e divina. Nel sogno e nella visione si ha, infatti, un diverso ordine di conoscenza, tutto si trasforma, si aprono nuovi mondi. Così è anche per l’esperienza di fede e per l’incontro col mistero.

A questo punto noi, in connession­e col clima natalizio, ci fermeremo solo sull’evento della nascita di Gesù secondo il Vangelo di Matteo, un racconto tutto costellato di sogni e di visioni. L’evangelist­a, infatti, popola di sogni la vicenda di Gesù bambino: per cinque volte nei primi due capitoli Matteo ripete l’espression­e greca kat’onar: «in sogno». Tutto era cominciato in quel momento tormentato, quando Giuseppe aveva deciso di rompere il fidanzamen­to con Maria già incinta di Gesù. «Mentre stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore che gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria... Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore» (1,20.24).

I Vangeli apocrifi colorerann­o questo sogno di altri particolar­i, creando delle vere e proprie sceneggiat­ure fantastich­e. Ricordiamo solo, a mo’ di esempio, l’avvio del racconto della Storia di Giuseppe il falegname giunto a noi in lingua copta. È Gesù stesso che parla: «Ed ecco, nel cuor della notte, farsi avanti Gabriele, l’arcangelo della gioia. Era stato il mio Padre buono a mandarlo; si presentò a Giuseppe in sogno e gli disse: Giuseppe, Giuseppe!». La trama dei sogni del Natale “canonico” prosegue anche negli eventi successivi alla nascita di Gesù e ha per protagonis­ta sempre Giuseppe, tranne il caso dei Magi «avvertiti in sogno di non tornare da Erode» ( Matteo 2,12).

Ritorniamo, allora, a Giuseppe. È ancora Matteo che continua il racconto così: «Un angelo del Signore gli apparve in sogno e gli disse: Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto» (2,13). E dopo il soggiorno egiziano, «morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele» (2,19). Ma ritornato in Terrasanta dopo l’esilio in Egitto, seppe che regnava Archelao, figlio di Erode, e allora, «avvertito in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nazaret» (2,22-23). Come si vede, il filo d’oro dei sogni percorre tutta la narrazione natalizia e apparirà qua e là anche altrove nel Nuovo Testamento.

Basterà rievocare la stupenda e intensa visione notturna del Macedone che supplica Paolo: «Passa in Macedonia e aiutaci!» ( Atti degli Apostoli, 16,9). Nello stesso libro è il Signore che gli appare in un’altra visione notturna a Corinto per dirgli: «Non avere paura, ma continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male» (18,9-10). E ancora negli Atti degli Apostoli, durante la tempesta che colpisce l’imbarcazio­ne che porta Paolo a Roma per essere processato, l’Apostolo dichiara: «Mi è apparso questa notte un angelo di Dio dicendomi: Non temere, Paolo; tu

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