Amore mio, se solo io fossi in te...
I trascinanti attori handicappati della compagnia Xe si misurano con abilità e naturalezza con il sentimento amoroso
« Quando Einstein, alla domanda del passaporto, rispondeva ‘razza umana', non ignorava le differenze, le ometteva in un orizzonte più ampio, che le includeva e le superava. È questo il paesaggio che si deve aprire: sia a chi fa della differenza una discriminazione, sia a chi, per evitare una discriminazione nega le differenze » . Il convegno “Se io fossi te”, organizzato dal Comune di San Casciano Val di Pesa per gli Incontri Internazionali su Arte e Abilità differenti, giunto alla III edizione, si può riassumere, nelle sue variegate e anche contrastanti voci, i n questa frase, spesso ricordata da Giuseppe Pontiggia, scrittore scomparso, padre di un figlio disabile, molto caro alle pagine di questo giornale.
“Se io fossi te” dava conto di come nell’arte del pensiero che diviene corpo, c’è un invito alla bellezza come ricerca della propria interiorità, e non solo di forme esteriori fredde o decorative. La danza contemporanea, in particolare, si nutre ormai e da tempo di una libertà espressiva che, lontana dai codici prestabiliti, consente l’introduzione pura, o trasfigurata, di han- dicap, limiti fisici e mentali. Un’autentica valorizzazione “estetica” del diversamente abile, una messa in luce del suo quoziente di sofferenza ed emarginazione è di per sé portavoce non solo di una nuova uguaglianza umana, ma pure di una potenza espressiva ed emotiva inimmaginabili.
È infatti difficile riassumere allo spettatore non presente all’evento di cui diamo conto, l’empatia gioiosa creatasi tra platea e pubblico ( grandi e piccini) di fronte allo spettacolo Amore mio, di Julie Ann Anzilotti, ideatrice del convegno con la sua Compagnia Xe. Da sedici anni questa coreografa lavora con un drappello di disabili , molte volte apparsi non solo al Teatro Niccolini, loro abituale residenza. A differenza degli agli quattro allestimenti, creati nel lungo cammino di ricerca irto di ostacoli e conquiste ( segnaliamo l’intenso La Pazza gioia del 2012), Amore mio, per nove straordinari artisti con handicap ( e cinque assistenti-danzatori), alza il livello di complessità nella struttura coreografica e nel linguaggio, in un direzione diametralmente opposta rispetto all’ospite invitato a corollario di ” Se io fossi te”( convegno e mini rassegna): lo strutturalista Disabled Theatre, del coreografo Jérôme Bel allestito per lo svizzero Theater Hora e di cui già si scrisse, nel 2012, su queste pagine.
Sottratto a una banalità narrativa, Amore mio gioca le sue carte sull’abilità motoria ( molta danza), ritmico- sonora ( utilizzo di strumenti musicali) e su qualche esplosione verbale - il grido “amore mio” , il dialogo tra una immaginaria rockettara e un non meno illusorio mago del computer, conclusosi con un aggancio seduttivo, quando ormai ognuno aveva già scelto di indossare parrucche e diventare altro da sé. Il tema, come è facile immaginare, suggerisce l’idea dell’incontro tra femminile, qui in lunghi abiti da sera, nelle vari sfumature del rosso, e maschile in camicie grigie e pantaloni neri. L’impeccabile ragazzo piccolo e rotondetto, nel suo incedere imperiale e con parrucca vagamente secente-
sca, s’inchina alla sua dama con una totale immersione psico-fisica; d’altra parte “l’altro da sé”, nel suo caso, corrisponde alla sua intima natura, calata in secoli di corteggiamenti galanti ed educatamente puri. Non mancano però quei gesti di insofferenza, inimitabili da qualsiasi attore “normodotato”: scuotendo vorticosamente una sola mano, e adocchiando l’orologio, qualcuno introduce una certa scostante noia nel rapporto con i presupposti del corteggiamento.
Tra passeggiate in diagonale, salti a piè pari euforici e cerchi “tribali” in tondo per dar vita alla musica, spicca la scena con un enorme quaderno spalancato sul fondale, sopra il quale scrive - un elenco di animali - uno degli interpreti, nella sua continua e irresistibile mobilità , carica di pathos ed energia. C’è un maestro di cerimonia non disabile, un musicista, Tobia Little, nella fossa dell’orchestra, chiamato in scena a esaltare la sua tromba, di spalle al pubblico, nei momenti dedicati a suoni e ritmi. Le luci colorate e cangianti, addobbano uno spazio vuoto, in cui sono gli incredibili dettagli espressivi, gli sguardi, le stasi, anche gli scatti imprevisti, a muovere un mondo inventivo. La preesistente registrazione di come ognuno degli interpreti concepisce l’amore - a esempio « la mia famiglia e bisogna pensare solo alle cose belle, le brutte lasciamole stare » , oppure « l’amore non litiga mai» - fa si che l’autore dei diversi messaggi si palesi dal fondo scena e si posizioni in proscenio con fermo coraggio.
Magnifica e magica l’immagine del finale, quando tutti gli attori - dopo una sorta di cacofonia “da piazza” e movimenti nello spazio totale -, si fermano e si appoggiano l’uno sull’altro, trasmettendo un senso di complicità, pace ed armonia “amorosa”.
Amore mio , Julie Ann Anzilotti, Compagnia Xe, Teatro Niccolini, San Casciano Val di Pesa ( FI), in tournée e al Teatro di Cagli nel 2017