Ceronetti che non si dimentica
Guido Ceronetti è maestro sotto molteplici aspetti, ma gli viene sovente addebitata la mancanza di linearità, l’associazione d’idee, la parentesi alluvionale. Qualcuno ha denunciato questi stilemi di Ceronetti come vizi irrimediabili: il pensiero rischia di essere eroso dal “flusso”. Ma abbiamo letto il minuscolo libro Per non
dimenticare la memoria , uscito due mesi fa, e siamo pronti a proclamare che il “flusso”, in quelle pagine, è travolgente e ( apparentemente) a briglia sciolta, senza dubbio, ma fluisce all’inverso: dalla dispersione alla concentrazione su pensieri lineari e forti. Di questi miracoli ceronettiani siamo testimoni da più di cinquant’anni, dai tempi delle nostre esperienze garzantiane e rusconiane. Qualcosa di simile avveniva, per esempio, in Difesa della
luna. Si va sempre verso il centro, e per il lettore non è affatto faticoso. Anzi, è un continuo ribadire questo o quello fra oi temi centrali. In questo libro, la musica è il tema che tutto calamita e annoda. Musica è memoria. L’impossibilità di ricordare Lili Marleen o un quintetto di Schubert è la prova decisiva della necessità di privilegiare la musica forte, di non compiere un atto infame e osceno qual è il porre ogni parvenza o sostanza di musica allo stesso livello axiologico e cognitivo e semantico. Per questo, argomenta Ceronetti, l’atto di bestemmia compiuto dalla Chiesa cattolica quando essa diede un calcio al latino nella liturgia, la penosa quantunque non ignobile velleità di papa Benedetto XVI con il suo « Motu proprio » del 7 luglio 2007, l’inconsistenza del “bianco d’uovo” cui si è ridotta la teologia cristiana privata del latino, tutto ciò, e ciò cui la Chiesa oggi è ridotta, gli orrori della musica da trivio in era bergogliana, è orrore puro, Anzi, è il Nulla.
Guido Ceronetti, Per non dimenticare la memoria , Adelphi, Milano, pagg. 68, € 7