Il Sole 24 Ore

È la società ad essere stonata

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a suonare per la moglie, l’importante è stare in scena. E gente come noi, aggiunge, mai ci starebbe per merito. Dunque, ben venga l’inganno, ben venga la stampa corriva.

Ha una sua paradossal­e dignità, il punto di vista di St Clair. E non è ipocrita. Ipocriti, semmai, sono gli esponenti più in vista della musica newyorches­e, che per vantaggi economici meschini stanno al gioco, ma a patto di potersi acquattare nell’ombra. Per loro, la parola giusta è corruzione, economica e morale. E corrotto è certo il tremebondo Cosmé. Dopo una prima esitazione, i soldi di Florence gli paiono il giusto prezzo della sua dignità.

D’altra parte, neppure la diffusa propension­e a vendersi spiega l’accecament­o, anzi l’assordamen­to di una città intera. Quello che occorre spiegare è il trasporto disinteres­sato con cui Florence è seguita dal suo pubblico, prima da quello ristretto e “protetto” del suo patetico Club Verdi, poi da quello della prestigios­a Carnegie Hall (per non dire del successo di The Glory of Human voice, uno dei dischi più venduti della Melotone Records).

Da un lato, la vecchia signora ha il merito della sincerità. Se St Clair mente – e se mente addirittur­a Arturo Toscanini –, lei invece non sa di essere quello che è. Si tratti di flebilità psichica derivante da una antica malattia, o si tratti di ingenuità congenita, è convinta di quel che pensa e fa. Forse per questo una parte del pubblico la segue, perché ne avverte l’entusiasmo. E forse una parte la segue perché la può deridere, in coerenza con l’arcaico piacere degli esseri umani di innalzare se stessi abbassando e umiliando gli altri.

Manca però qualcosa, per spiegare l’inspiegabi­le. Questo qualcosa non ha a che fare solo con Florence, né solo con l’abile St Clair o con la New York degli anni 40. Ha a che fare invece con l’opinione pubblica, e con quel vago timore che assale gli uomini e le donne quando si trovano ad affrontare il compito di giudicare, valutare e pensare in proprio, soli con se stessi. Florence Foster Jenkins è una grande soprano, perché l’enorme maggioranz­a pensa che lo sia. Non c’è inganno né ipocrisia né corruzione. Non c’è neppure gioia di deridere e umiliare. C’è piuttosto il grande sollievo di ognuno di giudicare, valutare e pensare come tutti gli altri. Alla fine, l’unico essere umano rispettabi­le del film di Frears è lei, la dolcissima soprano stonata. %%%%%

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