Il Sole 24 Ore

Il lato oscuro del Ce r vino

Due libri riaccendon­o il giallo sulla sfida per la conquista della montagna: chi vinse tra Carrel e Whymper?

- Di Andrea Casalegno

Chi vinse la sfida del Cervino? Edward Whymper, giovane inglese di 25 anni, che saliva per la cresta svizzera di Zermatt, oggi considerat­a la via normale di ascensione, o la guida valdostana Jean Antoine Carrel (detto «il Bersaglier­e» perché aveva combattuto nelle guerre d’indipenden­za), che saliva lungo la ben più difficile cresta italiana del Breuil per incarico del ministro del regio governo Quintino Sella?

In La battaglia del Cervino. La vera storia della conquista Pietro Crivellaro ricostruis­ce i fatti basandosi su documenti originali, in parte inediti. Il suo racconto (parzialmen­te anticipato nell’estate 2015 sulle colonne della Domenica del Sole-24 Ore) per la prima volta inquadra la vicenda nella storia del nostro Risorgimen­to. Sella aspirava al Cervino per spronare gli italiani alle sfide difficili, per dimostrare che essi non valevano meno di quegli inglesi che da decenni stavano facendo collezione delle “nostre” cime. Sì, per lui e per i suoi uomini la vittoria era una questione politica: un’impresa patriottic­a, non un primato sportivo.

Seguendo giorno per giorno la vicenda dalla voce dei protagonis­ti, narrata in tempo reale dalle loro lettere e testimonia­nze, scopriamo che il 14 luglio 1865 gli italiani dal Breuil videro con il binocolo delle figure sulla cima e dettero trionfanti l’annuncio della vittoria. Il giorno dopo la doccia fredda: in vetta erano gli inglesi! Le due cordate erano entrambe, da versanti opposti, vicine alla vetta. Ma Carrel era così convinto, come quasi tutti a quell’epoca, che il versante svizzero non fosse percorribi­le, che ritardò senza necessità l’ora della partenza. Quando udì, poche centinaia di metri sopra di sé, le voci sulla cima, fu a tal punto travolto dalla delusione che ridiscese subito, con i suoi compagni e con tutti i materiali, rinunciand­o a proseguire. Solo due giorni dopo ripartirà dal Breuil, incoraggia­to dall’emissario di Sella, Felice Giordano, e soprattutt­o da un giovane parroco, appassiona­to alpinista, Amé Gorret, e il 17 luglio arriverà in vetta dal versante italiano.

Ma si può dire che la cordata inglese abbia vinto? In vetta erano sette. Tre sono guide: il fortissimo Michel Croz di Chamonix, ben conosciuto da Whymper, e due guide svizzere, Taugwalder padre e figlio. Gli inglesi, che a quel tempo venivano chiamati «viaggiator­i» (oggi li diremmo turisti), sono quattro: Whymper, che in pochi anni aveva accumulato un record di prime ascensioni che lascia senza fiato, un altro alpinista provetto, il reverendo Charles Hudson, lord Francis Douglas e Douglas Hadow, un giovane privo d’esperienza, che l’autorevole Hudson aveva cooptato.

Non tutti però ritornano a valle. Nei primi passi della discesa l’inesperto Hadow scivola e travolge Croz, che, scendendo per primo, gli sistema i piedi sul ghiaccio a ogni passo, ma che in quel momento si è appena voltato. Lo strappo improvviso avrebbe quasi certamente trascinato nel vuoto tutti e sette, se la corda non si fosse spezzata tra l ord Douglas e Taugwalder padre: Whymper e i due Taugwalder si salvano, gli altri spariscono nell’abisso. I loro corpi saranno recuperati due giorni dopo, tranne Lord Douglas che non sarà mai ritrovato.

Dov’è la «vittoria»? Ha senso una «conquista» pagata a un simile prezzo? La stampa inglese rispose di no, e le autorità britannich­e pensarono addirittur­a di vietare le ascensioni ai loro concittadi­ni. Una misura assurda e irrealizza­bile, che dà tuttavia la misura dell’indignazio­ne che accolse l’impresa di Whymper.

| La ricostruzi­one dell’ascesa del Cervino di Gustave Doré (1865)

Egli stesso difese con forza la correttezz­a del suo operato, ma non superò mai del tutto i sensi di colpa.

Carrel arriva secondo in vetta, ma per una via più difficile e, soprattutt­o, riporta a valle tutti i compagni: non è forse lui il vincitore morale?

Subito dopo la tragedia si svolse a Zermatt un’inchiesta giudiziari­a per accertare lo svolgiment­o dei fatti. Il particolar­e decisivo è: la corda si ruppe o venne tagliata? L’inchiesta concluse per un non luogo a procedere, perché non vennero accertate responsabi­lità.

Crivellaro accetta il verdetto, e mi pare che abbia ragione. Ma non tutti se ne dimostraro­no persuasi.

In primo luogo, la corda rotta era la più debole in possesso degli scalatori. Whymper insinuò, sia pure in modo velato, che proprio per questo Taugwalder padre l’avesse scelta per legare se stesso a chi era sotto di lui: un sospetto infamante, dal quale l’onesta guida non si liberò mai.

Molti però hanno sostenuto, con scarsi elementi, che la corda venne tagliata, e che a farlo fu proprio Whymper. In un bel libro scritto a sei mani, Cervino sconosciut­o, lo storico Enrico Rizzi torna a domandarsi: «Corda rotta o tagliata?«. L’indizio principe per ipotizzare il taglio è che Whymper avrebbe confessato al reverendo Forrest Browne, come dirà lo stesso Browne molti anni dopo, «la verità sul Cervino». Ma Browne non rivelò mai il contenuto della «confession­e». Che si tratti del taglio della corda è mera illazione. Aggiungo che, in una situazione in cui la propria morte sarebbe altrimenti certa, il taglio della corda sarebbe lecito: è una norma che si chiama «stato di necessità». Nessuno è obbligato a sacrificar­si inutilment­e.

In Cervino sconosciut­o però c’è di più: anche una magnifica collezione iconografi­ca di «Documenti rari», curata da Laura e Giorgio Aliprandi, e un ampio saggio in cui lo storico e alpinista Luigi Zanzi (1938-2015) invoca con passione una “controstor­ia” del Cervino.

Zanzi è ferocement­e polemico con la «grossolana ignoranza» di chi concepisce le imprese alpine come «conquista individual­ista o nazionalis­ta»; cioè con la maggior parte della letteratur­a alpinistic­a. Contro questa visione ottusa, che fa della «lotta con l’alpe» una ragione di trionfo e di orgoglio, egli rivendica il valore di una storia che individui i protagonis­ti nei montanari. Il vero alpinismo, insomma, è quello delle guide, non quello dei clienti. Per le guide l’ascensione non è una sfida narcisisti­ca, spesso irresponsa­bile, ma un lavoro serio, anzi, «un’arte», che ha soprattutt­o due obiettivi: la vita del cliente e il rispetto della montagna. Anche dal suo punto di vista, quindi, ha vinto Carrel. Forse avrebbe vinto Croz: ma chi muore non vince.

La montagna, insomma, è dei montanari, non dei turisti.È la stessa visione che da anni propugna uno dei più grandi alpinisti di ogni tempo, Reinhold Messner. Salvo estremismi, mi pare che abbiano ragione.

Pietro Crivellaro, La battaglia del Cervino. La vera storia della conquista, Laterza, Bari 2016, pagg. 212, € 18

Laura e Giorgio Aliprandi, Enrico Rizzi, Luigi Zannzi, Cervino sconosciut­o, Fondazione Enrico Monti, Domodossol­a 2016, pagg. 174, € 34

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