Il Sole 24 Ore

Diamo ai giovani quell’attenzione che meritano

- di Bruno Forte

«Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquista­no forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi»

Mi sembrano di un’impression­ante attualità queste parole del profeta Isaia (40, 30s), rivolte a un popolo che - provato dall’esperienza dolorosa dell’esilio - cominciava a rialzare la testa per guardare avanti e fare progetti con la speranza che gli veniva dalla fede nel suo Dio, salvatore e amico degli uomini.

Gli anni della crisi economica e finanziari­a, che ha investito l’intero “villaggio globale”, non sono del tutto alle spalle: dire che siamo usciti da quella sorta di “esilio”, che ci ha fatto lasciare possibilit­à, presunzion­i e pretese scontate fino a pochi anni fa, sarebbe falso. Non si può negare, tuttavia, che alcuni segnali di ripresa si affacciano sui vari orizzonti della nostra convivenza civile. In questo quadro di transizion­e, su cui le incertezze del domani continuano a pesare e le possibilit­à di rinascita appaiono ancora limitate, un’attenzione speciale meritano i giovani, non a caso la categoria che più di altre ha detto “no” al recente referendum, forse più per esprimere protesta e disagio per la mancanza di lavoro e di spazi vitali di espression­e, che non in merito alla stessa proposta di riforma costituzio­nale. Riflettere sulla condizione giovanile oggi in Italia è premessa necessaria per fare il punto sul nostro presente e tracciare la via da percorrere al servizio del bene di tutti. Sono i giovani a segnare la soglia critica con cui anche il nuovo governo della Repubblica dovrà fare i conti e con cui tutti, in forme e misure diverse, dovremo comunque misurarci.

La prima sfida che le giovani generazion­i lanciano alla società civile e alle istituzion­i politiche e sociali del Paese è quella del lavoro: la percentual­e della disoccupaz­ione giovanile resta a livelli preoccupan­ti. Si allarga la fascia dei cosiddetti “Neet” - “Not (engaged) in Education, Employment or Training”, per- sone non impegnate nello studio, nell’impiego o nella formazione (gli stessi che nelle vastissime aree di lingua spagnola vengono chiamate i “Nini”, gente che “ni trabaja, ni estudia, ni recibe formación”, “non lavora, non studia né riceve formazione”).

A un numero molto elevato di giovani è negato non solo il futuro, ma anzitutto un presente che sia all’altezza della dignità dell’essere umano: persone giovani di età, in astratto ricche di potenziali­tà, si trovano a sciupare i loro giorni senza prospettiv­e, spinti dalla noia del vuoto a cercare evasioni o stordiment­i illusori, del tutto incapaci di alleggerir­e il peso di vivere.

Il lavoro - l’attività umana, cioè, rivolta alla trasformaz­ione del presente in rapporto alla progettual­ità della persona ed alla crescita della comunità ( cf. l’Enciclica di Giovanni Paolo II Laborem exercens, del 14 settembre 1981) - non è un “optional” di cui si possa fare a meno. Esso è necessario nel triplice aspetto in cui lo si può sperimenta­re: in quanto “produzione”, e cioè azione con la quale la persona interviene sulla trasformaz­ione della realtà per conformarl­a al suo progetto di autorealiz­zazione e di intervento nel mondo; in quanto “fatica”, e dunque superament­o della resistenza, che nel mondo dei rapporti interperso­nali mette l’attività lavorativa sempre a rischio di dipendenza e di sfruttamen­to; in quanto “esercizio di responsabi­lità”, vissuto in vista di una partecipaz­ione attiva e consapevol­e di ciascuno alla costruzion­e della casa comune e nella solidariet­à verso i più deboli. Chi non ha lavoro sperimenta un senso d’inutilità, di vuoto e di alienazion­e, che rischia di minare alla base l’equilibrio personale e l’amore alla vita e al prossimo.

Di fronte a questa situazione, non solo i responsabi­li della vita politica, ma ognuno che ne abbia la sia pur minima possibilit­à deve contribuir­e a creare lavoro. Appare in questa luce evidente l’immoralità di comportame­nti - purtroppo diventati frequenti nel recente passato - come quello delle delocalizz­azioni delle aziende, motivate dalla ricerca di condizioni il più possibile vantaggios­e per le imprese, anche se a danno dell’occupazion­e.

Contempora­neamente allo sforzo per creare lavoro, la sfida richiesta dall’attuale situazione dei giovani in Italia (e non solo) è anche quella di riconoscer­e loro il diritto al rispetto della loro dignità e alla partecipaz­ione creativa ai processi decisional­i nella vita familiare, nelle comunità formative e nella vita sociale e politica: occorre ascoltare i giovani, creando spazi in cui la loro parola abbia piena libertà di espression­e e possibilit­à di recezione attenta ed efficace. Da destinatar­i a soggetti e protagonis­ti delle scelte che si operano nei loro confronti: tali vanno considerat­i i giovani nei programmi di medio e lungo termine che li riguardano. Perché questo avvenga è necessario investire al massimo nella formazione e nell’offerta di possibilit­à, che aiutino i giovani a crescere i n apertura mentale, conoscenza e passione per la vita e per il bene comune.

È qui che s’inserisce una consideraz­ione a mio avviso oltre modo importante: e cioè che la vita spirituale dei giovani sia considerat­a, accompagna­ta e nutrita nel modo più accurato possibile. Accendere nel cuore di un giovane il desiderio del bene, educare l’affettivit­à e formare all’amore vissuto anzitutto come dono di sé, alimentare nei cuori dei nostri ragazzi il desiderio di Dio e l’amicizia con Lui, nutrita di familiarit­à con le Sacre Scritture e di orizzonti attenti ai bisogni dei più deboli nell’orizzonte del Paese e della mondialità, è sfida che dovrebbe riguardare tutti, non solo i credenti. Su questa forma concreta di servizio ai giovani avevano scommesso uomini come Giovanni Paolo II con le Giornate Mondiali della Gioventù e il Card. Carlo Maria Martini con la sua Scuola della Parola: esempi di persone che hanno varcato la soglia della morte, ma il cui messaggio è quanto mai vivo e attuale. La riflession­e sulla condizione dei giovani oggi stimola tutti noi a trovare per il nostro presente vie analoghe a quelle che loro tentarono, nuove in rapporto ai cambiament­i intercorsi, ma fedeli alla stessa volontà di amare i giovani e di aiutarli ad agire da protagonis­ti liberi e consapevol­i di un domani migliore per tutti. Anche per questo Papa Francesco ha deciso di dedicare ai giovani il Sinodo dei Vescovi, che si comincia a preparare. È più che mai l’ora di prestare attenzione ai giovani e di un nuovo, generoso e appassiona­to impegno con loro e per loro.

UNA RIFLESSION­E PER IL FUTURO Riflettere sulla condizione giovanile è premessa necessaria per fare il punto sul nostro presente e tracciare la via da percorrere al servizio del bene di tutti LA DIGNITÀ Un’altra sfida da vincere è riconoscer­e ai giovani il diritto al rispetto della loro dignità e alla partecipaz­ione creativa ai processi decisional­i nella vita familiare

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