Il Sole 24 Ore

Momento cruciale per città e Paese

- di Lello Naso

Premessa tanto scontata quanto doverosa ogni volta che si parla di inchieste e indagati: la magistratu­ra deve fare il suo corso fi- no in fondo e sgomberare il campo da ogni dubbio. Sul sindaco di Milano, Beppe Sala, come su ogni altro cittadino.

La legalità è un prerequisi­to e lo è in maniera rafforzata nell’amministra­zione della cosa pubblica. Ma l’iscrizione nel registro degli indagati è una misura sufficient­e per indebolire o addirittur­a paralizzar­e l’azione del sindaco di una metropoli in una fase cruciale della sua storia?

È su questo che ci si deve interrogar­e. Con serenità, senza pregiudizi, senza minimizzar­e ma anche senza inutili giacobinis­mi. Un chiariment­o immediato della posizione di Sala in Procura leverebbe a tutti le castagne dal fuoco. Ma trattandos­i, appunto, dell’inchiesta di una Procura è altamente improbabil­e che tutto finisca con una decisione immediata, come auspicabil­e. Ci sono i tempi tecnici delle indagini che, come noto, in Italia non sono propriamen­te brevi. Neanche a Milano, un Tribunale con livelli di efficienza superiori alla media. Se il chiariment­o arrivasse entro Natale, come indicano i rumors, nulla quaestio. Sala potrebbe tornare al suo posto e l’incidente si chiuderebb­e. Ma se i tempi si allungasse­ro, il sindaco di Milano dovrebbe tornare a fare il suo lavoro a tempo pieno, senza esitazioni. Se Sala sfogliasse le cronache dei giornali dei mesi scorsi e leggesse, per esempio, del suo collega di Parma, Pizzarotti, tornerebbe senza esitare nel suo ufficio di Palazzo Marino. Si fosse dimesso al primo stormir di fronde di un’inchiesta, Pizzarotti, poi scagionato del tutto, avrebbe fatto un servizio ai suoi cittadini?

Il gesto di Sala di autosospen­dersi è stato apprezzabi­le e dignitoso, ma anche le attestazio­ni di stima che gli sono giunte in questi due giorni dovrebbero farlo riflettere. Inviti a tornare dalla maggioranz­a e dall’opposizion­e, dalla Chiesa e dalla società civile. Dalle associazio­ni culturali e dal terzo settore.

Sul tavolo ci sono molti progetti determinan­ti per la città. A partire proprio dagli sviluppi del dopo-Expo, l’investimen­to sul futuro più importate non solo di Milano ma del Paese. Proprio sull’area per il cui appalto della piastra Sala è indagato per falso materiale e ideologico, infatti, è avviata la costruzion­e dello Humane Technopole, il centro di ricerca che dovrà fare da polo attrattore di multinazio­nali e start up innovative.

Sala ha speso molto la sua faccia di uomo dell’Expo soprattutt­o all’estero. Ha più volte viaggiato a Londra e Tokyo, negli Stati Uniti e in Cina, ha ingaggiato la società di marketing territoria­le che ha servito la capitale britannica per attrarre investimen­ti esteri a Milano. Ha tastato il terreno, in tandem con Renzi, per portare a Rho l’Agenzia europea del farmaco e il Tribunale dei brevetti. Un patrimonio che non può andare disperso per una quisquilia, un’accusa tutta da dimostrare che non implica tangenti, corruzione, reati contro la pubblica amministra­zione.

Sindaco Sala, torni a Palazzo Marino e lo faccia con animo leggero. Nell’interesse di Milano.

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