Nadja Swarovski: «La moda fa la differenza»
La trisnipote del fondatore dell’azienda ha ideato l’Award for Positive Change
pNon deve esser stato facile trovare il proprio posto nel mondo Swarovski. Pur essendo la “trisnipote” del fondatore del più famoso brand di cristalli artificiali. Pur avendo talenti, passioni e ambizioni. Nadja Swarovski ci è riuscita unendo l’amore per l’arte (il suo primo lavoro fu alla galleria di Larry Gagosian di Londra), la fascinazione per l’azienda di famiglia, l’attrazione per il variegato universo della moda, il desiderio di aiutare i giovani creativi e, last but not least, la volontà di dare un contributo per migliorare la società.
L’ultima idea di Nadja in ordine di tempo èl o Swarovski Award for Positive Change, appena consegnato a Londra in occasione dei British Fashion Awards. La vincitrice della prima edizione è Franca Sozzani, direttore di Vogue Italia e Vogue Uomo, «per il suo impegno verso le diversità e i talenti emergenti».
Lei e Swarovski sostenete i giovani stilisti in molti modi. Pensa sia ancora possibile far nascere nuovi marchi?
Abbiamo il dovere di dare ai designer giovani e indipendenti le opportunità per crescere e sviluppare un loro brand, se è quello che sognano. Lo scopo del progetto Swarovski Collective, nato nel 1999, è proprio questo. Dal 2015 inoltre assegniamo lo Swarovski Collective Award a stilisti che trovano il modo più innovativo per usare i cristalli nelle loro collezioni. I vincitori delle prime due edizioni, Peter Pilotto e Rosie Assoulin, stanno avendo successo restando indipendenti e penso possano fare grandi cose in futuro.
Come l’è venuta l’idea dello Swarovski Award for Positive Change?
Swarovski è nata nel 1895 e nel suo Dna ci sono da sempre, la filantropia e l’attenzione alla sostenibilità sociale e ambientale. I British Fashion Awards sono un appuntamento importante e, come l’intero mondo della moda, nel tempo si sono evoluti. Ci sembrava che il tassello mancante fosse un premio da consegnare a chi ha dedicato parte della sua vita a incidere positivamente sulla società.
Quando è nato il legame tra Swarovski e la moda?
Ha origini molto lontane: il mio trisnonno Daniel Swarovski viaggiava spesso tra Vienna e Parigi per incontrare i primi couturier, come Charles Frederick Worth e Jeanne Lanvin. Per tutto il secolo scorso abbiamo lavorato intensamente con stilisti e aziende, ma la svolta c’è stata alla fine degli anni 90, grazie alla collaborazione con Alexander McQueen, che portò nuove energie, idee e opportunità.
Negli ultimi anni è cresciuto l’impegno dell’industria del tessile-abbigliamento per la sostenibilità. Crede che la moda possa dare l’esempio?
La moda può e deve fare una differenza, può e deve dare un contributo a rendere il mondo migliore. Abbiamo la responsabilità di usare la nostra influenza, economica ma anche culturale e sociale, per diffondere conoscenza e consapevolezza su tutto quello che succede sul pianeta. È importante farlo con atti concreti e dare loro risalto. Non si tratta di pubblicità o promozione, ma di impegno personale e aziendale.
Quali sono i principali progetti di filantropia di Swarovski in questo momento?
È molto difficile scegliere tra i vari progetti, perché stanno a cuore a me e a tutti, in azienda, nello stesso modo. Volendo citare una novità del 2016 penso allo Swarovski Foundation Centre for Learning, che fa parte del nuovo Design Museum di Londra, disegnato da John Pawson. Il centro è la prima “traduzione” fisica dell’impegno della Swarovski Foundation a sostegno della creatività e della cultura. Saranno circa 60mila le persone che ogni anno frequenteranno il Centre for Learning. Credo sia il primo esempio di “hub educativo”, perché unisce un tipo di istruzione tradizionale a insegnamenti informali, pratici, pensati per tradurre la teoria del design in professione.
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