Le insegne del retail ora puntano su Teheran
pPortare a milioni di consumatori iraniani l’italian style fatto di abbigliamento, calzature, intimo, fino ai ristoranti che servono la pizza al trancio, la napoletana e gli altri piatti della tradizione mediterranea. Nel dopo sanzioni le insegne del retail si preparano a sbarcare a Teheran, Isfahan, Shiraz e Tabriz, le grandi aree metropolitane in cui si concentra il 75% della popolazione e dove si stanno ultimando decine e decine di centri commerciali, shopping center, mall. I cantieri in tutto l’Iran sono circa 400, 65 nella sola capitale di cui una decina per centri di fascia medio-alta.
Dal punto di vista delle potenzialità la spesa procapite si aggira sui 2.800 dollari, più bassa rispetto ad altri Paesi dell’area, ma in crescita. Su queste prospettive si gioca l’interesse di tutti i grandi brand mondiali del commercio moderno e del fast fashion. «Negli ultimi anni il retail in Iran ha iniziato a crescere e si stima che nel 2016 le catene italiane raggiungeranno un fatturato di 200 milioni - segnala Mario Resca, presidente di Confimprese, associazione che la scorsa settimana ha organizzato un convegno per presentare le opportunità del Paese -. Nel dopo sanzioni c’ è un’apertura verso il commercio moderno e, nonostante il proliferare di insegne fake (non autorizzate), ora ci si sta avviando verso un salto di qualità nell’offerta».
Diversi imprenditori hanno iniziato a sondare le opportunità e si sono mossi alla ricerca di partner locali che dovranno sviluppare la rete commerciale.
«È un mercato molto interessante ma non facile, perché presenta ancora delle vischiosità - avverte Marina Mira d’Ercole, Senior consultant The European House-Ambrosetti -. Le banche occidentali hanno difficoltà a operare e rimane il timore che, nel caso di violazioni accertate dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica, si ritorni alle sanzioni». Per il momento il neopresidente Donald Trump starebbe studiando nuove sanzioni unilaterali degli Usa nei confronti di Teheran. Le banche poi per il momento preferiscono non rilasciare garanzie. C’è, inoltre, il nodo dei prezzi, perché «le catene del retail dovranno adattare il pricing al potere d’acquisto locale» conclude Mira d’Ercole. L’impianto normativo, invece, agevola l’avviamento delle start-up. «L’ordinamento giuridico iraniano assicura all’imprenditore la flessibilità e gli strumenti necessari per avviare l’attività - sottolineano Nicola Resta e Maurizio Fraschini, partner dello studio Ughi e Nunziante, che hanno stilato le indicazioni nella scheda sotto - . Tuttavia il quadro è piuttosto complesso e nella fase preliminare un ruolo chiave lo giocano le attività di assistenza legale e fiscale». Insomma, serve una buona dose di cautela, che comunque non scoraggia le imprese. PiazzaItalia (abbigliamento) da diversi anni è attiva anche in Medio Oriente e Nordafrica e con un partner locale punta ad aprire otto store entro il 2018. Il primo di mille metri quadri sarà inaugurato in primavera a Isfahan, mentre verso maggio-giugno sarà la volta di quello di Teheran. «C’è un rallentamento a causa di un sistema normativo in evoluzione - fanno sapere dalla società -. Ci si confronta con norme locali che puntano a disciplinare il mercato dopo le sanzioni e viene richiesto di fornire documenti vidimati dagli enti locali preposti per permettere al partner di avviare le trattative per locare gli spazi. È un modo per contrastare i canali retail fake ». Roberto Manzi, Head of academy Pianoforte Holding, è stato tra i primi ad approcciare il mercato iraniano e oggi è presente con sei punti vendita Yamamay e quattro Carpisa: «Nel 2017 aggiungeremo altri due store: uno avrà l’insegna Yamamay, mentre dobbiamo definire il secondo. Dubai resta il mercato core, ma l’Iran è lo sbocco più interessante tra i meno maturi della regione».
«A febbraio aprirà il terzo negozio Original Marines a Teheran - aggiunge Antonio Di Vincenzo, vicepresidente della Imap Export, società che gestisce il marchio -. Da anni operiamo in Medio Oriente attraverso la nostra controllata Lifco e riteniamo che questo sia il modo migliore per approcciare questi mercati, oltre ad adattare le collezioni alle tendenze locali». «Le catene dovranno anche saper cogliere le opportunità offerte dall’e-commerce e dal digitale - conclude Resca - per catturare i giovani iraniani, grandi utilizzatori dei social media».