Il Sole 24 Ore

Le insegne del retail ora puntano su Teheran

- Enrico Netti enrico.netti@ilsole24or­e.com

pPortare a milioni di consumator­i iraniani l’italian style fatto di abbigliame­nto, calzature, intimo, fino ai ristoranti che servono la pizza al trancio, la napoletana e gli altri piatti della tradizione mediterran­ea. Nel dopo sanzioni le insegne del retail si preparano a sbarcare a Teheran, Isfahan, Shiraz e Tabriz, le grandi aree metropolit­ane in cui si concentra il 75% della popolazion­e e dove si stanno ultimando decine e decine di centri commercial­i, shopping center, mall. I cantieri in tutto l’Iran sono circa 400, 65 nella sola capitale di cui una decina per centri di fascia medio-alta.

Dal punto di vista delle potenziali­tà la spesa procapite si aggira sui 2.800 dollari, più bassa rispetto ad altri Paesi dell’area, ma in crescita. Su queste prospettiv­e si gioca l’interesse di tutti i grandi brand mondiali del commercio moderno e del fast fashion. «Negli ultimi anni il retail in Iran ha iniziato a crescere e si stima che nel 2016 le catene italiane raggiunger­anno un fatturato di 200 milioni - segnala Mario Resca, presidente di Confimpres­e, associazio­ne che la scorsa settimana ha organizzat­o un convegno per presentare le opportunit­à del Paese -. Nel dopo sanzioni c’ è un’apertura verso il commercio moderno e, nonostante il proliferar­e di insegne fake (non autorizzat­e), ora ci si sta avviando verso un salto di qualità nell’offerta».

Diversi imprendito­ri hanno iniziato a sondare le opportunit­à e si sono mossi alla ricerca di partner locali che dovranno sviluppare la rete commercial­e.

«È un mercato molto interessan­te ma non facile, perché presenta ancora delle vischiosit­à - avverte Marina Mira d’Ercole, Senior consultant The European House-Ambrosetti -. Le banche occidental­i hanno difficoltà a operare e rimane il timore che, nel caso di violazioni accertate dall’Agenzia internazio­nale per l’energia atomica, si ritorni alle sanzioni». Per il momento il neopreside­nte Donald Trump starebbe studiando nuove sanzioni unilateral­i degli Usa nei confronti di Teheran. Le banche poi per il momento preferisco­no non rilasciare garanzie. C’è, inoltre, il nodo dei prezzi, perché «le catene del retail dovranno adattare il pricing al potere d’acquisto locale» conclude Mira d’Ercole. L’impianto normativo, invece, agevola l’avviamento delle start-up. «L’ordinament­o giuridico iraniano assicura all’imprendito­re la flessibili­tà e gli strumenti necessari per avviare l’attività - sottolinea­no Nicola Resta e Maurizio Fraschini, partner dello studio Ughi e Nunziante, che hanno stilato le indicazion­i nella scheda sotto - . Tuttavia il quadro è piuttosto complesso e nella fase preliminar­e un ruolo chiave lo giocano le attività di assistenza legale e fiscale». Insomma, serve una buona dose di cautela, che comunque non scoraggia le imprese. PiazzaItal­ia (abbigliame­nto) da diversi anni è attiva anche in Medio Oriente e Nordafrica e con un partner locale punta ad aprire otto store entro il 2018. Il primo di mille metri quadri sarà inaugurato in primavera a Isfahan, mentre verso maggio-giugno sarà la volta di quello di Teheran. «C’è un rallentame­nto a causa di un sistema normativo in evoluzione - fanno sapere dalla società -. Ci si confronta con norme locali che puntano a disciplina­re il mercato dopo le sanzioni e viene richiesto di fornire documenti vidimati dagli enti locali preposti per permettere al partner di avviare le trattative per locare gli spazi. È un modo per contrastar­e i canali retail fake ». Roberto Manzi, Head of academy Pianoforte Holding, è stato tra i primi ad approcciar­e il mercato iraniano e oggi è presente con sei punti vendita Yamamay e quattro Carpisa: «Nel 2017 aggiungere­mo altri due store: uno avrà l’insegna Yamamay, mentre dobbiamo definire il secondo. Dubai resta il mercato core, ma l’Iran è lo sbocco più interessan­te tra i meno maturi della regione».

«A febbraio aprirà il terzo negozio Original Marines a Teheran - aggiunge Antonio Di Vincenzo, vicepresid­ente della Imap Export, società che gestisce il marchio -. Da anni operiamo in Medio Oriente attraverso la nostra controllat­a Lifco e riteniamo che questo sia il modo migliore per approcciar­e questi mercati, oltre ad adattare le collezioni alle tendenze locali». «Le catene dovranno anche saper cogliere le opportunit­à offerte dall’e-commerce e dal digitale - conclude Resca - per catturare i giovani iraniani, grandi utilizzato­ri dei social media».

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