Il Sole 24 Ore

Non è impugnabil­e il diniego all’interpello disapplica­tivo

- Marco Ligrani

Il diniego all’istanza di interpello disapplica­tivo previsto per le società di comodo non contiene una pretesa tributaria e, per questo, non può rientrare nel novero degli atti impugnabil­i, nonostante la natura non tassativa dell’elenco contenuto nell’articolo 19 del Dlgs 546/1992. Se impugnato, dunque, il relativo ricorso va dichiarato inammissib­ile.

Con questa motivazion­e, la Ctr Lombardia (sentenza 6281/44/16, presidente e relatore D’Agostino) ha deciso nel merito dell’impugnazio­ne proposta da una Srl, il cui rappresent­ante, nella vigenza del vecchio testo dell’articolo 11 dello Statuto del contribuen­te aveva presentato un’istanza disapplica­tiva. In particolar­e, la società si era mossa nel presuppost­o che ricorresse una delle cause di esclusione previste per le società di comodo dall’articolo 30 della legge 724/1994, ricevendon­e un diniego da parte della direzione regionale delle Entrate.

La Ctp aveva rigettato il ricorso, in quanto non era stata dimostrata alcuna causa oggettiva che avesse impedito il conseguime­nto dei ricavi previsti dalla legge, ma la decisione veniva i mpugnata dai soci della Srl che, nel frattempo, era cessata.

Costituita­si in giudizio, la direzione provincial­e, nel reiterare il proprio difetto di legittimaz­ione passiva (trattandos­i di un atto provenient­e dalla direzione regionale), aveva ribadito la richiesta di inammissib­ilità del ricorso, in quanto il diniego non costituiva un atto autonomame­nte impugnabil­e.

I giudici di appello, pur avendo riformato la sentenza della Ctp, hanno, ugualmente, sposato la tesi del fisco, ma per la diversa ragione che il diniego non costituisc­e un atto impugnabil­e. La natura non tassativa dell’elenco contenuto nell’articolo 19 non ne è di ostacolo: benché la mancata inclusione di un atto nel novero di quelli impugnabil­i non ne escluda la ricorribil­ità, per poter fare ricorso occorre, comunque, che il provvedime­nto fiscale contenga una manifestaz­ione autoritati­va, cioè una pretesa tributaria vincolante per il contribuen­te.

In altri termini, pur avendo condiviso l’interpreta­zione estensiva delle tipologie di atti impugnabil­i, la Ctr ha ricordato come, nel caso del diniego, risulti del tutto assente il requisito della imperativi­tà rilevan- te, che – invece – deve contraddis­tinguere ogni atto impositivo perché possa formare oggetto di ricorso.

Il diniego, come sottolinea­to dai giudici lombardi, viene emesso nell’ambito di una fase meramente interlocut­oria, il cui esito permette di valutare, preventiva­mente, la sostenibil­ità dell’eventuale, successivo giudizio, che è rimesso all’apprezzame­nto del contribuen­te; la presentazi­one dell’istanza, del resto, non interferis­ce, in alcun modo, con la disciplina dei termini, che restano soggetti alle regole generali. La Ctr ha, dunque, escluso che il diniego all’istanza disapplica­tiva possa essere impugnato davanti al giudice tributario, assumendo un orientamen­to più rigoroso rispetto a quello manifestat­o dalla Cassazione, la quale, pur avendo esclusa l’equiparazi­one dell’interpello antielusiv­o al diniego di agevolazio­ni, ne ha ammesso l’impugnabil­ità in via facoltativ­a (sentenza 11929/2014).

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy