Non è impugnabile il diniego all’interpello disapplicativo
Il diniego all’istanza di interpello disapplicativo previsto per le società di comodo non contiene una pretesa tributaria e, per questo, non può rientrare nel novero degli atti impugnabili, nonostante la natura non tassativa dell’elenco contenuto nell’articolo 19 del Dlgs 546/1992. Se impugnato, dunque, il relativo ricorso va dichiarato inammissibile.
Con questa motivazione, la Ctr Lombardia (sentenza 6281/44/16, presidente e relatore D’Agostino) ha deciso nel merito dell’impugnazione proposta da una Srl, il cui rappresentante, nella vigenza del vecchio testo dell’articolo 11 dello Statuto del contribuente aveva presentato un’istanza disapplicativa. In particolare, la società si era mossa nel presupposto che ricorresse una delle cause di esclusione previste per le società di comodo dall’articolo 30 della legge 724/1994, ricevendone un diniego da parte della direzione regionale delle Entrate.
La Ctp aveva rigettato il ricorso, in quanto non era stata dimostrata alcuna causa oggettiva che avesse impedito il conseguimento dei ricavi previsti dalla legge, ma la decisione veniva i mpugnata dai soci della Srl che, nel frattempo, era cessata.
Costituitasi in giudizio, la direzione provinciale, nel reiterare il proprio difetto di legittimazione passiva (trattandosi di un atto proveniente dalla direzione regionale), aveva ribadito la richiesta di inammissibilità del ricorso, in quanto il diniego non costituiva un atto autonomamente impugnabile.
I giudici di appello, pur avendo riformato la sentenza della Ctp, hanno, ugualmente, sposato la tesi del fisco, ma per la diversa ragione che il diniego non costituisce un atto impugnabile. La natura non tassativa dell’elenco contenuto nell’articolo 19 non ne è di ostacolo: benché la mancata inclusione di un atto nel novero di quelli impugnabili non ne escluda la ricorribilità, per poter fare ricorso occorre, comunque, che il provvedimento fiscale contenga una manifestazione autoritativa, cioè una pretesa tributaria vincolante per il contribuente.
In altri termini, pur avendo condiviso l’interpretazione estensiva delle tipologie di atti impugnabili, la Ctr ha ricordato come, nel caso del diniego, risulti del tutto assente il requisito della imperatività rilevan- te, che – invece – deve contraddistinguere ogni atto impositivo perché possa formare oggetto di ricorso.
Il diniego, come sottolineato dai giudici lombardi, viene emesso nell’ambito di una fase meramente interlocutoria, il cui esito permette di valutare, preventivamente, la sostenibilità dell’eventuale, successivo giudizio, che è rimesso all’apprezzamento del contribuente; la presentazione dell’istanza, del resto, non interferisce, in alcun modo, con la disciplina dei termini, che restano soggetti alle regole generali. La Ctr ha, dunque, escluso che il diniego all’istanza disapplicativa possa essere impugnato davanti al giudice tributario, assumendo un orientamento più rigoroso rispetto a quello manifestato dalla Cassazione, la quale, pur avendo esclusa l’equiparazione dell’interpello antielusivo al diniego di agevolazioni, ne ha ammesso l’impugnabilità in via facoltativa (sentenza 11929/2014).