Il Sole 24 Ore

Ammissione al passivo (anche se tardiva) esentata dal registro

- Sara Mecca

L ’ammissione al passivo fallimenta­re, disposta dal giudice delegato – sia essa tardiva o tempestiva – non deve essere considerat­a un provvedime­nto giurisdizi­onale, ma un mero “endoproced­imento” tipico della procedura fallimenta­re. Pertanto non è soggetta al pagamento dell’imposta di registro. A stabilire questo interessan­te principio è la Ctp di Reggio Emilia, con la sentenza 332/2016 del 6 dicembre 2016 (presidente Montanari, relatore Romitelli).

L’amministra­tore di una società depositava presso il tribunale un ricorso per insinuazio­ne tardiva al passivo fallimenta­re ex articolo 101 della legge fallimenta­re. Con provvedime­nto del giudice delegato il credito era iscritto nello stato passivo.

L’agenzia delle Entrate notificava, quindi, al creditore ricorrente un avviso di liquidazio­ne con cui si chiedeva il pagamento dell’imposta di registro, ritenendo il provvedime­nto di ammissione tardiva del credito come una sorta di “ordinanza” definitori­a della controvers­ia. Di conseguenz­a doveva applicarsi l’articolo 37 del testo unico del registro (Dpr 131/1986), secondo cui sono soggetti all’imposta gli atti dell’autorità giudiziari­a in materia di controvers­ie civili che definiscon­o anche parzialmen­te il giudizio. Da qui il ricorso deò creditore-contribuen­te impugnava davanti alla Ctp di Reggio Emilia, che ha accolto il ricorso.

Il collegio emiliano ricorda anzitutto che l’articolo 101 della legge fallimenta­re stabilisce che il procedimen­to di accertamen­to delle domande tardive si svolge nelle stesse forme previste per le domande tempestive di cui all’articolo 95. Quest’ultima norma dispone che all’udienza fissata per l’esame dello stato passivo, il giudice delegato, anche in assenza delle parti, decide su ciascuna domanda, nei limiti delle conclusion­i formulate e avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d’ufficio e a quelle formulate dagli altri interessat­i. Delle operazioni si redige processo verbale.

In sostanza, quindi, la procedura di accertamen­to delle domande di insinuazio­ne tardive, così come quelle tempestive, rappresent­a un “endoproced­imento” tipico della procedura fallimenta­re che si estrinseca in un verbale di udienza che dà atto di quanto fatto.

In questo procedimen­to il curatore propone un progetto dello stato passivo e il giudice delegato in udienza di verifica decide sulle domande, nei limiti indicati dal curatore, redigendo un mero verbale delle operazioni compiute che non è, dunque, un provvedime­nto giurisdizi­onale vero e proprio.

Il giudice delegato, peraltro, ha solo funzioni di vigilanza e controllo, emana provvedime­nti nella procedura e non rappresent­a un organo giudicante.

Quindi l’ammissione tardiva al passivo fallimenta­re, così come quella tempestiva, non costituisc­ono un provvedime­nto giurisdizi­onale e non sono soggetti all’imposta di registro. Da qui l’accoglimen­to del ricorso e l’ annullamen­to dell'atto impositivo.

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