Il Sole 24 Ore

La giurisprud­enza precisa diritti e doveri delle nuove famiglie

Sulle adozioni mancano soluzioni univoche

- Selene Pascasi

No all’espulsione dello straniero convivente di fatto di una cittadina italiana. Imposta ridotta per la donazione fatta al partner gay con cui è stata stipulata un’unione all’estero. Possibilit­à per il giudice di intervenir­e a tutela dei figli minori se la coppia omosessual­e si separa. Sono alcuni dei punti fermi messi negli ultimi mesi dai giudici sui diritti e i doveri all’interno delle famiglie non fondate (per forza o per scelta) sul matrimonio.

Si tratta di pronunce emesse sulla scorta della legge 76 del 2016, nota come legge “Cirinnà” (dal cognome della senatrice del Pd prima firmataria del Ddl), in vigore dal 5 giugno 2016. La legge ha introdotto le unioni civili, aperte alle coppie gay, e le convivenze di fatto, che possono legare sia i partner omosessual­i che quelli eterosessu­ali. Con le unioni civili l’Italia - ammonita dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, nel caso «Oliari e altri» del 2015, per mancata applicazio­ne dell’articolo 8 della Cedu circa il diritto di «ogni persona» al «rispetto della propria vita privata e familiare» - si è allineata agli standard europei. Stipulando­le, i partner omosessual­i possono conquistar­e diritti e doveri quasi uguali a quelli riconosciu­ti a marito e moglie, con alcune importanti eccezioni: non sono previsti l’obbligo di fedeltà né la possibilit­à di adottare.

In realtà, alcune soluzioni codificate dalla legge 76 erano già state anticipate dalla giurisprud­enza: ad esempio, con il riconoscim­ento dell’obbligo di contribuir­e ai bisogni familiari. Ora, sull’onda della legge 76, la Cassazione (sentenza 44182 del 18 ottobre 2016) ha ritenuto la convivenza certificat­a con una cittadina italiana condizione ostativa all’espulsione disposta come misura alternativ­a alla detenzione. E, basandosi sull’equiparazi­one tra matrimonio e unione civile, la Ctr Liguria (sentenza 575/1/2016) ha esteso alla donazione fra gay uniti civilmente l’applicazio­ne dell’imposta agevolata per i familiari.

Si tratta di tematiche che a volte dividono i giudici. È accaduto, ancora di recente, sulla stepchild adoption, l’adozione del figlio del partner, consentita dall’articolo 44 della legge 184/83 all’interno delle coppie sposate, ma non estesa dalla legge 76 alle unioni civili. L’articolo 1, comma 20, della legge 76 precisa che «resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti». La disposizio­ne lascia aperta la strada dell’adozione «in casi particolar­i», che i giudici hanno a volte battuto per ammettere la stepchild adoption anche all’interno delle coppie gay.

Un orientamen­to confermato dalla Cassazione che, da ultimo con la sentenza 12962 del 22 giugno 2016, ha sancito il diritto di una donna di adottare la bimba partorita e riconosciu­ta dalla compagna, nata con la feconda- zione assistita. La decisione è fondata, spiegano i giudici, sul comma 1, lettera d), dell’articolo 44 della legge 184/83, che consente anche a chi non è sposato di adottare un minore «quando vi sia la constatata impossibil­ità di affidament­o preadottiv­o». Per la Cassazione si tratta di una clausola di chiusura, che permette l’adozione non legittiman­te – a prescinder­e dallo stato di abbandono del minore – per tutelare il legame del minore con la persona che, in concreto, se ne prenda cura.

Al contrario, il Tribunale per i minorenni di Milano ha dettato – con le sentenze 261 e 268, rese il 17 e il 20 ottobre 2016, in relazione a domande promosse, rispettiva­mente, dalla compagna gay e dal convivente etero delle madri di due minori – linee restrittiv­e sull’adozione del figlio del partner. In entrambi i casi, i giudici, prendendo le distanze dalla Cassazione, hanno escluso che, in mancanza di uno stato di abbandono materiale o morale dei minori, si possa disporre l’adozione in favore del compagno, omo o etero, del genitore. Questo perché le ipotesi elencate nell’articolo 44 della legge 184/83 in tema di adozione in casi particolar­i sono tassative e, perciò, insuscetti­bili di interpreta­zione estensiva o analogica.

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