Vivendi sale ancora: ora è al 28,8% di Mediaset
Rastrellamento concluso con il 29,94% dei diritti di voto
Vivendi continua a salire: il gruppo francese è arrivato al 28,8% del capitale Mediaset e ha conquistato il 29,94% dei diritti di voto. Dopo l’exploit degli ultimi giorni ieri il titolo Mediaset è caduto in Borsa (-12,4%). A consulto Consob e Agcom. Il ministro Carlo Calenda: «Scalata opaca , ma questo non vuol dire che si facciano provvedimenti ad hoc».
Il rastrellamento su Mediaset è finito, almeno per ora. Il titolo, infatti, è stato sospeso più volte per eccesso di ribasso, chiudendo infine in calo del 12,4% a 4 euro. A mercato chiuso Vivendi ha annunciato di essere salita al 28,8% del capitale e al 29,94% dei diritti di voto, dal momento che il Biscione detie- ne azioni proprie per il 3,7%. Vivendi quindi non può andare oltre, e nemmeno lo può fare Fininvest - attestatasi al 38,266% del capitale e al 39,775% dei diritti di voto -, senza incappare nell’obbligo d’Opa. La cosa strana è che la settimana scorsa, dopo l’annuncio di Vivendi di voler salire dal 3% al 20% in Mediaset, nelle tre sedute successive - interessate anche dagli acquisti della holding della famiglia Berlusconi per il 3,527% del capitale - in Borsa è passato di mano poco meno del 23%, quindi poco più del 20,7% rastrellato dalle mani “forti” che si sono poi dichiarate. Mentre questa settimana i volumi sono stati ben superiori agli acquisti annunciati.
Intanto, però, si procede per piccoli passi. «Il cda di Alitalia - si legge nella nota diffusa ieri dalla compagnia - ha approvato oggi (ieri, ndr), la seconda fase del piano industriale della compagnia. In una riunione separata, l’assemblea degli azionisti ha deliberato un finanziamento a breve termine per consentire al management di avviare, nei prossimi 60 giorni, un negoziato con i principali stakeholder (società di leasing aereo, fornitori, società di distribuzione e sindacati) allo scopo di ottenere il loro impegno su misure che portino a una radicale riduzione dei costi». Da cui passa, si fa capire molto chiaramente, l’impegno di soci e banche a rimettere mano al portafoglio per garantire nuove risorse che assicurino il rilancio vero dell’aviolinea.
«Tutti dobbiamo remare nella stessa direzione per dare ad Alitalia un futuro duraturo, sostenibile e di successo. E tutti dobbiamo dare il nostro contributo per trasformare le ambizioni di crescita e sostenibilità di lungo termine in realtà», ha detto poi Ball al termine del cda, che ha nominato Gaetano Miccichè e Federico Ghizzoni al posto dei dimissionari Jean-Pierre Mustier e Paolo Colombo, e che ha altresì ratificato la disponibilità, ma- nifestata dai soci emiratini di Etihad, di “accollarsi” parte del debito della compagnia (si veda anche il Sole 24 Ore di ieri), circa 216 milioni, attraverso la sottoscrizione di una sorta di obbligazioni (tecnicamente spf, strumenti finanziari partecipativi) che non risolvono il problema della cassa ma rimpolpano il patrimonio, allontanando, almeno per il momento, la necessi- tà di una ricapitalizzazione.
I dettagli della seconda fase del piano di Ball -, su cui, sempre ieri, i soci si sarebbero ricompattati dopo le voci di un indebolimento del manager australiano in casa emiratina - saranno resi noti a gennaio. Perché è chiaro che i contenuti stringenti, come chiedono a gran voce gli azionisti, dovranno essere messi nero su bianco da qui ai prossimi due mesi seguendo quei binari enunciati comunque ieri dalla compagnia: ridisegno del modello di business per puntare sul lungo raggio e cambiare strategia sul corto e medio (che dovrebbe passare attraverso la costituzione di due strutture ad hoc sotto il cappello aziendale); rivalutazione delle joint venture e rafforzamento delle attuali partnership con altre compagnie (con diversi attori alla finestra, dall’alleato storico Air France, da tempo nel mirino dei soci, ai tedeschi di Lufthansa), nonché realizzazione di nuovi accordi commerciali; e, soprattutto, riduzione dei costi e dell’organico. Un tema caldissimo, quest’ultimo, su cui si preannunciano nuovi scontri tra il management e i sindacati che ieri sono stati convocati dall’azienda.
Davanti alle sigle confederali e autonome, i vertici avrebbero indicato, stando a quanto si apprende, le due priorità su cui sarà necessario intervenire, la riduzione degli organici, come detto, e il nuovo contratto di lavoro, pena il mancato sblocco da parte dei soci, dopo la prima boccata d’ossigeno assicurata ieri, di ulteriori risorse per sostenere i piani di sviluppo della compagnia. Ma i sindacati, che hanno poi ribadito la loro «forte preoccupazione» per le sorti di Alitalia in una nota congiunta firmata da FiltCgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e Ugl Trasporto Aereo, hanno rispedito al mittente qualsiasi richiesta di confronto, compresa quella di un possibile blocco degli scatti di anzianità dal primo gennaio, se prima l’azienda non farà conoscere nel dettaglio il piano industriale scritto da Ball. Al quale, gli stessi hanno poi contestato l’assenza al tavolo di ieri. «È anche irrituale e poco rispettoso che, dopo giorni di attesa, l’ad scriva ai dipendenti di esuberi senza presentarsi all’incontro». La cifra circolata ieri, compresi esternalizzazioni e mancati rinnovi dei contratti a termine, sarebbe di 1600 posti a rischio anche se lo stesso Ball ha tenuto a precisare che il tema «non è ora sul mio tavolo: sto lavorando alla definizione dei dettagli del piano industriale».
È su questo, infatti, che si gioca (quasi) tutto il futuro di Alitalia. La compagnia, secondo fonti vicine al dossier, avrebbe poi incassato anche una prima apertura di Generali sul tema conversione del bond da 300 milioni (con scadenza nel 2020 e rendimento del 5,25%), che il gruppo ha sottoscritto nel 2015. Nessun via libera alla conversione in equity, su cui il Leone di Trieste mantiene il suo “no”, ma la disponibilità, seppure senza vincoli, a valutare possibili soluzioni che riguardino il debito (e interessi), ancora tutte comunque da individuare. Ma è un ulteriore spiraglio in questa complicatissima congiuntura.
CAMBIO DI POLTRONE Gaetano Miccichè e Federico Ghizzoni nominati consiglieri al posto dei dimissionari Jean-Pierre Mustier e Paolo Colombo