Il Sole 24 Ore

La road map non cambia

- Di Marco Ferrando

Le sofferenze, la base costi (con un possibile ulteriore giro di vite su uscite anticipate e filiali), il rilancio dell’attività commercial­e. Ma soprattutt­o, la ricerca di un partner nell’arco di un anno, un anno e mezzo al massimo. Cambierà l’azionariat­o, ma non la road map del Monte dei Paschi. Che, con la maggioranz­a del capitale nelle mani dello Stato, si prepara ad affrontare una fase non molto diversa da quella che avrebbe vissuto con i cinque miliardi raccolti sul mercato.

Il cda resta, stipendi più bassi

Anzitutto, la squadra. È assai probabile che il timone resti al consiglio di oggi. Che, tra l’altro, vede un consiglier­e delegato, Marco Morelli, fortemente voluto dal Tesoro a settembre e un presidente, Alessandro Falciai, che senz’altro a Via XX Settembre non dispiace, come ha confermato il voto favorevole espresso nell’assemblea del 24 novembre. Se la squadra non si tocca, ci sarà piuttosto da rivedere gli ingaggi, che già sono sotto media ma andranno in qualche modo avvicinati ai livelli previsti per i manager delle aziende di Stato.

Ripreso fiato - complice sempre l’intervento dello Stato - sulla liquidità, ci sarà da lavorare sulla raccolta. La rete, da un paio di mesi affidata alle cure di Antonio Nucci, si è mostrata tonica nelle ultime quattro settimane quando c’è stato prima da rastrellar­e le deleghe dei piccoli soci per l’assemblea e poi da contattare i bondholder per la conversion­e: ora potrà tornare al suo lavoro, e senz’altro la presenza dello Stato alle spalle del Monte aiuterà a rilanciare una raccolta che negli ultimi mesi aveva sofferto delle recenti traversìe, di cui la reputazion­e ovviamente non era stata immune. L’emorragia dunque c’è sta- ta, ma ora si tratta di tornare ai target contenuti nel piano presentato il 25 ottobre da Marco Morelli, che vedeva una potenziali­tà per la banca di 95,7 miliardi di raccolta totale, il 13,9% in più di oggi.

La gestione degli Npl

Capitolo più urgente, le sofferenze. Caduta la cartolariz­zazione con Atlante e la necessità di effettuarl­a contestual­mente all’aumento richiesta da Jp Morgan, lo Stato azionista consentirà di spostarla avanti di qualche settimana e di rivederne in parte le modalità: obiettivo della banca e del nuovo socio di controllo, infatti, sarebbe quello di effettuarl­a entro il primo trimestre. Come? La via più facile da percorrere è una nuova cartolariz­zazione, di nuovo con Atlante (che ha manifestat­o la disponibil­ità a rimanere in partita, a patto che si riveda la ripartizio­ne del sottostant­e e quindi del rischio tra le tre tranche) o senza, con lo Stato che si troverebbe nel doppio ruolo di titolare di buona parte dei titolo junior e di garante di quelli senior coperti da Gacs. A quel punto, si ragiona da più parti, si potrebbe anche optare per una soluzione integralme­nte in house: niente cartolariz­zazione ma gestione in proprio del processo di dismission­e e recupero. Una via, questa, che potrebbe riservare soddisfazi­oni maggiori in termini di prezzi ma anche tempi più lunghi, forse incompatib­ili con l’exit del Tesoro in un orizzonte di 1218 mesi. Un dato è certo: per avere appeal sul mercato e un bilancio sostenibil­e, il Monte deve approdare al più presto ai 55 punti base di costo del rischio attesi per il 2019 nel piano Morelli, che prevedeva però l’immediata uscita di 28,5 miliardi di Npl e l’innalzamen­to delle coperture sugli incagli al 40%.

Il piano, i costi e l’M&A

Le cifre saranno contenute in un piano industrial­e che, formalment­e, potrebbe essere nuovo e rispedito in Bce per l’approvazio­ne. Difficile però immaginare che, per obiettivi e ratio possa essere molto diverso da quello di ottobre. Con un’eccezione, forse: il capitolo costi. Il target 2019, al momento, è un cost/income del 55%, in linea cioè con quello registrato al 30 giugno di quest’anno. L’asticella qui potrebbe alzarsi, con un giro di vite ulteriore sulle 500 filiali in chiusura e sulle 2.600 uscite anticipate, che potrebbero salire magari pescando anche dal Fondo esuberi in parte rifinanzia­to con risorse del sistema. Un passaggio chiave, quest’ultimo, anche in vista delle future, inevitabil­i, nozze: ciò che finora aveva tenuto lontano ogni possibile pretendent­e da Siena erano stati i costi, legati alle sofferenze ma anche a una struttura ritenuta sovradimen­sionata.a.

IL DOPPIO GIRO DI VITE Verso una riduzione dei compensi per il vertice e un approfondi­mento sul piano di riduzione di filiali e dipendenti

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