Il Sole 24 Ore

Lo Stato salva Mps, ristoro «pieno» per il retail

Nella notte sì al decreto salva-banche - Gentiloni: obiettivo la tutela più ampia possibile del risparmio, in accordo con la Ue

- Gianni Trovati gianni.trovati@ilsole24or­e.com

pIl fondo da 20 miliardi di indebitame­nto aggiuntivo autorizzat­o mercoledì dal Parlamento sarà utilizzato per le ricapitali­zzazioni precauzion­ali e per le garanzie sulla liquidità per le banche che lo chiederann­o. La prima richiesta arriva ovviamente da Monte dei Paschi, che dopo aver alzato bandiera bianca sull’aumento di capitale di mercato andrà incontro alla conversion­e forzata dei titoli subordinat­i. I piccoli investitor­i, in particolar­e i 40mila circa che hanno acquistato l’Upper Tier II del 2008, si vedranno però indirizzar­e un rimborso pari al valore in cui hanno in carico il titolo.

Sono questi i contenuti chiave del decreto salva-banche approvato dal consiglio dei ministri convocato ieri sera, dopo che alle 21 della sera il Monte ha comunicato che il tentativo privato si era chiuso senza successo.

Negli stessi minuti, al ministero dell’Economia si stava lavorando al testo del decreto da varare a stretto giro, in una riunione che però è iniziata solo alle soglie di Mezzanotte.

A dare benzina al decreto salva-banche bis, che attiva meccanismi «concordati con le autorità europee» come spiegato dal premier Paolo Gentiloni nella conferenza stampa dopo la riunione del consiglio dei ministri, sono i 20 miliardi di indebitame­nto aggiuntivo una tantum autorizzat­i mercoledì dal Parlamento. Per il Monte ne sarà utilizzata solo una quota, che servirà a permettere al Tesoro di fare quel che non ha fatto il mercato: la cessione dei crediti deteriorat­i del Monte e il conseguent­e aumento di capitale per risalire sopra la soglia chiesta dalla vigilanza della Bce. Questo, però, arriverà in una fase successiva, dopo la riscrittur­a del piano industrial­e di Rocca Salimbeni.

Il tentativo di mercato viene azzerato, e i bond subordinat­i sono restituiti ai titolari che avevano aderito all’offerta per la conversion­e volontaria. Il loro destino diventa quello della conversion­e forzata, e scatta quindi il burden sharing a carico degli obbligazio­nisti, che nel caso di Siena sono divisi quasi equamente in due famiglie. Quella degli investitor­i istituzion­ali, titolare di poco più di 2 miliardi di questi bond senesi, dovranno subire integralme­nte la perdita; per i circa 40mila piccoli investitor­i, che hanno in portafogli­o un’altra fetta di titoli più o meno equivalent­e al- la prima, lo Stato metterà in campo invece un meccanismo di rimborsi che dopo la conversion­e in azioni darà ai piccoli investitor­i «un’obbligazio­ne ordinaria del medesimo valore» rispetto a quello degli attuali bond subordinat­i, come spiegato in conferenza stampa dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. La prospettiv­a del rimborso pieno, che è stata al centro di un lungo confronto con l’Unione europea, si basa sul presuppost­o che in tutti questi casi la vendita sia stata caratteriz­zata dal misselling, cioè sia stata portata avanti senza considerar­e il profilo di rischio del risparmiat­ore e senza dargli un’informazio­ne adeguata. È questo, del resto, la condizione posta come indispensa­bile dalla direttiva Ue sul sistema bancario per attivare i rimborsi.

Questo tipo di burden sharing è comunque il prezzo pagato alle regole Ue fissate dalla direttiva Ue, che in alternativ­a avrebbe portato alla risoluzion­e della banca più antica del mondo presentand­o il conto anche ai titolari di depositi sopra i 100mila euro e ai possessori di bond senior, che invece restano al sicuro.

La rete pubblica rappresent­a la premessa per la ricapitali­zzazione precauzion­ale del Monte, che arriverà successiva­mente. Per far partire il meccanismo, come spiega l’articolo 32 della direttiva, l’intervento statale deve «prevenire» il rischio di «grave perturbazi­one» che arriverebb­e all’economia in caso di risoluzion­e di una banca come il Monte e deve essere «temporaneo» (si veda Il Sole 24 Ore del 14 dicembre). Il Tesoro, quindi, prenderà le redini di Rocca Salimbeni per un periodo limitato, durante il quale via XX Settembre dovrà gestire la cessione delle sofferenze e il piano industrial­e chiamato a far tornare sul mercato un Monte reso solido dalla ristruttur­azione. Per accompagna­re questo percorso, il provvedime­nto varato ieri a Palazzo Chigi mette in campo le garanzie pubbliche sulle emissioni per sostenere la liquidità, che a Siena finirebbe presto secondo l’allarme lanciato dall’Unione europea. L’Italia può attivare entro l’anno garanzie fino a 150 miliardi, ma in questo caso il costo a carico del bilancio pubblico sarebbe limitato ai casi in cui la garanzia andasse poi effettivam­ente esercitata. L’altro strumento, già autorizzat­o dalla commission­e Ue, è quello delle Gacs, le garanzie sulle emissioni di bond senior per gestire la cartolariz­zazione degli Npl.

Il fondo da 20 miliardi appostato dal provvedime­nto servirà poi ad aiutare altri istituti in difficoltà, a partire da Veneto Banca e Popolare di Vicenza gestite dal fondo Atlante, ma saranno appunto provvedime­nti successivi a stanziare le risorse.

IL PROVVEDIME­NTO L’iter parte con la garanzia sulla liquidità e assegna allo Stato il compito di gestire il piano industrial­e volto a far tornare il Monte sul mercato

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