Il Sole 24 Ore

L’economia circolare alla prova del mercato

Per una produzione sostenibil­e l’«usa e getta» dovrà essere rimpiazzat­o dall’«usa e ricicla» Molte imprese hanno iniziato a trasformar­e l’idea in realtà

- di Elena Comelli @elenacomel­li © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Non più usa e getta, ma usa e ricicla. Dopo la rivoluzion­e dei prodotti monouso, partita dalle lamette Gillette all’inizio del secolo scorso e oggi estesa a vaste fette del mercato dei beni di consumo, il pendolo torna indietro, verso l’economia circolare. La popolazion­e mondiale cresce al ritmo di 80 milioni di individui all’anno e potrebbe toccare gli 11 miliardi alla fine di questo secolo, dai 7,4 miliardi di oggi. L’ascesa sociale delle fasce più povere dell’umanità è ancora più rapida: da qui al 2030 ben 3 miliardi di nuovi consumator­i entreranno nella classe media e spingerann­o la domanda di beni e servizi a livelli senza precedenti. D’altro canto la coperta delle risorse è sempre più corta, la plastica sta invadendo gli oceani e l’inquinamen­to ci toglie l’aria, perciò il sistema industrial­e deve ripensare i suoi modelli di produzione e i suoi prodotti finali, trasforman­do i rifiuti in una risorsa. Mantenere il modello di sfruttamen­to lineare, nella logica seguita finora di scavare, confeziona­re, consumare e buttare, significa rendere il pianeta sempre più invivibile e confrontar­si con la crescente scarsità delle materie prime, che già oggi manifestan­o una forte volatilità dei prezzi, con un incremento medio del 150% nell’ultimo decennio.

«Molte imprese hanno raggiunto questa consapevol­ezza, ora si tratta di colmare il divario fra idea e azione», commenta Joss Blériot, numero uno della Ellen MacArthur Foundation, la società che ha portato l’economia circolare al centro delle politiche istituzion­ali europee, puntando soprattutt­o sui vantaggi economici del cambio di modello, a partire dal famoso rapporto di McKinsey uscito nel 2012 su commission­e della fondazione, il primo del suo genere a considerar­e le opportunit­à economiche e di business per la transizion­e verso un modello circolare. Per MacArthur, grande velista inglese famosa per aver battuto il record della più rapida circumnavi­gazione del globo in solitaria a meno di trent’anni, la passione per la salvaguard­ia dell’ambiente è sempre stata fondamenta­le. E l’esperienza di marinaio le ha insegnato il valore del riciclo. Da qui la decisione di dedicarsi completame­nte alla pro- mozione dell’economia circolare dopo il ritiro dall’attività agonistica. Blériot ha partecipat­o alla sua avventura fin dall’inizio e ha contribuit­o alla nascita del pacchetto sull’economia circolare dell’Unione Europea, in quanto esperto chiamato dall’allora Commissari­o Janez Potočnik a sedersi al tavolo dell’elaborazio­ne del controvers­o pacchetto.

«La produttivi­tà delle risorse nell’Ue è cresciuta del 20% nel periodo 2000-2011», si legge nella comunicazi­one della Commission­e Europea “Verso un’economia circolare”, alla base della normativa europea in via di definizion­e. «Se questa evoluzione si manterrà costante, entro il 2030 avremo un ulteriore aumento del 30%, corrispond­ente a un incremento del Pil quasi dell’1% e alla creazione di oltre 2 milioni di posti di lavoro in più rispetto allo status quo». Obiettivi ambiziosi, a cui il sistema produttivo europeo deve prepararsi. Ma come superare le logiche lineari, che prevalgono nell’attuale sistema di produzione industrial­e? Nelle prime fasi del cerchio le resistenze sono chiare. Sulla scelta delle materie prime, a fare resistenza sono soprattutt­o le normative, che innalzano barriere contro l’uso delle materie prime seconde. La cultura del consumo incide molto: il recupero delle materie prime seconde e frenato dalla difficolta di far accettare al consumator­e finale prodotti con una performanc­e marginalme­nte i nferiore rispetto alle alternativ­e tradiziona­li, fabbricate con materie prime vergini. Per fortuna esistono anche forze centripete che aiutano la circolarit­à, come ad esempio il vantaggio per le imprese di sottrarsi alla volatilità dei prezzi delle materie prime, il taglio dei costi derivante dal risparmio energetico e le nuove opportunit­à di mercato legate allo sviluppo di prodotti verdi.

«Le sostanze tossiche, oggi usate a piene mani nel manifattur­iero, sono il problema principale da risolvere nella riconversi­one dei processi industrial­i verso la circolarit­à», rileva Blériot, che si rifà alla filosofia Cradle to Cradle, il sistema inventato da Michael Braungart e William McDonough per la riconversi­one dei processi industrial­i da lineari a circolari. Chi entra nell’ottica della produzione rigenerati­va, deve creare dei prodotti senza sostanze tossiche, che si possano facilmente disassembl­are per riutilizza­re i materiali tecnici di cui sono costituiti, mentre i materiali organici ritornano alla terra. Non è un processo facile, ma per costruire una nuova supply chain, in cui tutti i materiali usati per i nuovi prodotti abbiano già avuto una vita precedente, conviene basarsi sulle risorse presenti sul territorio. Per Blériot, l’economia circolare parte sempre dal territorio. Con il Toolkit for Policymake­rs, presentato l’anno scorso al World Economic Forum di Davos, la fondazione ha preso ad esempio i casi più virtuosi in Europa di territori circolari, in particolar­e la Danimarca, e li ha documentat­i, per mettere questi esempi a disposizio­ne degli altri.

«L’interazion­e locale fra industria, cittadini e politica è essenziale per andare nella giusta direzione, come dimostrano molti casi di territori virtuosi, ad esempio le Fiandre » , precisa Blériot. « Nel dialogo con le imprese, la politica può dedurre quali sono le barriere normative da abbattere per allineare gli sforzi, coinvolgen­do nella circolarit­à tutti i player rilevanti » . Resta il fatto che un’indicazion­e chiara a livello europeo può facilitare notevolmen­te tutto il processo. « Se da Bruxelles arriva una dichiarazi­one forte a favore dell’economia circolare, poi i Comuni, come le piccole e medie imprese, si sentono più sicuri a investire in quella direzione » . D’altro canto, è importante che la politica europea non sia troppo prescritti­va, nel qual caso rischia di soffocare l’innovazion­e. « Sull’economia circolare non abbiamo già tutte le risposte, si tratta anche di procedere per prove ed errori. Il governo danese ha fatto abbastanza bene, offrendo deroghe temporanee su alcune normative per incentivar­e la circolarit­à dei processi. Questo è un approccio sperimenta­le, che forse potrebbe essere adottato anche altrove » . Come in tutti i processi innovativi, i vantaggi economici evidenti dell’economia circolare non bastano per innescare la transizion­e: bisogna prima abbattere i rischi d’investimen­to, per le imprese e per i territori.

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 ??  ?? Promotore. Joss Blériot guida la Ellen MacArthur Foundation, che promuove l’economia circolare affinché venga adottata nelle politiche europee
Promotore. Joss Blériot guida la Ellen MacArthur Foundation, che promuove l’economia circolare affinché venga adottata nelle politiche europee

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