Almaviva, Roma vota «no»
p «Rispettiamo la decisione delle Rsu di Roma, ma non possiamo non esprimere un grandissimo rammarico». Il ministro delle Sviluppo Economico, Carlo Calenda, ha commentato così in una nota diffusa dal Mise quello che a tutti gli effetti è stato un colpo di scena nella vertenza Almaviva Contact.
Per la società di call center del Gruppo Almaviva era stato raggiunta mercoledì in tarda serata un’intesa fra azienda e sindacati, sotto la regia del ministro Calenda e del viceministro Teresa Bellanova che tra gli effetti pratici aveva quello di congelare i 2.511 licenziamenti previsti e la chiusura delle sedi di Roma e Napoli.
L’accordo voluto dal governo – sulla base del quale veniva concordato un periodo di ulteriori tre mesi, fino a 31 marzo 2017, per far sì che le parti trovassero un’intesa su produttività e riduzione del costo del lavoro – è stato accettato da azienda e sindacati. Al Mise sono stati convocati anche i tre leader dei sindacati confederali: Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, a significare proprio la volontà di portare la questione al massimo livello sindacale.
Durante la notte però il colpo di scena: le Rsu di Roma non firmano. E ora per i 1.666 lavoratori di quella sede si apre inevitabilmente il baratro del licenziamento. Le lettere dell’azienda sarebbero sostanzialmente in partenza.
«La proposta del governo avrebbe concesso alle parti sociali e all’azienda di continuare a confrontarsi nel merito dei problemi senza un impatto immediato sui lavoratori», continua Calenda nella nota del Mise, ribadendo che l’esecutivo «conti- nuerà ovviamente ad accompagnare nelle prossime settimane il lavoro delle parti che si sono riconosciute nell’accordo della scorsa notte con l’obiettivo di raggiungere, entro la scadenza prevista, una soluzione definitiva». Anche dal viceministro Teresa Bellanova, soddisfazione per l’accordo, ma «amarezza per i 1.666 lavoratori del sito romano. Auspico che le Rsu si confrontino rapidamente con i lavoratori e rivedano le loro posizioni per evitare in extremis i licenziamenti».