Tra i talenti di un leader quello di farne crescere altri
Capita in questi giorni all’ex sindaco di Roma (e tanto d’altro) Francesco Rutelli quello che la politica non concede spesso, soprattutto a chi può ancora goderne, ed in giovane età: il riconoscimento della abilità di scoprire talenti, di valorizzarli senza soffocarli dopo lo svezzamento, di gioire dei loro successi. Come dire: dell’(auto)rottamazione e ritorno, almeno sotto il profilo morale e virtuale. Per ora.
Successi copiosi, se si pensa soprattutto a quello più recente e prestigioso di Gentiloni a capo del governo: ma anche a molti altri, quasi tutti all’interno della galassia al momento dominante, quella renziana. E nonostante le sostanziali differenze tra i due, Rutelli e Renzi: includente, incline alle buone mediazioni, di buon carattere, romano, il primo. In perpetua ricerca di sfide e di sfidanti, escludente, urticante, fiorentino il secondo. Ex sindaco, nonchè egli stesso rutelliano atipico.
Incontestabili, e infatti non contestati, i meriti di Francesco Rutelli: a sua volta privilegiato dall’essere allievo, con altri, del più fecondo, indimenticabile (epperò presto dimenticato) allevatore di talenti politici, Marco Pannella. Rapporti duraturi, quelli di Rutelli con le proprie creature, come si vede anche oggi; assai più lunatici e quasi sempre sul finire burrascosi, quelli del grande capo radicale.
Chi ritiene che la selezione qualitativa della classe dirigente del paese sia il primo dei problemi nazionali, può ben capire quale spessore contenga il riconoscimento di scopritore e formatore di talenti, della loro messa a disposizione del paese, senza egoismi, gelosie, pretese di eterna autorità. C’è un metro sicuro ed esclusivo per la valutazione di un grande dirigente, e ancor più di un leader politico: la capacità di lasciare una o più ipotesi di successione a se stessi al livello più elevato, come simbolo della transitorietà di ogni mandato, e della continuità di ogni incarico. A questo proposito non stona un accenno all’assoluta qualità del gruppo dirigente del partito socialista craxiano.
Non a caso purtroppo, nelle amministrazioni italiane “l’insostituibilità“è giudicata ancora oggi, alla stregua di un grande complimento per il soggetto cui è riferita, anziché la misura dell’incapacità - o peggio - della mancata volontà di raggiungere uno dei principali obiettivi del mandato: quello di operare per il futuro attraverso la successione a se stessi. Probabilmente, questo è un tema che gli elettori italiani si troveranno ad affrontare di qui a non molto. Ma anche e soprattutto il tema principale - quello della selezione della classe dirigente, non solo politica - per gli aspiranti leader di oggi e di domani.