Il Sole 24 Ore

Unipol-Banco, stallo sul rinnovo

Trattative congelate fino a gennaio - Manca l’accordo sul prolungame­nto della partnershi­p di bancassura­nce I cda prendono tempo: il nodo della put e dei target non rispettati

- Laura Galvagni

Oggi è in agenda il consiglio di Popolare Vita. Doveva essere il board deputato a rinnovare la partnershi­p tra il gruppo Unipol e il Banco Popolare nel settore della bancassicu­razione. Ma così non sarà. Si va ai tempi supplement­ari. Il delicato tema del prolungame­nto dell’intesa è stato “congelato” fino a gennaio, complice, evidenteme­nte, la mancanza di una visione condivisa sul futuro dell’accordo.

La partnershi­p è stata firmata nel settembre del 2007 tra l’istituto e quella che all’epoca era la Fondiaria Sai della famiglia Ligresti. La durata del “patto” è stata prevista in dieci anni e, di conseguenz­a, l’intesa va in scadenza a dicembre 2017. Tuttavia, stando agli accordi, l’eventuale estensione per altri cinque anni doveva essere decisa entro la fine del 2016. Diversamen­te, la compagnia assicurati­va avrebbe potuto esercitare un diritto di vendita nei confronti del Banco Popolare del 50% più un’azione posseduto in Popolare Vita. Le trattative, nelle ultime settimane, si sono fatte particolar­mente serrate ma all’ultimo non è stato trovato uno schema d’azione unanime. D’altra parte, i temi sul tavolo sono parecchi e fino a qualche giorno fa sembrava addirittur­a più probabile un divorzio piuttosto che un via libera al prolungame­nto. Ora il quadro sarebbe stato in parte ricomposto ma serve tempo per definire alcuni dettagli fondamenta­li.

Questione chiave è la strategici­tà dell’accordo. Gli ambiziosi obiettivi messi nero su bianco nel 2007 non sono stati rispettati e non sono stati centrati nemmeno i target rivisti a seguito del mutato contesto competitiv­o. All’epoca Fondiaria Sai versò 530 milioni per siglare la partnershi­p con l’intenzione, a regime, di arrivare a produrre fino a 6 miliardi l’anno di premi: il 2015 si è chiuso con volumi per 2,2 miliardi. Questo non è un dettaglio, anzi. Il patto prevede che Popolare Vita possa non rinnovare l’accordo per effetto di una decisione assunta con il voto favorevole dei consiglier­i di amministra­zione designati dalla compagnia nel caso in cui l’entità dei premi emessi risulti «inferiore del 20% rispetto a quanto indicato dal business plan». La stessa nota integrativ­a allegata al bilancio del Banco Popolare precisa: «Le condizioni di mercato sono significat­ivamente mutate rispetto a quelle esistenti al momento della firma degli accordi parasocial­i. Il più recente piano triennale approvato dal consiglio di amministra­zione di Popolare Vita prevedeva volumi di premi inferiori rispetto a quelli indicati nel business plan assunto come riferiment­o all’atto della firma degli accordi medesimi». Insomma, lo scostament­o tra target e realtà è certificat­o anche nei conti dell’istituto. E questo, sulla carta, avrebbe in sostanza permesso a Unipol di esercitare la put. Ma a quel prezzo? Questo è un altro tassello cruciale del mosaico. Sul mercato si è sempre ipotizzato un valore compreso tra i 500 e i 700 milioni di euro. Sul tema, però, le posizioni non sarebbero vicine. Di qui, tra le tante l’ipotesi, l’idea di allungare i tempi stabilendo però già fin da ora un valore da assegnare al diritto di vendita. E su questo le trattative proseguono. Si vedrà con quale esito.

Di certo l’incremento della quota in Bper di Unipol fino al 5%, che fa della compagnia il primo socio della Popolare, sembra testimonia­re un ritrovato interesse per la banca territoria­lmente più contigua. Con la quale, peraltro, esiste già un altro accordo di bancassicu­razione. E Banco-Bpm, va ricordato, hanno anche un’altra intesa nella bancassicu­razione: quella firmata dalla Popolare di Milano nel 2011 con la francese Coveà e della durata di 10 anni.

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