Eni e Shell, chiusa l’inchiesta sulla Nigeria
Le presunte tangenti versate a politici locali - La società: noi corretti
pL a procura di Milano ha chiuso ieri le indagini a carico di Eni e Shell, nonché di undici persone fisiche, tra i quali figurano l’ad del gruppo Claudio Descalzi e il suo predecessore, Paolo Scaroni, nell’ambito dell’inchiesta su presunte tangenti versate a politici nigeriani in relazione all’assegnazione, nel 2011, di una concessione per lo sfruttamento del blocco Opl245 collegato a un tratto di mare al largo delle coste nigeriane. L’avviso di chiusura delle indagini, firmato dai pm milanesi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, è stato depositato ieri e di norma prelude alla richiesta di rinvio a giudizio se entro 20 giorni le difese non riuscissero a ribaltare le tesi accusatorie, chiarendo ai pm i motivi per cui quel procedimento dovrebbe essere chiuso senza ulteriori conseguenze per gli indagati.
Il gruppo di San Donato Milanese che, come Shell, è indagato ai sensi della legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle aziende per reati commessi dai propri dirigenti, è tornato a ribadire ieri la correttezza dell’operazione «conclusa, senza l’intervento di alcun intermediario (come invece contestano i magistrati, ndr), da Eni e Shell con il governo nigeriano». Nella nota diffusa ieri, dopo la presa d’atto della chiusura delle indagini, il gruppo ha poi ricordato che, subito dopo l’avvio dell’in- dagine sulla procedura di acquisizione del blocco Opl 245, «ha incaricato uno studio legale americano di rinomata esperienza internazionale, del tutto indipendente, di condurre le più ampie verifiche sulla correttezza e la regolarità della procedura». Da quel check, ha ribadito ieri l’azienda, «è emersa la regolarità» del percorso e, soprattutto, non sono state rilevate prove di pagamenti da Eni a funzionari del governo nigeriano. Tanto più che, si rimarca, «la somma versata da Eni e Shell per il blocco Opl 245 è stata d’altronde versata direttamente su un conto intestato al governo nigeriano».
L’assegnazione, a detta del gruppo, sarebbe quindi avvenuta secondo questo iter e non, come ipotizzano i magistrati, attraverso il pagamento di una maxi tangente a politici e funzionari locali, tra cui l’ex ministro del petrolio Dan Etete - che, sempre secondo i pm, avrebbe costituito anche una società “schermo” Malabu per il meccanismo corrutti vo - nonché ad alcuni intermediari con l’obiettivo di “facilitare” l’aggiudicazione a Shell ed Eni che ieri si è detta pronta a disporre ulteriori approfondimenti «ad opera di legali indipendenti che possano confermare la regolarità dell’operazione».