Il Sole 24 Ore

Il «salvataggi­o» non sarà una passeggiat­a

- di Isabella Bufacchi

Non sarà una passeggiat­a in discesa, quella della ricapitali­zzazione precauzion­ale del Monte dei Paschi di Siena. Lo Stato entrerà nel capitale della terza banca italiana percorrend­o una strada in salita, tortuosa, a tratti scivolosa. Le tappe sono obbligate, tracciate e delineate dalle nuove regole europee sugli interventi finanziari pubblici straordina­ri nel sistema bancario e dal fitto steccato di divieti europei che restringon­o, bloccano, arginano dove e come possono gli aiuti di Stato.

Il percorso di questo passaggio storico del Montepasch­i è ripido, ulteriorme­nte complicato dalla dimensione della tutela del risparmio, dalle norme recenti sul burden sharing che si applicano in un Paese come il nostro che vanta uno dei tassi di risparmio privato più alti in Europa e anche una delle quote più elevate di famiglie che investono in obbligazio­ni bancarie, senior e subordinat­e. La complessit­à del rafforzame­nto del capitale del Monte è data dai criteri prudenzial­i e dalle richieste del Meccanismo di vigilanza unico europeo, ora in seguito alla prova dello scenario avverso in uno stress test, ma la severità e la tempistica delle svalutazio­ni e degli accantonam­enti su crediti incagliati e in sofferenza, le percentual­i sempre più stringenti del CET1, l’asticella che viene spostata e continua a salire, sempre più alta, tutto questo diventano ora una rincorsa che va oltre il Montepasch­i e che apre una fase più delicata perchè riguarda tutte le banche, grandi, medie, piccole. È un sentiero stretto che porta al traguardo di una maggiore stabilità del sistema ma intanto spinge la redditivit­à degli istituti di credito sull’orlo del burrone. Si rischiacos­ìcheglistr­esstest,oratroppo trasparent­i ora troppo opachi, sconfinino oltre i bilanci bancari mettendo sotto stress la fiducia che cittadini e imprese ripongono nelle banche, la fiducia pilastro della crescita economica.

Il Monte ha trovato la porta d’ingresso del mercato chiusa: l’aumento di capitale è fallito e questo, oltre a catapultar­e l’istituto senese nel calvario dell’intervento pubblico, è un ammoniment­o per il sistema bancario tutto e per il sistema paese. Nell’ultimo decennio le banche italiane hanno conseguito un rendimento del capitale e delle riserve (ROE) al netto delle componenti di reddito straordina­rie pari in media al 3,0 per cento, contro il 7,5 degli altri intermedia­ri europei, scriveva la Banca d’Italia nel Rapporto sulla Stabilità Finanziari­a lo scorso aprile, divario di redditivit­à spiegato dal peggiore andamento del ciclo economico e “da un modello di attività fortemente orientato all’intermedia­zione tradiziona­le”: ammonendo, la Banca d’Italia, che ulteriori pressioni sulla redditivit­à potrebbero verificars­i nel 2018 inseguito all’entrata in vigore del nuovo standard contabile sulla valutazion­e degli strumenti finanziari, e poi ancora la riforma sui requisiti prudenzial­i (Basilea 3), e quelli necessari per assorbire le perdite in caso di risoluzion­e (MREL). Se pur questi nuovi requisiti verranno ammorbidit­i, la strada resta in salita.

Intanto il Montepasch­i ha il suo, di percorso, tortuosame­nte in salita: chiedere allo Stato di entrare nel capitale non è una passeggiat­a. Lo si è visto già in questi giorni: la procedura è molto complessa, il Monte chiede sostegno finanziari­o allo Stato e il Tesoro chiede alla Bce fin dove può spingersi per non far staccare gli aiuti di Stato (fino a 8,8 miliardi). L’operazione di mercato è stata smantellat­a e con essa è sparito l’impianto della cartolariz­zazione che contava su una quota equity da 1,2 miliardi in capo agli azionisti del Monte, una quota mezzanine da 1,6 miliardi sottoscrit­ta dal Fondo Atlante, incagli svalutati con maggiori coperture per 1,2 miliardi. Un impianto che si reggeva sulla conversion­e volontaria delle obbligazio­ni subordinat­e per almeno 2 miliardi e sull’aumento di capitale dei privati. Tutto questo non esiste più. Ora occorre la stesura del nuovo piano, che coinvolger­à tanti attorno al tavolo, il Tesoro, il Monte, la Banca d’Italia, la Bce, la Commission­e e la DG comp, tutti dovranno far tornare i conti e i numeri. Salvaguard­ando il risparmio, nel rispetto delle norme europee. L’azzerament­o dei prestiti subordinat­i, perdita totale per i sottoscrit­tori, si sarebbe trasformat­o in un aumento di capitale da 4,7 miliardi (4,3 miliardi senza l’emissione FRESH). Ma così non sarà, soprattutt­o per i sottoscrit­tori retail del bond Upper Tier II 2008-2018 che potranno trasformar­e il titolo prima in azioni, poi in senior bond e poi forse in cash recuperand­o il 100% del capitale investito. Questa operazione in

OPERAZIONE COMPLESSA Occorre la stesura del nuovo piano: tutti, dal Tesoro alla banca fino alla Bce, dovranno fare la loro parte

cambio della salvaguard­ia della fiducia, sotto stress per lo stress test, farà lievitare l’impegno dello Stato: ieri la Bce ha comunicato a Tesoro e Commission­e che il deficit di capitale del Monte, alla luce della ricapitali­zzazione precauzion­ale che tiene conto della conversion­e forzosa dei subordinat­i tutti, ammonta ora a 8,8 miliardi proprio per tener conto della procedura dell’intervento pubblico e burden sharing . Lo shortfall e CET1 del Monte deve rimanere confinato alle contrade di Siena e il parametro non deve estendersi oltre, va evitato che si espanda ovunque. Ogni caso è a sé. Vale il caso per caso. La fase è delicata e invece l’asticella ora si vede ora non si vede: serve totale chiarezza nei tempi, nelle modalità, nelle percentual­i, nei numeri, nelle quote, per non perdere di vista il traguardo della stabilità del Monte e de del sistema.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy