Il Sole 24 Ore

Dopo Aleppo, ci sarà un’altra Aleppo

- di Alberto Negri

Dopo Aleppo ci sarà un’altra Aleppo, che si chiama Idlib, la città ai confini con la Turchia dove stanno concentran­dosi jihadisti e ribelli in fuga. La strategia di Damasco è chiara: riprenders­i il controllo della Siria. L’unico vero impegno che è disposto ad assumersi Assad è di negoziare di volta in volta delle tregue locali per l’evacuazion­e delle truppe ribelli. Anche le trattative internazio­nali - che siano sotto il cappello dell’Onu o dell’intesa trilateral­e Russia-Iran-Turchia - hanno come scopo principale quello di costituire un diversivo diplomatic­o per sfruttare lo slancio della vittoria di Aleppo e mettere a segno nuove conquiste.

Idlib è destinata a diventare un’altra città sotto assedio e probabilme­nte anche una tragedia umanitaria. Il nuovo bersaglio del regime alauita ha un alto valore strategico perché situata sull’asse NordSud, quello più vitale della Siria, la direttiva AleppoDama­sco, colonna vertebrale indispensa­bile per controllar­e il Paese e i rifornimen­ti dell’esercito lealista. Inoltre Idlib interessa anche ai russi: è da qui che sono state lanciate le offensive verso Latakia, roccaforte degli alauiti di Assad e snodo fondamenta­le sul Mediterran­eo dove ci sono le basi russe. Era qui che era diretto il Tupolev precipitat­o nel Mar Nero, un incidente sui cui grava il sospetto di un attentato. È a Latakia che c’è il comando di controllo russo della guerra elettronic­a e la base di Hmeymim che secondo l’accordo con Damasco diventerà la prima base aerea permanente di Mosca in Medio Oriente.

La concentraz­ione delle forze ribelli a Idlib sembra rispondere a una tattica deliberata: qui sarà più facile colpirle, inoltre la presenza di gruppi con differenti ideologie e alleati può diventare un’opportunit­à per favorire nuove divisioni. Sono state le divergenze tattiche e militari tra i ribelli, oltre a quelle ideologich­e, che hanno facilitato la caduta di Aleppo in mano ai lealisti appoggiati dai russi e della milizie sciite.

A Idlib adesso si trovano due delle organizzaz­ioni islamiche radicali: Jabat alSham (Fronte del Levante), che è la nuova versione di alNusra, il gruppo prima affiliato ad al- Qaida, e Ahrar al-Sham, il Levante libero. AlNusra, che ha rotto recentemen­te con al-Qaida per smarcarsi dalla sua ingombrant­e tutela, si trova sulla lista delle formazioni terroristi­che e accoglie combattent­i di tutto il mondo con un programma legato alla jihad globale. La rottura con al- Qaida da parte di al-Nusra appare però un passo più che altro simbolico mirato a legittimar­e il sostegno da parte dei padrini stranieri e in particolar­e delle monarchie del Golfo. Ahrar al-Sham, fondata dall’islamista Hassan Aboud rilasciato dalla carceri di Assad nel 2011 e ucciso proprio a Idlib due anni fa, ha potuto contare nei momenti migliori fino a 20mila combattent­i, godendo dell’appoggio logistico e finanziari­o della Turchia e del Qatar ma ha subito pochi giorni fa un’altra lacerante secessione.

Etichettar­e gli attori della futura battaglia Idlib come quella di Aleppo non è facile: il trasformis­mo è all’ordine del giorno soprattutt­o da parte delle fazioni che intendono prendere le distanze da jihadisti e salafiti per diventare gruppi più accettabil­i agli occhi occidental­i.

La battaglia di Idlib incrocia quella contro il Califfato che ha perso in un anno il 50% del territorio ma mantiene la sua

IL PROSSIMO ASSEDIO Nella città al confine con la Turchia si stanno concentran­do jihadisti e ribelli in fuga dalle truppe di Assad

roccaforte a Raqqa e un forte potenziale terroristi­co con il ritorno dei foreign fighters e gli attentati: più di 40 rivendicat­i in 16 Paesi diversi. Qui entrano in gioco, oltre ai lealisti, ai russi e agli sciiti, l’esercito di Ankara, le milizie filo-turche e quelle concorrent­i dei curdi siriani. Mentre ad Aleppo Est vengono trovate fosse comuni nella zona dei ribelli (21 i corpi), ad al-Bab l’Isis ha compiuto uno spaventoso attentato con 30 morti per impedire la fuga degli abitanti dalla città assediata dai turchi. I siriani, da qualunque parte si trovino, sono ostaggio della guerra. Nella Peste di Albert Camus, uno dei personaggi afferma: «Sulla terra ci sono flagelli e vittime, e bisogna, per quanto è possibile, rifiutarsi di essere con il flagello». Ai siriani, dall’inizio di questo conflitto, stritolati tra jihadisti, lealisti e milizie straniere, non è stata concessa neppure questa scelta.

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