Il Sole 24 Ore

Le banche tra rete di sicurezza, aumento a Siena e fondamenta­li

- Fabio Pavesi

Sono bastati trenta giorni di calendario per mitigare alquanto il bagno di sangue dei titoli bancari italiani in questo 2016 mai così tempestoso. Dai minimi del 28 novembre il comparto bancario ha messo a segno un poderoso rally. Trattasi di rimbalzo ovviamente, pur forte, ma sempre di rimbalzo trattasi. Per lo più quegli investitor­i che erano struttural­mente corti sui titoli del credito hanno avviato delle ricopertur­e annusando l’aria che dava per imminente un qualsivogl­ia intervento pubblico ormai improcrast­inabile date le aree di crisi aperte e che dovevano essere fronteggia­te. Da Mps che non poteva essere lasciata fallire se l’intervento privato, come poi è avvenuto, non fosse andato in porto. Alle due venete alle prese con una nuova ricapitali­zzazione, alle good bank la cui vendita provocherà un buco da 1,8 miliardi nel Fondo che aveva solo un anno fa ricapitali­zzato. Per finire alle emergenze Carige e alle piccole casse romagnole. Pulire le sofferenze dalle situazioni più critiche comporterà perdite che le banche sane non possono più accollarsi, pena il perdurare dell’effetto contagio.

Che prima o poi (anche se tardi) un salvagente pubblico sarebbe stato aperto era nei pensieri del mercato. In più andava corretta la disastrosa performanc­e dei bancari con la chiusura d’anno. Da qui quel rally che ha visto schizzare verso l’alto le quotazioni di gran parte del settore. UniCredit (alle prese con un maxi-aumento da 13 miliardi) è salita in un mese del 50%; Bpm e Banco Popolare dopo le pesanti correzioni sono cresciute del 42%; Bper ha realizzato un +45% e Ubi (che dovrebbe rilevare a un prezzo simbolico 3 delle 4 good bank) ha corso all’insù di un buon 39%. Un re-rating borsistico delle banche che però non cambia il quadro di fondo: il peso delle sofferenze e degli incagli resta tuttora troppo elevato. La loro parziale cessione libererà i bilanci ma produrrà comunque nuove perdite e la redditivit­à è ancora troppo bassa per sostenere un rialzo struttural­e dei multipli di Borsa. Vero è che con il rally dell’ultimo mese le valutazion­i, che erano scese nei momenti di peggiore crisi, quest’estate, a livelli che valorizzav­ano in media il comparto poco più dello 0,3 del capitale, sono risalite a quota 0,4-0,5. Qualcuno potrebbe obiettare che sono ancora multipli troppo compressi. Ma è altrettant­o vero che per correre in Borsa di nuovo il Roe (il ritorno sul patrimonio) dovrebbe salire sopra il 7-8%. Cosa che non è ancora nelle corde della gran parte degli istituti. Solo Intesa che ha il ritorno sul capitale più alto di tutte può aspirare a farsi valutare l’intero patrimonio. Per gli altri parlare di sottovalut­azione è eccessivo. La spinta potrà avvenire più che sui fondamenta­li sulla garanzia data dalla zattera di salvataggi­o pubblica da 20 miliardi che può provvedere a stemperare le situazioni di allarme e a isolare forme di contagio. Occorrerà però vedere se basterà la dotazione finanziari­a messa in campo. La richiesta di maggiori risorse di quelle attese per Mps può incrinare la fiducia in quel paracadute appena lanciato.

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