Il Sole 24 Ore

«Alle aziende dico: non rinunciate mai all’artigianal­ità»

L’imprenditr­ice porta il lusso italiano in Russia

- Giulia Crivelli

pSe i russi hanno imparato a conoscere il valore e la qualità del made in Italy, molto lo si deve a Victoria Saava, che nel 1997 aprì a Mosca il primo negozio a insegna Cashmere&Silk, offrendo una selezione di marchi italiani di fascia medio-alta e alta. Un portafogli­o che in vent’anni si è arricchito e ulteriorme­nte affinato e che oggi comprende, tra gli altri, Brunello Cucinelli, Lorena Antoniazzi, Faliero Sarti, Herno, Henry Beguelin (si veda l’articolo a fianco) e Santoni. I negozi Cashmere&Silk sono più di 40 in Russia (cinque le città presidiate, oltre a Mosca) e uno a Vienna, aperto nel 2015.

Secondo una recente ricerca Contact Lab-Exane il mercato del lusso in Russia nel 2016 è cresciuto del 5% a 3,5 miliardi di euro e per il 2017 si prevede anche la ripresa dei viaggi all’estero. Lei come vede l’anno che sta per iniziare?

Nel nostro Paese e nel mondo continuerà a regnare l’incertezza: le incognite economiche, dal prezzo del petrolio all’andamento delle valute e dei mercati finanziari, e quelle geopolitic­he continuera­nno a pesare sia sull’atteggiame­nto dei consumator­i sia sulle aziende. Ma la crisi iniziata nel 2008 dagli Stati Uniti con il crac Lehman Brothers ha avuto pure dei vantaggi, per come la vedo io: non è più tempo di scherzare, di perdere energie su progetti che non rendono. Sia- mo diventati tutti più seri, concentrat­i, attenti all’essenziale.

La formula Cashmere&Silk segue il modello molto europeo del multimarca di qualità. I russi hanno bisogno di essere consigliat­i, guidati, nella scelta di prodotti di lusso?

In vent’anni sono cambiate molte cose: i russi hanno affinato il gusto, da qualche anno hanno meno bisogno di sfoggiare un logo e più interesse a sapere come è fatto un prodotto e quali sono le sue caratteris­tiche di originalit­à e artigianal­ità. Quello che non è cambiato è l’amore per i marchi e lo stile italiani e per questo a tutte le aziende con le quali lavoro dico sempre di preservare il know how accumulato in generazion­i e di non spostare la produzione fuori dall’Italia.

Con i partner di più lunga da- ta, come Henry Beguelin, che lei ha fatto conoscere ai russi fin dal 2002, studiate prodotti ad hoc?

Non con tutti, ma a volte è necessario ed è importante che ci sia un dialogo continuo basato sulla mia conoscenza del mercato e sui dati di vendita dei negozi, che analizzo ogni giorno. Nel caso delle scarpe ad esempio, è indispensa­bile studiare delle calzate ad hoc, perché i piedi della maggior parte di noi russi hanno una pianta e un collo diversi dai vostri. Più che collezioni pensate apposta per la Russia però sono sempre più importanti le edizioni limitate o le capsule: l’evoluzione dei consumator­i di cui parlavo prima comprende anche il desiderio di essere in pochi a possedere un prodotto. Il contrario dell’omologazio­ne, del “bling bling” legato a un logo che ha funzionato per anni.

I negozi Cashmere&Silk hanno tutti lo stesso format?

No, sono diversi per assortirme­nto dei marchi e metratura e sono sempre disposta a fare cambiament­i, anche di location, a seconda della città e di come risponde la clientela. Quando parlavo degli effetti della crisi e della necessità di essere più concentrat­i pensavo pure a questo. Ci sono stati anni in cui si poteva accettare di lavorare in perdita in alcuni negozi o su alcuni brand. Non credo sarà mai più così, nell’interesse di tutti.

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Eclettica. L’imprenditr­ice e stilista russa Victoria Saeva

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