Il Sole 24 Ore

Il gruppo vende i vini Lapostolle per 30 milioni

- S. Fi.

Il gruppo Campari, che a giugno ha acquisito Marnier Lapostolle, ha firmato un accordo per rivendere i vini cilena Lapostolle per 30 milioni di euro. «Con questa operazione - afferma la società - il gruppo Campari conferma la sua strategia di uscire completame­nte dal business dei vini fermi, seguendo una strategia di razionaliz­zazione delle sue attivita' non strategich­e e di concentraz­ione sul core business degli spirit».

C ’è il cartello Lavori in Corso sulla Campari. L’obiettivo è snellire la galassia e avere una fisionomia ben precisa. Perciò, via dai vini e fare cassa per ripagare il boccone Grand Marnier. La multinazio­nale italiana degli alcolici poche settimane fa aveva annunciato l’addio a Sella&Mosca, storico marchio italiano. E proprio la vigilia di Natale, ecco un’altra vendita; e sempre nei vini. Stavolta è toccato ai vini Lapostolle in Cile.

La cessione è un addentella­to della scalata al Grand Marnier: la casa milanese nel 2016 ha conquistat­o uno dei marchi di cognac più celebri al mondo, impegnando­si in un’operazione da quasi 700 milioni (la più grande mai fatta dall’azienda). Comprando tutto il gruppo, però, Campari ha ereditato anche attività che non sono strategich­e o sono marginali: per esempio la tenuta di vini in Cile che è stato subito rivenduta. A comprare, o meglio ricomprare, è Alexandra Marnier Lapostolle, una degli eredi della famiglia che ha fondato il Grand Marnier e lo ha ceduto a Campari. Prezzo: 30 milioni euro dei vini. Che sommati ai 25 di Sella&Mosca, fanno oltre 50 milioni di liquidità in un mese: cassa preziosa per ridurre i debiti.

Dopo anni di shopping ininterrot­to (al ritmo da Guinness dei primati di 20 acquisizio­ni in 21 anni), in casa Campari è iniziata la stagione delle dismission­i. La strategia della famiglia Garavoglia è oltremodo chiara: Luca Garavoglia, lo schivo patron del gruppo, vuole una Campari sempre più casa di super alcolici di fascia altissima. Per giocarsela alla pari coi colossi mondiali come Remy Cointreau, Diageo e Pernod Ricard: tutti i big dell’industria si stanno spostando sempre più sui «premium spirits», ossia gli alcolici più esclusivi.

E si disfano dei vini, business ormai non più coerente con il gruppo. Il disarmo era in realtà iniziato da tempo, con la vendita, quasi due anni fa, del marchio Enrico Serafino. Sella&Mosca è la più grande tenuta di vitigni d’Europa, in Sardegna: da molto tempo, circa 2 anni, che l’azienda milanese cercava di cedere la tenuta sarda. I marchi Sella, Serafino, Teruzzi e ora Lapostolle non rientrano nell’orizzonte di Campari, né erano proprio dei pilastri dentro la galassia: facevano ricavi e margini lillipuzia­ni per la multinazio­nale di Sesto San Giovanni che fattura 1,6 miliardi. D’altro canto, l’affondo sulla società Marnier-Lapostolle è stato uno sforzo finanziari­o molto costoso, quasi 700 milioni di euro (più di quanto l’azienda valeva in Borsa, circa 500 milioni), che ha fatto salire anche i debiti (1,3 miliardi dagli 800 milioni del 2015). Campari ha anche deciso di accollarsi un immobile, offerto dalla famiglia Apostolle come contropart­ita dell’operazione: la storica e lussuosa villa Les Cedres in Costa Azzurra. Un immobile di pregio assoluto, ma anche un asset finanziari­o illiquido e difficile da monetizzar­e.

I prmi nove mesi ha registrato un fatturato di 1.180,4 milioni (+3,1%) e un utile lordo caduto del 26% a 131 milioni, colpa di rettifiche per 52,2 milioni, dovute a costi sempre dell’operazione Grand Marnier. L’utile prima delle imposte rettificat­o si attesta invece a 183,7 milioni (+3,2%).

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