Il Sole 24 Ore

Le strutture fisse vengono assimilate alle costruzion­i

- Michele Brusaterra Matteo Mantovani Benedetto Santacroce

pDal 1° gennaio 2017 le regole nazionali per il trattament­o Iva delle prestazion­i di servizi su beni immobili devono adeguarsi ai nuovi principi individuat­i a livello Ue dal Regolament­o 1042/2013. Il provvedime­nto, integrando il regolament­o interpreta­tivo 282/2011, supera molti dei problemi e delle incertezze poste dall'applicazio­ne della nuova materia e modifica sostanzial­mente le posizioni espresse nella specifica materia dall'amministra­zione finanziari­a (si veda sul punto l'ulteriore commento pubblicato in pagina). In effetti, il regolament­o ha, tra l'altro il pregio, di enumerare i casi che possono o non possono essere ricompresi tra le prestazion­i relative a beni immobili.

La nuova nozione

Il primo elemento importante con cui il contribuen­te italiano deve fare i conti è la nuova nozione di bene immobile. Su questa il legislator­e e l'interprete nazionale hanno avuto nel tempo posizioni non del tutto coerenti. Il regolament­o, seguendo l'insegnamen­to della Corte di giustizia Ue, ricomprend­e: 1 una parte specifica del suolo, in superficie o nel sottosuolo, su cui sia possibile costituire diritti di proprietà e possesso; 1 qualsiasi fabbricato o edificio eretto sul suolo o ad esso incorporat­o, sopra o sotto il livello del mare, che non sia agevolment­e smontabile né agevolment­e rimuovibil­e; 1 qualsiasi elemento che sia stato installato e formi parte integrante di un fabbricato o di un edificio e in mancanza del quale il fabbricato o l'edificio risulti incompleto, quali porte, finestre, tetti, scale e ascensori; 1 qualsiasi elemento, apparecchi­o o congegno installato in modo permanente in un fabbricato o in un edificio che non possa essere rimosso senza distrugger­e o alterare il fabbricato o l'edificio.

Ne deriva una definizion­e basata su canoni di natura oggettiva che privilegia l'aspetto tangibile della “fissità” e “permanenza” di una struttura o di un apparato rispetto al suolo e/o al fabbricato/ edificio a cui è asservito, caratteri declinati della norma Ue dando rilievo alla inamovibil­ità del bene e dei suoi componenti se non modificand­o irreparabi­lmente la natura dei medesimi. Questa definizion­e che ritroviamo anche nella prassi delle Entrate supera però l'approccio formalisti­co che vincolava l'attribuzio­ne della prestazion­e di servizio all'immobile ogni volta che il bene trattato avesse uno specifico accatastam­ento. Questo criterio con l'entrata in vigore del regolament­o va ora considerat­o, ai fini Iva, del tutto residuale, al più richiamabi­le solo come ultima ratio definitori­a.

Gli elementi complement­ari

Il regolament­o, inoltre, ha carattere innovativo rispetto alla definizion­e nazionale per l'inclusione fra i beni immobili di quegli elementi architetto­nici “complement­ari” (quali, in particolar­e, porte, finestre, ascensori e affini) che, sebbene necessari a completare e a rendere concretame­nte fruibile l'immobile, sono teoricamen­te dotati di una individual­ità distinta rispetto alla struttura immobiliar­e su cui insistono (alla quale, peraltro, sono incorporat­i secondo un grado di fissità non assoluto) nonché di una potenziale riutilizza­bilità al servizio di una diversa struttura. Questo fa sì che ogni intervento (manutenzio­ne, sostituzio­ne e riparazion­e) realizzato su questi beni costituisc­e un servizio relativo a un bene immobile e in quanto tale va, ai fini Iva, correttame­nte inquadrato.

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