Le strutture fisse vengono assimilate alle costruzioni
pDal 1° gennaio 2017 le regole nazionali per il trattamento Iva delle prestazioni di servizi su beni immobili devono adeguarsi ai nuovi principi individuati a livello Ue dal Regolamento 1042/2013. Il provvedimento, integrando il regolamento interpretativo 282/2011, supera molti dei problemi e delle incertezze poste dall'applicazione della nuova materia e modifica sostanzialmente le posizioni espresse nella specifica materia dall'amministrazione finanziaria (si veda sul punto l'ulteriore commento pubblicato in pagina). In effetti, il regolamento ha, tra l'altro il pregio, di enumerare i casi che possono o non possono essere ricompresi tra le prestazioni relative a beni immobili.
La nuova nozione
Il primo elemento importante con cui il contribuente italiano deve fare i conti è la nuova nozione di bene immobile. Su questa il legislatore e l'interprete nazionale hanno avuto nel tempo posizioni non del tutto coerenti. Il regolamento, seguendo l'insegnamento della Corte di giustizia Ue, ricomprende: 1 una parte specifica del suolo, in superficie o nel sottosuolo, su cui sia possibile costituire diritti di proprietà e possesso; 1 qualsiasi fabbricato o edificio eretto sul suolo o ad esso incorporato, sopra o sotto il livello del mare, che non sia agevolmente smontabile né agevolmente rimuovibile; 1 qualsiasi elemento che sia stato installato e formi parte integrante di un fabbricato o di un edificio e in mancanza del quale il fabbricato o l'edificio risulti incompleto, quali porte, finestre, tetti, scale e ascensori; 1 qualsiasi elemento, apparecchio o congegno installato in modo permanente in un fabbricato o in un edificio che non possa essere rimosso senza distruggere o alterare il fabbricato o l'edificio.
Ne deriva una definizione basata su canoni di natura oggettiva che privilegia l'aspetto tangibile della “fissità” e “permanenza” di una struttura o di un apparato rispetto al suolo e/o al fabbricato/ edificio a cui è asservito, caratteri declinati della norma Ue dando rilievo alla inamovibilità del bene e dei suoi componenti se non modificando irreparabilmente la natura dei medesimi. Questa definizione che ritroviamo anche nella prassi delle Entrate supera però l'approccio formalistico che vincolava l'attribuzione della prestazione di servizio all'immobile ogni volta che il bene trattato avesse uno specifico accatastamento. Questo criterio con l'entrata in vigore del regolamento va ora considerato, ai fini Iva, del tutto residuale, al più richiamabile solo come ultima ratio definitoria.
Gli elementi complementari
Il regolamento, inoltre, ha carattere innovativo rispetto alla definizione nazionale per l'inclusione fra i beni immobili di quegli elementi architettonici “complementari” (quali, in particolare, porte, finestre, ascensori e affini) che, sebbene necessari a completare e a rendere concretamente fruibile l'immobile, sono teoricamente dotati di una individualità distinta rispetto alla struttura immobiliare su cui insistono (alla quale, peraltro, sono incorporati secondo un grado di fissità non assoluto) nonché di una potenziale riutilizzabilità al servizio di una diversa struttura. Questo fa sì che ogni intervento (manutenzione, sostituzione e riparazione) realizzato su questi beni costituisce un servizio relativo a un bene immobile e in quanto tale va, ai fini Iva, correttamente inquadrato.