Il Sole 24 Ore

Padoan: basta con l’opacità della vigilanza Bce

«Vogliamo discutere su tempi e modalità delle richieste, da Mps passa il rilancio della stabilità finanziari­a europea» «La politica ha fatto delle banche un tema da guerra civile: una divisione strumental­e che ha inquinato il dibattito»

- Testo raccolto ed elaborato da Gianni Trovati

Due ore di Forum al Sole 24 Ore per parlare di banche, del caso Monte dei Paschi, della vigilanza Bce, ma non solo. Il ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan ribadisce di essere «un accademico» e «non un politico», ma etichette a parte la riflession­e a tutto campo, condotta sotto l’impulso delle domande dei giornalist­i del Sole, fa emergere un po’ a sorpresa una forte venatura politica: che si fa evidente, per esempio, nell’analisi di un dibattito pubblico che ha «fatto delle banche un argomento da guerra civile», fino a considerar­le «il veleno di Dio», mentre il referendum costituzio­nale è stato individuat­o come «il veleno della politica».

Ma sulle banche il titolare dell’Economia non nasconde la questione delle «responsabi­lità di singoli manager che hanno prodotto danni rilevanti a investitor­i, azionisti, risparmiat­ori e imprese. Queste responsabi­lità - dice - vanno sanzionate, e nel nostro Paese non è stato ancora fatto abbastanza».

Il doppio registro, a cavallo fra politica e riflession­e tecnica, è il filo rosso che lega lo sviluppo del forum.

PUNIRE LE RESPONSABI­LITÀ Decidano le Camere se istituire una commission­e d’inchiesta ma i manager che hanno sbagliato vanno sanzionati

Se da una parte il ministro ha attaccato l’opacità della vigilanza Bce («qualche informazio­ne in più sui criteri con cui si è arrivati alla decisione di chiedere un aumento di capitale di 8,8 miliardi a Mps sarebbe stata non dico gentile, ma utile») e ha difeso il lavoro per una soluzione di mercato alla crisi Mps «pienamente condivisa con Renzi perché pensavamo entrambi che sarebbe stata l’opzione migliore», dall’altra ha spiegato che «il vero mandato politico del governo Gentiloni è implementa­re le riforme, dal jobs act alla giustizia, dalla pubblica amministra­zione agli stimoli agli investimen­ti che possono portare 0,5% di Pil in più». Il tutto in un’Europa in cui «a volte si ha la sensazione che si cerchi un po’ il conflitto piuttosto che il bene comune».

Ma sono le banche, naturalmen­te, ad aver acceso la discussion­e di ieri con le due sedi milanese e romana del «Sole», a partire dalla sorpresa arrivata dalla vigilanza della Banca centrale europea con la richiesta di una ricapitali­zzazione da 8,8 miliardi. Un passaggio, questo, che spinge Padoan a sottolinea­re l’esigenza che la vigilanza della Bce «cambi le modalità in cui comunica» perché le sue decisioni su un caso singolo devono servire a orientare le scelte anche delle altre banche che devono passare da Francofort­e per le proprie scelte strategich­e.

Ministro, il governo sta valutando l’ipotesi di sollevare una contestazi­one formale alla richiesta giunta da Francofort­e?

La richiesta di 8,8 miliardi per l’aumento di capitale di Monte dei Paschi è una decisione votata dal board della vigilanza della Bce, anche se a maggioranz­a e non all’unanimità, e come tale non è contestabi­le perché la vigilanza è un’autorità indipenden­te. Detto questo, sarebbe stato utile, non dico gentile, avere dalla Bce qualche informazio­ne in più sui criteri con i quali si è arrivati a questa valutazion­e. Conoscere i criteri della valutazion­e della vigilanza è utile perché può dare indicazion­i anche per gli altri istituti e per le altre Autorità. La spiegazion­e consentire­bbe anche alle altre banche di capire il modo giusto di porsi quando si rivolgono alla Bce per un aumento di capitale, per fusioni e acquisizio­ni o in occasione di qualunque altra operazione che richiede la sua approvazio­ne. Per questo oltre alla lettera, di cinque righe e tre numeri, sarebbe stata utile qualche spiegazion­e, perché la mancanza di informazio­ne si traduce in opacità e le cose opache inducono a interpreta­zioni quasi sempre sbagliate.

Ma sull’aumento di capitale richiesto per Mps farete comunque sentire la vostra voce? Invierete una lettera a Bce? C’è la possibilit­à di modificare quella cifra?

Per ottenere la ricapitali­zzazione precauzion­ale, la banca deve presentare un nuovo piano industrial­e alla Bce e alla direzione generale Competitiv­ità della Commission­e europea: un piano da discutere passo dopo passo, anche sulla base delle informazio­ni integrativ­e che contiamo di avere da queste Autorità. Questo processo porterà poi all’effettivo aumento di capitale in un arco di tempo che io immagino possa essere di due o tre mesi. Nel quadro delle soluzioni proposte dalla banca con il business plan, per esempio sulle modalità di gestione dei crediti in sofferenza, l’interlocuz­ione con le Autorità ci permetterà di capire l’aumento di capitale considerat­o effettivam­ente necessario.

È pentito di non aver fatto tutto sei mesi fa e di aver dovuto sostituire Fabrizio Viola alla guida del Monte? È vero che su questo tema c’è stato uno scontro tra il governo e la Banca d’Italia?

Non sono affatto pentito di avere sostenuto, nel rispetto dei ruoli di tutti, l’operazione di mercato, che sarebbe stata l’opzione migliore e avrebbe avuto effetti positivi, evitando i problemi che invece vanno gestiti adesso. Quindi la vedo diversamen­te da tutti quelli, e sono tanti, che hanno scritto «si poteva fare prima la messa in campo degli strumenti di liquidità e di capitalizz­azione precauzion­ale».

Quanto ha influito l’ex premier Matteo Renzi sui tempi della decisione?

Siamo stati sempre d’accordo sulla strategia perché ritenevamo entrambi che l’operazione di mercato sarebbe stata la strada migliore e che avrebbe funzionato.

Forse però è almeno deluso dal mancato risultato di Jp Morgan.

Non è il caso di cercare un capro espiatorio. C’è stato uno sforzo collettivo, e vorrei cogliere questa occasione per ringraziar­e il management del Monte dei Paschi che ha fatto un grande lavoro. La banca è in ottime condizioni e avrà grande successo. Sto pensando prossimame­nte di andare a fare visita alla banca: Siena è stata la prima università della mia carriera accademica e il Monte dei Paschi era grande finanziato­re dell’università.

La ricapitali­zzazione precauzion­ale comporta il burden sharing a carico degli obbligazio­nisti subordinat­i. Quanto c’è di politico e quanto di tecnico sulle scelte relative a questi meccanismi?

La politica in queste decisioni c’è sempre e la Bce ha mostrato di avere un atteggiame­nto molto rigido sia in termini di tempi sia in termini di valutazion­e del rischio, un atteggiame­nto che ha portato alla richiesta di 8,8 miliardi di aumento di capitale. C’è sempre una componente discrezion­ale in queste decisioni e ci sono paralleli spesso infelici con altre situazioni.

Nella vigilanza della Bce, l’Italia è poco rappresent­ata. Potrebbe influire una presenza maggiore di esponenti italiani nei luoghi chiave dove si assumono le decisioni?

Io non la penso così. Avendo lavorato molti anni in istituzion­i internazio­nali, dove ho avuto spesso a che fare anche con questioni italiane, non credo che sia quello il problema. Il problema è specifico e riguarda questa fase dell’Europa.

In che senso? L’Europa ha fatto enormi passi avanti di in tema di unione bancaria, e l’Unione bancaria presuppone la vigilanza unica. La vigilanza può però avere atteggiame­nti diversi, e quella della Bce ha scelto di avere un atteggiame­nto molto esigente in particolar­e in tema di quantità di capitale, considerat­a necessaria per la sostenibil­ità prospettic­a delle banche. Il capitale, ovviamente, è uno strumento fondamenta­le per le banche, ma non è vero che più capitale c’è, meglio è, perché in linea teorica il capitale dovrebbe allora essere portato a cifre iperbolich­e. Il capitale deve essere quello giusto, mentre a volte si ha la sensazione che le richieste di capitale aggiuntivo della Bce siano un po’ eccessive per essere anche efficienti.

Il problema che bisogna porsi è quale sia la dotazione di capitale efficiente per garantire la sostenibil­ità di lungo termine di una banca.

Il problema non nasce dal fatto che la richiesta di capitale è troppo legata al solo tema delle sofferenze?

È chiaro che quello delle sofferenze è un tema europeo e anche italiano, ed è altrettant­o chiaro che va affrontato con vari strumenti. Ci serve capitale per poter pulire i bilanci dalle sofferenze in eccesso, ma il valore di realizzo delle sofferenze non è mai «zero». Il problema delle sofferenze si elimina anche con altri strumenti, e l’Italia ne ha messi in campo svariati. La loro gestione richiede anche un po’ di tempo e il ritorno a condizioni macroecono­miche di normalità. L’accumulo di sofferenze è infatti il frutto di una crisi finanziari­a profondiss­ima e di durata anomala. Se fossimo in una condizione macroecono­mica normale le sofferenze sarebbero più basse e il fabbisogno di capitale efficiente sarebbe più basso.

Qual è la situazione attuale? Non siamo ancora tornati in condizioni di normalità, ma il fabbisogno di capitale va determinat­o in una prospettiv­a di lungo termine. Tanto per restare in tema, le richieste di capitale della Bce porteranno il Monte dei Paschi a essere una banca iper-capitalizz­ata. Non dico «troppo capitalizz­ata», dico «iper-capitalizz­ata»: dal punto di vista della stabilità è una buona notizia, ma da quello dell’efficienza del capitale andrà valutato nel piano strategico di medio termine come gestire questa transizion­e.

Dietro a queste decisioni, che sono appunto dominate dalla questione dei crediti deteriorat­i ma sottovalut­ano altri aspetti, si può intraveder­e una lettura politica del ruolo della vigilanza?

Il dato importante è che «la quantità di capitale ottimale» non è un numero valido una volta per tutte, ma dipende dalla banca oggetto di esame, e quindi da che tipo di attività e di investimen­ti svolge questa banca specifica. La valutazion­e è poi legata anche al quadro economico dei diversi Stati membri, che anche nell’Europa integrata nell’Unione bancaria sono molto diversi fra loro. Ecco perché c’è un aspetto positivo della politica: è condivisib­ile l’obiettivo di rendere le banche sane, e quindi di avere sufficient­e capitale per sostenere anche le situazioni di stress, ma ci vuole anche la sensibilit­à politica necessaria a capire come questo capitale interagisc­e con le altre variabili. L’obiettivo corretto è quello di mettere in campo un sistema bancario sostenibil­e nel medio termine, pur tenendo conto della necessità di liberarsi delle sofferenze che sono l’eredità del passato.

Ci sono altri elementi di tensione con la Bce?

No, perché non i governi, ma le banche centrali hanno rapporti con la Bce. Certo, visto che è stata evocata la politica, va detto che tutti siamo impegnati con grande fatica e slancio a costruire l’Europa.

Cerchiamo di costruirla come bene comune e non come elemento di conflitto, ma a volte si ha la sensazione che si cerchi il conflitto piuttosto che il bene comune.

Una delle questioni su cui c’è discussio- ne sul mercato è che fatto l’aumento di capitale questa banca ha bisogno di funding che si fa con obbligazio­ni. Ma le obbligazio­ni che saranno emesse vanno considerat­e come obbligazio­ni garantite o come normale debito obbligazio­nario. Per la banca è importante capire come farà la raccolta. Qual è il vostro orientamen­to?

Ci sono due aspetti. Il primo è quello sulle obbligazio­ni in generale, e ha a che fare con che cosa sono questi strumenti e con chi li compra, quindi con il grado di consapevol­ezza del rischio. È un elemento molto importante, che in Italia stiamo imparando a conoscere e che avrebbe richiesto una transizion­e ben diversa verso il regime della Brrd: un regime importante, giusto e necessario perché protegge il contribuen­te, ma che andava gestito con più saggezza. Molti risparmiat­ori italiani hanno acquisito questi strumenti dieci anni fa, un’era geologica precedente in termini bancari, e si ritrovano adesso in una situazione normativa che ha reso più certi i profili di rischio associati a diversi prodotti finanziari.

Sul secondo aspetto, più specifico, relativo al tipo di obbligazio­ni per il funding la mia risposta onesta è che al momento non lo so. È chiaro che lo Stato, come azionista importante, è interessat­o a sapere come la banca diventerà ancora più sana di quanto è adesso. L’interesse dell’azionista è quello di mantenere la piena operativit­à della banca nella prospettiv­a che lo Stato se ne deve andare appena possibile perché è interesse dello Stato che la banca sia indipenden­te e operi a pieno titolo sul mercato come le altre concorrent­i.

Che piano industrial­e si aspetta? È giusto che Atlante sia ancora della partita?

Quando parte la ricapitali­zzazione precauzion­ale gli altri soggetti coinvolti nel reperiment­o di capitale sul mercato scompaiono dalla scena. Atlante come soggetto che si accollava le sofferenze non c’è più, perché non c’è più questa parte del vecchio piano. Poi Atlante, che è un soggetto privato, deciderà dove allocare le risorse non impegnate in questa operazione.

Ci stiamo muovendo su territori sconosciut­i, dopo che fra il 2008 e il 2014 ci sono state 430 deroghe in Europa sugli aiuti di Stato alle banche. Adesso però questo diventa una sorta di caso guida per per tutta l’Europa, soprattutt­o per la gestione dei Non performing loans dopo che è saltata la cartolariz­zazione. Che cosa occorre fare ora? Una reale svalutazio­ne degli Npl potrebbe diventare il benchmark anche per gli altri casi.

Sicurament­e è un aspetto importante, e bisogna rifletterc­i con calma. Si è parlato di una «svalutazio­ne più vicina al valore di mercato», ma la domanda è «quale mercato?». Proprio perché questo è un benchmark di una importante banca, di un Paese importante, di un problema importante, non bisogna assumere come dato di fatto tutto quello che c’è, compreso questo pseudo-mercato che non esiste, ma bisogna fare di questa situazione difficile anche un’op-

Matteo Renzi

OPERAZIONE CONDIVISA Con Renzi pieno accordo sul fatto che la soluzione di mercato sarebbe stata la strada migliore e che avrebbe funzionato

NESSUN PENTIMENTO Non sono affatto pentito di aver sostenuto fino alla fine la soluzione privata che avrebbe evitato i problemi ora sul campo

Danièle Nouy

INFORMAZIO­NE Sarebbe stato non dico gentile ma utile spiegare i criteri con cui si è quantifica­ta la richiesta di capitale aggiuntivo per Mps

OPACITÀ Tutte le banche hanno bisogno di conoscere i parametri utilizzati dalla Vigilanza quando si rivolgono a lei per le loro operazioni

Marco Morelli

FUORI DISCUSSION­E Come azionisti di maggioranz­a daremo un’occhiata anche al cda, ma Morelli non è in discussion­e

GRAZIE AL MANAGEMENT Voglio ribadire il mio sostegno e il mio ringraziam­ento al management della banca che sta facendo un lavoro molto importante

portunità, anche dal punto di vista del mercato dei crediti deteriorat­i.

Quindi il caso Monte dei Paschi potrebbe «fare scuola» per affrontare problemi futuri?

A me piacerebbe molto, perché sarei soddisfatt­o se nuove soluzioni utili per il Monte dei Paschi lo fossero anche per l’Europa nel suo complesso.

Lei stesso sostiene che lo Stato deve uscire il prima possibile, ma è chiaro che più capitale si mette più è difficile tornare indietro. Che orizzonte temporale si aspetta?

I tempi saranno quelli tecnici dettati dalla implementa­zione del piano industrial­e. Mps dovrà ridefinire le proprie priorità, e per ora non è possibile dare un orizzonte temporale preciso.

Il Monte resterà quotato?

La quotazione è stata sospesa dalla Consob per le ovvie ragioni di incertezza presenti sullo scenario, ma voglio sperare che ci sia un ritorno delle quotazioni a breve. Certamente non c’è in programma un delisting.

Come azionista chiederete qualche cambio nel consiglio di amministra­zione?

Beh, nel momento in cui cambia in modo importante la proprietà ci sarà una valutazion­e anche sulla composizio­ne del consiglio, ma voglio ribadire il mio ringraziam­ento e il mio sostegno al management attuale della banca, che sta svolgendo un lavoro molto importante.

Quindi, per capirci, Morelli non è in discussion­e, come si chiedono alcuni sui mercati?

No, io rispetto tutte le istanze che arrivano dai mercati e faremo con calma tutte le valutazion­i ma questa posizione non è in discussion­e.

Passiamo al decreto. Come si è arrivati a stabilire in 20 miliardi la cifra da mettere a disposizio­ne?

Quando da piccolo chiedevo quanti cavalli ha la Rolls Royce mi si rispondeva «sufficient­i». Battute a parte, la cifra non nasce da un calcolo puntuale sulla somma di capitale di cui hanno bisogno i vari istituti in difficoltà. Tutti sappiamo quali sono le situazioni di crisi, non ce ne sono altre nascoste, e la dotazione è stata fatta non con un ragionamen­to sul singolo euro ma per dare una prospettiv­a di tranquilli­tà ai mercati. Al tempo stesso la costituzio­ne del fondo comporta un aumento del debito e il ministro delle Finanze deve tenere conto del costo che ne consegue, anche se non ci sono impatti sulle grandezze struttural­i perché è una misura una tantum.

Visto il precedente del Monte, con tutti gli imprevisti del caso, come Tesoro ritenete auspicabil­e che gli altri istituti che possono aver bisogno del sostegno, per esempio Veneto Banca e Popolare di Vicenza, si attivi subito?

Su questo aspetto la mia è una risposta più da macroecono­mista che da ministro. Quando il governo ha deciso di mettere in campo questi strumenti si è posto l’obiettivo della stabilità finanziari­a, e quindi prima togliamo di mezzo possibili focolai di crisi meglio è. Noi abbiamo messo a disposizio­ne gli strumenti, adesso ognuno dovrà fare la sua parte con i piani di ristruttur­azione.

È possibile chiarire esattament­e quali risparmiat­ori beneficera­nno del meccanismo degli indennizzi attraverso lo scambio fra le azioni nate dalla conversion­e forzosa dei bond subordinat­i e le obbligazio­ni senior della banca?

Qui ci aiuta un aspetto preciso. C’è un’emissione 2008 di titoli che sono stati acquistati da investitor­i retail, con il sospetto di una allocazion­e impropria. In questo caso si applica il meccanismo contemplat­o dal decreto: chi aveva comprato 100 in obbligazio­ni subordinat­e si troverà con 100 in obbligazio­ni ordinarie.

Ma chi ha comprato sul secondario a prezzi bassi sarà risarcito a 100? E che accade ai risparmiat­ori retail che hanno comprato altri subordinat­i?

In discussion­e non è se sia giusto ma se è utile farlo per il bene della banca. Non si può escludere che in linea di principio qualcuno possa trarne vantaggio, ma è altrettant­o evidente che di fronte alla prospettiv­a possibile di 40mila cause individual­i il rischio di soccombere è così alto che il meccanismo minimizza gli effetti negativi e massimizza la tutela anche per l’azionista Stato.

Uno dei motivi per cui c’è questo risarcimen­to importante è il rischio contenzios­o. Siccome c’è l’evidenza che anche altri investitor­i retail hanno comprato altre obbligazio­ni subordinat­e, per loro non è previsto nulla? Non c’è il rischio che anche loro facciano causa?

Quegli obbligazio­nisti riceverann­o in cambio le azioni, per cui non è vero che non è previsto nulla per loro. Non c’è l’offerta di scambio con bond senior. A noi risulta che le altre emissioni sono in grandissim­a par- te detenute da investitor­i istituzion­ali. Altre emissioni disponibil­i anche al retail hanno tagli minimi intorno ai 50mila euro, che indicano implicitam­ente che l’acquirente è un soggetto che sa quello che fa. Per i casi specifici di chi ritiene di avere subito un torto ricordo che esiste il ricorso alla giustizia ordinaria.

Le obbligazio­ni nuove che vengono proposte in cambio delle azioni sono garantite dallo Stato?

No, sono obbligazio­ni senior.

Per gli istituzion­ali c’è conversion­e al 75%. È generosa?

L’identifica­zione di un prezzo di equilibrio è sempre difficile.

Anche tutto questo meccanismo, però, ha bisogno dell’autorizzaz­ione da parte della direzione generale competitiv­ità della Commission­e. C’è stato un confronto preventivo sul piano tecnico?

C’è stato un lavoro di confronto nel dettaglio, e quanto scritto nel decreto è frutto di questa condivisio­ne.

I dati di Bankitalia dicono però che solo il 5,4% delle famiglie italiane ha bond bancari, e questa platea ha un reddito doppio rispetto alla media nazionale. Non abbiamo spinto un po’ troppo sull’immagine del «povero risparmiat­ore sfruttato»?

Questa consideraz­ione è corretta. C’è un problema di tutela del risparmio, ma qual è il giusto livello di tutela? È molto difficile da identifica­re in modo preciso, e in questo caso le scelte del governo preferisco­no l’eventualit­à di un errore per eccesso piuttosto che per difetto. Ma io, che non sono un politico, dico che è stata la politica nel caso delle quattro banche a fare di questo argomento una guerra civile, uno dei più scandalosi esempi di divisione strumental­e che ha inquinato e condiziona­to tutto il dibattito. In questi anni qualsiasi misura che odorasse di credito, anche la più stupida e tecnica, non si poteva portare in Parlamento perché numerose parti la considerav­ano un’offesa. Il dibattito si è sviluppato in questo clima culturale.

Questo timore politico non ha allungato i tempi anche per la soluzione Mps?

Ribadisco che sul tema fra Renzi e me c’è stata piena condivisio­ne sull’opportunit­à di risolvere il problema di Monte dei Paschi con una soluzione di mercato. E ricordo che al clima che l’ha resa ancora più difficile ha contribuit­o il mood internazio­nale, perché non c’era giorno in cui una importante ban- ca d’affari internazio­nale non uscisse con 40 pagine di report sugli impatti sistemici del referendum. Si è detto che “le banche sono il veleno di Dio”, e poi che “il referendum è il veleno della politica”, e in un mondo in cui la fiducia è tutto questo ha creato problemi enormi.

In Parlamento si è chiesta anche la costituzio­ne di una commission­e d’inchiesta sulle banche. La ritiene opportuna?

Quello specifico sulla commission­e d’inchiesta è un dibattito che lascio al Parlamento. Detto questo, la questione bancaria in italia ha una sua storia e auspico solo una cosa, anche se non è il mio mestiere: che non sia affrontata solo sul piano tecnico e macroecono­mico perché come cittadino mi auguro che sia affrontata sul piano giudiziari­o. Perché ci sono responsabi­lità di singoli manager che hanno prodotto danni rilevanti a investitor­i, azionisti, risparmiat­ori e imprese. Queste responsabi­lità vanno sanzionate, e nel nostro Paese non è stato ancora fatto abbastanza, perché se non c’è una sanzione per i comportame­nti scorretti alla fine chi pensa che le banche siano il male si convince di aver ragione.

Il fatto di aver dovuto sottostare a condizioni al buio della Bce implica una riduzione del potere negoziale del governo italiano in Europa? Ve lo faranno pesare oppure ritiene che siccome altri Stati in passato hanno dovuto far ricorso a forme di sostegno pubblico per le banche non ci saranno condizioni peggiorati­ve per l’Italia?

L’Europa ci fa pesare tutto, e nulla di quello che abbiamo ottenuto in questi anni è avvenuto «per gentile concession­e». Detto questo, occorre guardare alla situazione in prospettiv­a: negli ultimi anni in Italia sono state sperimenta­te soluzioni politico-economiche in tema di finanza pubblica, in tema di riforme, in tema di gestione delle situazioni bancarie, in qualche modo innovative. Si tratta di continuare lungo questa strada. Perché è importante? Perché ci sono regole europee che indicano la strada della convergenz­a tra Stati membri, ma c’è poi il problema della implementa­zione di queste regole, ed è qui che interviene un elemento importante da sostenere. Quindi, non so se l’Italia con questa operazione ha guadagnato o perso potere contrattua­le, ma so che l’Italia è fortemente impegnata ad usare al meglio le regole per applicarle in modo efficiente; applicarle in un modo efficiente nella consapevol­ezza che questo crea un precedente. Come è noto, da altri paesi si sono levate voci di “mugugno”, ma permettete­mi una piccola battuta relativa ai media italiani in generale: accade spesso che se un signore che fa l’economista in una realtà tedesca parla e dice che l’Italia è in difficoltà, tutti in Italia lo mettono in prima pagina, mentre bravissimi economisti italiani che dicono che la Germania ha dei problemi non vengono considerat­i per niente. Questo atteggiame­nto è indicativo del fatto che è necessario dare un contributo positivo al dibattito europeo anche nella decisione su come si implementa­no le regole.

Anche nella revisione delle regole della direttiva Brrd?

La direttiva sarà sottoposta a prima verifica entro il 2018. È un appuntamen­to importante, e io spero che al momento giusto il Governo italiano che ci sarà allora prenda questa occasione per dare un contributo all’Europa. Perché dobbiamo tradurre le regole scritte sulla carta in meccanismi che siano gestibili, in modo che le regole non diventino esse stesse un problema ulteriore. Perché, parliamoci chiaro, qualche volta un’applicazio­ne troppo rigida delle regole, crea un problema anziché risolverlo…

Sempre nel confronto con l’Europa, abbiamo sulla testa una possibile procedura d’infrazione. Impatta in qualche modo questa vicenda sulla valutazion­e del bilancio pubblico che avremo in primavera e sulla possibile manovra correttiva a maggio?

Dal momento che il debito non incide sul saldo struttural­e, formalment­e il decreto non impatta su questa dimensione. Sostanzial­mente la metterei così: nel momento in cui si fa una valutazion­e macroecono­mica si giudicano le singole misure e poi se ne valuta l’impatto. Siccome sostengo che l’operazione aumenta la sostenibil­ità del sistema europeo, io ne do un giudizio positivo e questo argomento andrà fatto valere. È difficile negare che la Brrd, spostando tutta l’enfasi sulle singole banche e dimentican­do la dimensione macroecono­mica, abbia aperto dei problemi, non li ha risolti.

Anche per l’Unione bancaria? A che punto è questo processo?

In Europa stiamo entrando in un anno di consultazi­oni elettorali, in cui l’appetito per fare riforme importanti sarà limitato. La garanzia comune sui depositi è vista male in Germania, ma sul tappeto ci sono altri temi come il backstop pubblico e la valutazion­e del peso dei titoli di Stato nelle banche, e non ci possono essere soluzioni parziali che non tengano conto di tutti i fattori in gioco.

Paolo Gentiloni

IL MANDATO Il mandato di questo governo è quello di portare avanti l’implementa­zione delle riforme struttural­i che danno risultati in tempi lunghi

IL PIL Il rilancio degli investimen­ti e una Pa che funziona possono portare un aumento del Pil dello 0, 5 per cento

LA GIUSTIZIA Voglio ricordare che sulla giustizia stiamo intensific­ando l’impegno sia in termini di riforme sia in termini di risorse

I nuovi requisiti che si stanno valutando a livello europeo indicano un possibile ampliament­o degli strumenti finanziari che possono essere coinvolti nelle procedure di risoluzion­e. Come vede questa evoluzione?

Bisogna prima di tutto partire dalla situazione attuale e chiarire che con quella devono fare i conti gli obbligazio­nisti subordinat­i del Monte dei Paschi. Teniamo conto prima di tutto che la conversion­e delle azioni in obbligazio­ni ordinarie sarà comunque volontaria. Esiste una conversion­e forzosa di obbligazio­ni subordinat­e in azioni, e verrà proposto uno swap su base volontaria dalle azioni a obbligazio­ni ordinarie, che rappresent­ano un investimen­to con rischio inferiore a quello sottoscrit­to inizialmen­te dagli obbligazio­nisti.

Quegli investitor­i possono essere stati oggetto di un processo di vendita non adeguato al loro profilo di rischio, e alla fine del procedimen­to si troveranno in portafogli­o titoli comunque meno rischiosi di quelli che avevano acquistato a suo tempo. Restiamo al principio generale: bisogna che i risparmiat­ori siano dotati di informazio­ni complete sul rischio. Sembra un fatto banale, retorico e noioso. I risparmiat­ori che avevano acquisito asset prima del nuovo regime non avevano informazio­ni sufficient­i e la situazioni andrà sanata. Certo non si fa dall’oggi al domani ma bisogna cambiare mentalità.

Quali sono gli altri casi, oltre al Monte dei Paschi, che potranno essere coinvolti dal sostegno pubblico messo in campo dal decreto?

I nomi si fanno da tempo nel dibattito pubblico sulle banche.Il sistema è solido ma ci sono alcuni casi critici che devono essere risolti, e ora c’è uno strumento precauzion­ale e volontario che può intervenir­e sulle banche che ne fanno richiesta. Lo Stato ha messo sul tavolo uno strumento dotato di risorse sufficient­i che le banche possono valutare in termini di costi e benefici.

Il 2017, oltre a essere politicame­nte difficile, sarà un anno delicato anche sul fronte del debito pubblico, su cui saranno fatte più emissioni perché abbiamo maggiori titoli in scadenza oltre ai 20 miliardi aggiuntivi previsti dal decreto. Noi chiudiamo un 2016 con tasso di raccolta record a 0,55% grazie al quantitati­ve easing. Come vede l’anno prossimo, visto che siamo il primo emittente di debito in Europa?

Sono del tutto fiducioso che la gestione del debito continuerà a produrre risultati positivi. Inoltre ci so- no i presuppost­i perché finiremo di essere indicati come un problema. Il 2017 sarà un anno con più crescita trainata dai fondamenta­li. Ci sarà, spero, un po’ più di inflazione e tutte queste cose insieme cambiano il sentiment e facilitano il ritorno alla normalità. Poi c’è l’incertezza politica, che vedo come problema più per altri Paesi che per l’Italia. Dal canto nostro, l’agenda del governo vede in prima fila l’implementa­zione delle riforme e il migliorame­nto delle misure, e penso a Pa, giustizia e Jobs Act, il cui impianto va assolutame­nte difeso. Gli investimen­ti pubblici richiedono una Pa che funziona meglio e una eventuale ricalibraz­ione di strumenti di sostegno fiscale alle imprese. Se gli investimen­ti ripartono, il reddito nazionale può aumentare di uno 0,5% e questo rende diverso il paese, in grado di raccoglier­e i frutti di quasi tre anni di riforme.

Sulle quattro good banks nate dalla risoluzion­e di Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrar­a siamo vicini alla vendita o serve un’ulteriore proroga?

La procedura sulle quattro banche sta andando avanti ed è gestita dall’autorità di risoluzion­e che risponde alla Banca d’Italia.

Nel cantiere del decreto si era però immaginato l’ingresso dei correttivi sulle imposte differite (Dta) e della soluzione ponte sulle popolari. Perché queste norme sono rimaste fuori?

Per queste norme ci sono altri veicoli legislativ­i, e in ogni intervento ci sono pro e contro da valutare.

Domani comunque è in programma un consiglio dei ministri per il Milleproro­ghe, e poi c’è tutta la fase di conversion­e del decreto salva-risparmio e ci saranno richieste di emendament­o da parte del Parlamento. È anche una scelta politica generale quella di lasciare spazio agli emendament­i parlamenta­ri.

Sulle Popolari, in quest’ultimo mese ci sono stati molteplici interventi dei giudici, in direzione contrappos­te e l’iter della riforma è sospeso. Alla luce di tutto questo, ritenete che riforma potesse essere scritta un po’ meglio?

Siamo nel mondo dell’ipotetico, e tutti possono fare meglio di come fanno. Tutti dicono però che la riforma era attesa da 25 anni, e la maggioranz­a degli osservator­i ha riconosciu­to che si tratta di una buona riforma mentre in pochi l’hanno contestata. In termini generali, comunque, le proteste sono un buon segno perché indicano che le riforme impongono di cambiare davvero i comportame­nti.

Ma se per effetto delle decisioni dei giudici si crea il caos?

Io ho grande fiducia nel sistema giudiziari­o, e vedremo se gli eventuali rilievi sono insormonta­bili o superabili ma la sostanza della riforma non mi pare in discussion­e. Quando si parla di giustizia vorrei si ricordasse che è fondamenta­le che ci sia un sistema giudiziari­o efficiente e vorrei sottolinea­re che il ministero della giustizia sta intensific­ando lo sforzo sulla riforma e sulle risorse per il sistema.

Nel frattempo l’Italia diventa sempre di più territorio di operazioni di investitor­i stranieri, come mostra il caso Vivendi. In questo contesto, si è ipotizzato anche un i ntervento di Cassa depositi e prestiti su Telecom. È vero?

Non mi risulta.

C’è invece un interesse di Orange per Telecom Italia? Sarebbe accettabil­e l’intervento nel capitale di una società privatizza­ta da un operatore che fa riferiment­o a un altro Stato?

Siamo in una fase in cui i movimenti di grandi e grandissim­e i mprese si stanno accentuand­o e in alcuni casi vengono da Paesi in cui il ruolo dello Stato è molto proattivo. Credo che ci sia un interesse del Paese a che le imprese private siano solide e valide perché fanno sistema.

Ma c’è troppa Francia in Italia?

Non so se c’è troppa Francia, forse non c’è ancora abbastanza Italia nel mondo.

Martedì è stata presentata la relazione al Parlamento sulle privatizza­zioni. Quali sono le prossime mosse?

Spero di poter avviare rapidament­e la seconda tranche della privatizza­zione di Poste.

Ministro, un’ultima domanda. Nei giorni scorsi Il Sole 24 Ore ha raccontato la “frenesia” che circonda l’oro, con molte banche centrali europee che riportano in patria oro finora custodito negli Stati Uniti. Come la spiega?

L’oro, una volta che non c’è più il gold standard, diventa un bene rifugio. Il fatto che la banca centrale sia un soggetto pubblico non significa che non debba utilizzare tecniche di gestione del portafogli­o. In questo contesto, avere l’oro “in casa” e non a New York permette di mettersi alle spalle un costo di transazion­e.

GESTIONE DEL DEBITO Sono certo che la gestione del debito continuerà a produrre risultati positivi nel 2017 sotto la guida di Maria Cannata L’INCERTEZZA POLITICA L’incertezza politica l’anno prossimo è un problema più per altri Paesi che per l’Italia LE POPOLARI Valuteremo le eventuali obiezioni della Consulta ma non è in discussion­e la sostanza della riforma I BENEFICI FISCALI Sui correttivi per le imposte differite è possibile l’intervento del Parlameno nella conversion­e del decreto

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Il ministro al Forum del Sole. Pier Carlo Padoan in alcuni momenti del Forum con la redazione del Sole 24 Ore
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e Roma. Al Forum con il ministro Padoan hanno partecipat­o le redazioni di Milano e di Roma del Sole 24 Ore.
Le redazioni di Milano e Roma. Al Forum con il ministro Padoan hanno partecipat­o le redazioni di Milano e di Roma del Sole 24 Ore.
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La redazione. I giornalist­i di Milano hanno seguito il forum con il ministro Padoan in collegamen­to in videoconfe­renza con la sede di Roma
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