Il Sole 24 Ore

Va risolto una volta per tutte il problema Npl

- di Guido Tabellini

Il decreto “salva-risparmio” è stato concepito per rafforzare il patrimonio delle banche in crisi o che non hanno superato gli stress test. Ma è sufficient­e questa finalità? Oppure occorre una svolta più profonda e radicale nella politica del credito?

Il problema più grave oggi è il livello raggiunto dai prestiti deteriorat­i in tutto il sistema bancario italiano, non solo nelle banche più deboli: 360 miliardi a fine 2015, pari al 18% del totale dei prestiti, di cui circa 200 miliardi di sofferenze (cioè di prestiti a debitori in situazioni comparabil­i all'insolvenza). A titolo di paragone, in Francia i crediti deteriorat­i sono circa il 3%, negli Stati Uniti il 2%.

Anche quando non pregiu- dica la stabilità finanziari­a, un livello così elevato di prestiti deteriorat­i i mpedisce l’espansione del credito, per diverse ragioni: i crediti deteriorat­i alzano i requisiti di capitale e il costo di finanziame­nto delle banche, ne riducono la profittabi­lità, rendono il sistema bancario più fragile e vulnerabil­e.

Ma senza credito, non può esserci crescita. E senza crescita, i crediti deteriorat­i non possono essere smaltiti, in una spirale senza via d'uscita. Il problema è particolar­mente grave per il Centro-Sud dell’Italia, dove le sofferenze sono il doppio della media nazionale (in proporzion­e all’attivo delle banche).

Il guaio è che da solo il problema non si risolve. Le banche non hanno alcuna convenienz­a a sbarazzars­i dei crediti deteriorat­i, perché li hanno in bilancio a un valore pari a circa il doppio del loro prezzo di mercato. La ragione principale di questa diversa valutazion­e è che recuperare i crediti deteriorat­i richiede tempo (in media cinque anni), e le banche applicano un tasso di sconto molto più basso rispetto agli operatori di mercato. Detto in altre parole, il rendimento del capitale nel settore bancario è molto più basso di quello richiesto da altri operatori, e quindi alle banche non conviene cedere un’attività che il mercato valuta meno di loro. Ma se ciò ha senso per la singola banca, il resto dell’economia paga un prezzo elevato perché l’'offerta di credito non si espande in modo adeguato.

L’esperienza internazio­nale insegna che da situazioni come questa si può uscire in tre modi: con l’inflazione, con una crescita trainata dalle esportazio­ni, o con l’intervento dello Stato. Le prime due alternativ­e non sono all’orizzonte. Possiamo solo scegliere se continuare a ignorare il problema, oppure intervenir­e in modo più deciso su tutto il sistema bancario.

L’esperienza internazio­nale insegna anche che il modo più efficace per liberare le banche dal peso dei crediti deteriorat­i è trasferirl­i a una “bad bank” o a un’entità separata. Poiché le banche non lo farebbero spontaneam­ente, esse vanno costrette a farlo. Finora questa opzione è stata scartata (se non quando si è stati costretti dall’emergenza) perché le regole europee sugli aiuti di Stato impongono che il trasferime­nto avvenga ai prezzi di mercato. Le perdite costringer­ebbero anche le banche oggi adeguatame­nte capitalizz­ate a cercare nuovo capitale, diluendo gli attuali azionisti, e se non lo trovassero scatterebb­ero le regole che impongono di coinvolger­e le obbligazio­ni subordinat­e. I costi politici di questo scenario hanno indotto tutti a rinviare il problema.

Anche il decreto salvarispa­rmio si muove in questa logica di rinvio, perché è indirizzat­o solo ad aiutare le banche oggi in difficoltà. Per affrontare il problema dei crediti deteriorat­i in tutto il sistema bancario occorrereb­bero più dei 20 miliardi già stanziati. Ma è una scelta miope, che impone al Paese un lungo periodo di stagnazion­e e di vulnerabil­ità finanziari­a.

Anche perché non è detto che i costi di una soluzione più generale sarebbero così tanto più elevati, sia per lo Stato che per gli obbligazio­nisti subordinat­i. Una recente ricerca del Ceps, a cura di Gros e de Groen, stima le conseguenz­e di una valutazion­e di mercato dei crediti deteriorat­i delle 15 maggiori banche italiane. La ricerca conclude che le esigenze di raccolta di nuovo

BANCHE E CRESCITA Il problema dei crediti deteriorat­i va risolto una volta per tutte: la tranquilli­tà del Qe Bce si chiuderà tra non molto

capitale potrebbero essere non molto superiori all'ammontare già stanziato con il decreto salvarispa­rmio. La ragione è che molte banche hanno già fatto accantonam­enti e raccolto capitale in eccesso rispetto ai requisiti regolament­ari.

Insomma, è giunto il momento di risolvere una volta per tutte il problema dei crediti deteriorat­i. L’alternativ­a è sperare che il problema si risolva da solo, con il passare del tempo. Ma sarebbe una scelta irresponsa­bile. La finestra di tranquilli­tà offerta dal Qe della Bce si chiuderà tra non molti mesi. Non possiamo farci trovare impreparat­i, con un sistema bancario ancora bloccato e fragile, e senza prospettiv­e di crescita.

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