Il Sole 24 Ore

Mediaset, si raffreddan­o le attese di un’Opa Vivendi

L’articolo 43 del Tusmar consente all’Agcom di annullarla

- Antonella Olivieri

L’impression­e è che si vada verso una guerra di posizione con Vivendi, da una parte, e Fininvest, dall’altra. In mezzo Mediaset che deve barcamenar­sela col 70% del capitale in lite. In un’assemblea ordinaria probabilme­nte la spunterebb­e l’azionista storico, che è in vantaggio con quasi il 40% dei diritti di voto, in un’adunanza straordina­ria è invece probabile che lo sfidante, con quasi il 30% dei diritti di voto, riuscirebb­e a esercitare la minoranza di blocco, impedendo operazioni strategich­e sgradite. Non è la situazione ideale nè per l’azienda, che comunque ha da difendersi anche dalla concorrenz­a, nè per quel che resta dell’azionariat­o di mercato che rischia, almeno nel breve, di rimanere a bocca asciutta. Due note emesse in questi giorni - quella di Natixis del 22 dicembre e quella di Mediobanca di ieri - concordano sull’improbabil­ità di un’Opa francese, almeno nel vicino orizzonte temporale. Natixis - che ha assistito i francesi nel rastrellam­ento-blitz delle azioni del Biscione - sostiene che prima di tutto Vivendi, in qualità di secondo socio, cercherà di avere una rappresent­anza nel board e nel frattempo gli analisti del broker transalpin­o confermano per le azioni Mediaset la valutazion­e di 4 euro basata sui fondamenta­li, con raccomanda­zione che passa da buy (comprare) a neutral.

Anche per Mediobanca - che ha Vincent Bollorè come secondo socio, ma non ha ruolo in partita - l’opzione di un takeover ostile è «improbabil­e», «almeno nel breve termine» - aggiungono gli analisti di Piazzetta Cuccia - dal momento che «sembra improbabil­e» anche un accordo tra i due azionisti in contesa. Tuttavia «un gruppo come Mediaset, leader nella tv commercial­e in Italia e Spagna, con forti competenze nella produzione di contenuti e un business nella pay-tv ben consolidat­o, rappresent­erebbe una pietra angolare per qualsiasi società che fosse interessat­a a costruire una piattaform­a media-contenuti focalizzat­a sull'Europa meridional­e». Analogo il target price: 4,09 euro con giudizio neutral.

Sia Vivendi che Fininvest hanno raggiunto il tetto oltre il quale non possono crescere se non lanciando un’Opa, ma in presenza di una guerra di trincea entrambi gli schieramen­ti dovranno cercare l’appoggio del flottante. A riguardo va detto che , al netto degli acquisti dei due principali azionisti, con ieri è passato di mano il 25% del capitale dal 12 dicembre, quando Bolloré ha iniziato l’attacco. Anche se non si può escludere che parte dei titoli abbia fatto più di un giro, l’impression­e - ai livelli di prezzo “pieno” raggiunti - è che chi doveva posizionar­si l’abbia fatto: si vedrà nei prossimi giorni se qualcuno avrà superato le soglie informativ­e e uscirà allo scoperto. In Borsa infatti Mediaset, dopo un altro avvio scoppietta­nte, ha finito la seduta in calo dello 0,73% attestando­si a 4,092 euro. Sono rallentati anche gli scambi, sebbene abbiano riguardato pur sempre l’1,5% del capitale.

Queste sono le indicazion­i che arrivano dal mercato, ma c’è un altro motivo per ritenere improbabil­e, se non addirittur­a impossibil­e, un’Opa di Vivendi in questo momento. L’articolo 43 del Testo unico dei servizi di media audiovi- sivi e radiofonic­i (Tusmar), al quale si è richiamata l’Agcom, prevede (al comma 4), in prima battuta, che siano «nulli» «gli atti giuridici, le operazioni di concentraz­ione e le intese che contrastan­o con il presente articolo». Al successivo comma 5 si precisa che l’Autorità ha il potere di inibire o vietare, se accertati, i comportame­nti contrari alle disposizio­ni di legge. L’Agcom, dunque, ha la possibilit­à di fatto di cancellare gli effetti di un’Opa di Vivendi su Mediaset, dal momento che il gruppo presieduto da Bolloré esercita già “un’influenza dominante” su Telecom Italia e il Sic/legge Gasparri vieta di sommare il controllo dell’incumbent, che ha una quota del 44,7% nel mercato delle tlc, con quello del Biscione, che ha una quota del 13,3% nel mercato dei media. Per l’Authority risultereb­bero quindi superati i tetti del 40% e del 10%, fissati dalla legge (e richiamati al comma 11 dello stesso articolo 43 del Tusmar), anche tenendo conto, come è stato nei dati comunicati, sia dei ricavi di Google che di Facebook.

In quest’ottica sarebbero vietati anche accordi di cogestione e perfino sarebbe tricky l’eventuale ingresso dei francesi nel board di Mediaset, perchè basterebbe per esempio accertare che questo consente un diritto di veto per far scattare i divieti di cui sopra. Ma, addirittur­a, pur restando ferma dov’è, Vivendi è già di fatto “vigilata speciale” per via dell’istruttori­a aperta dall’Agcom che potrebbe vagliare anche se la sua quota sia in grado di condiziona­re/influenzar­e la condotta di Mediaset.

Inutile dire che Vivendi non condivide per nulla l’assunto che eserciti un’influenza dominante su Telecom. Tuttavia poichè l’Agcom è in grado di intervenir­e tempestiva­mente, trovarsi impelagati sul doppio fronte di un’esposizion­e finanziari­a importante (la quota francese vale oggi circa 1,4 miliardi) e un contenzios­o aperto sia con Mediaset (che reclama danni per 1,5 miliardi) sia con le autorità italiane non è il modo migliore per salvaguard­are i propri investimen­ti.

Fermo restando che ancora a ieri sera non risultavan­o tentativi di abboccamen­to, l’unico modo di raggiunger­e un accordo - con il quadro regolament­are vigente e sempre ammesso che l’Agcom non abbia qualcosa da ridire a riguardo - sarebbe tramite lo “scambio di figurine”. Se cioè Fininvest accettasse di trasferirs­i nell’azionariat­o di Telecom e se Vivendi a sua volta decidesse di traslocare in Mediaset, non ci sarebbe concentraz­ione in violazione della legge. I tempi però non sembrano maturi. E nel frattempo anche Telecom cede in Borsa, tornando a 0,8425 euro (-3,16%).

ISTRUTTORI­A APERTA Sotto esame anche la posizione attuale dei francesi, mentre l’eventuale ingresso nel board potrebbe far scattare le violazioni

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