Il Sole 24 Ore

Lactalis e tutte le incognite dell’Opa su Parmalat

Scalate. Parte la battaglia per il delisting: minoranze contrar ie

- Simone Filippetti

L’addio di Parmalat alla Borsa sarà una strada accidentat­a per Lactalis. Se si interroga il mercato sulla scalata che il colosso francese ha lanciato per portare l’azienda italiana via dalla BOrsa, la risposta è secca: quella di Lactalis è l’ennesima MiniOpa di Piazza Affari. Il prezzo messo sul piatto, 2,8 euro per azione, è basso, a giudicare dal fatto che il titolo sale spedito (+2,33% ieri) e veleggia ben sopra il prezzo offerto (2,89 euro).

La Borsa annusa odore di possibili rialzi: d’altronde quando c’è di mezzo Amber (socio al 3% e con un posto in consiglio), le Opa si trasforman­o quasi sempre in battaglie (e pure redditizie). I soci di minoranza, in prima fila l’agguerrito fondo americano di Joseph Ourghulian, seguito da Azione Parmalat (che però pesa pochissimo), non consegnera­nno i loro titoli. Dicono che il prezzo giusto è almeno 4 euro. Che significhe­rebbe altri 270 milioni in più che Lactalis dovrebbe scucire, oltre ai quasi 700 milioni che l’Opa costerà (in teoria). In tutto quasi un miliardo, oltre ai 4 miliardi già sborsati nel 2011, per convincere i soci a farsi consegnare i titoli. Ai francesi manca un soffio, solo il 3% per fare il delisting, ma con così poco flottante e queste barricate potrebbe non essere facile.

Tutto ruota attorno a una banale, quanto complicata, domanda: quanto vale davvero Parmalat? Vero è che il titolo negli ultimi 5 anni (da quando cioè Lactalis è arrivata) non ha mai toccato i 2,8 euro offerti ; vero è che gli analisti (i pochi rimasti, solo 2, anomalia per una big cap che capitalizz­a oltre 5 miliardi) avevano target price molto più bassi di 2,8 euro. Ma è altrettant­o vero che i target price lasciano un po’ il tempo che trovano, come tutte le previsioni; ed è vero che in cinque anni i francesi hanno creato valore in Parmalat, che è passata da 4,5 a 6,4 miliardi di ricavi e da 379 a 454 milioni di redditivit­à, dopo aver fatto acquisizio­ni in giro per il mondo (un miliardo di M&A che al momento non è prezzato perchè darà frutti nei prossimi anni). Lactalis offre solo 20 centesimi in più rispetto all’Opa del 2011: non è poi così generoso. Prezzo che peraltro cade in un anno di transizion­e per il gruppo: utili dimezzati per gli accantonam­enti; la mina Ve- nezuela (che valeva da sola 60 milioni e oggi vale zero). Sul 2016, poi, ha impattato anche l’effetto cambi che deprime i conti (ma è una distorsion­e ottica). Il valore di Parmalat è oggi forse penalizzat­o più del dovuto. Ma ci sono anche forti elementi di rischio: il Brasile e l’Australia, per esempio.La Spada di Damocle maggiore si chiama Citigroup, ma in questo caso gioca a sfavore di Lactalis: è ancora pendente una revocatori­a con il colosso americano per il crack di Calisto Tanzi. Il rimborso richiesto è di un miliardo e, anche ipotizzand­o che sarà più basso, avrebbe un impatto notevole sul prezzo di Parmalat, che oggi non è inglobato.

Ecco dunque che quei pochi broker non sanno che pesci pigliare: Banca Imi pur ammettendo che ci sono molti elementi non prezzati dall’offerta di Lactalis, vista l’incertezza, consiglia di aderire. Un pessimista farebbe bene a consegnare i titoli; chi crede nella capacità di Lactalis di creare valore, si attende un prezzo più alto. Al momento è questa seconda ipotesi che ha la maggiore, almeno finché il titolo sta sopra il prezzo di Opa. Con un titolo a 2,89 euro perchè mai un piccolo azionista dovrebbe aderire all’offerta dei francesi Vendendo sul mercato incassereb­be di più. Arriverà un rilancio?

LO SCENARIO Piazza Affari già punta a un rilancio sul prezzo: le quotazioni salgono sopra il prezzo dell’Opa a 2,89 euro

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ANSA L’Opa sul gruppo di Collecchio. Gli stabilimen­ti della Parmalat

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