Lactalis e tutte le incognite dell’Opa su Parmalat
Scalate. Parte la battaglia per il delisting: minoranze contrar ie
L’addio di Parmalat alla Borsa sarà una strada accidentata per Lactalis. Se si interroga il mercato sulla scalata che il colosso francese ha lanciato per portare l’azienda italiana via dalla BOrsa, la risposta è secca: quella di Lactalis è l’ennesima MiniOpa di Piazza Affari. Il prezzo messo sul piatto, 2,8 euro per azione, è basso, a giudicare dal fatto che il titolo sale spedito (+2,33% ieri) e veleggia ben sopra il prezzo offerto (2,89 euro).
La Borsa annusa odore di possibili rialzi: d’altronde quando c’è di mezzo Amber (socio al 3% e con un posto in consiglio), le Opa si trasformano quasi sempre in battaglie (e pure redditizie). I soci di minoranza, in prima fila l’agguerrito fondo americano di Joseph Ourghulian, seguito da Azione Parmalat (che però pesa pochissimo), non consegneranno i loro titoli. Dicono che il prezzo giusto è almeno 4 euro. Che significherebbe altri 270 milioni in più che Lactalis dovrebbe scucire, oltre ai quasi 700 milioni che l’Opa costerà (in teoria). In tutto quasi un miliardo, oltre ai 4 miliardi già sborsati nel 2011, per convincere i soci a farsi consegnare i titoli. Ai francesi manca un soffio, solo il 3% per fare il delisting, ma con così poco flottante e queste barricate potrebbe non essere facile.
Tutto ruota attorno a una banale, quanto complicata, domanda: quanto vale davvero Parmalat? Vero è che il titolo negli ultimi 5 anni (da quando cioè Lactalis è arrivata) non ha mai toccato i 2,8 euro offerti ; vero è che gli analisti (i pochi rimasti, solo 2, anomalia per una big cap che capitalizza oltre 5 miliardi) avevano target price molto più bassi di 2,8 euro. Ma è altrettanto vero che i target price lasciano un po’ il tempo che trovano, come tutte le previsioni; ed è vero che in cinque anni i francesi hanno creato valore in Parmalat, che è passata da 4,5 a 6,4 miliardi di ricavi e da 379 a 454 milioni di redditività, dopo aver fatto acquisizioni in giro per il mondo (un miliardo di M&A che al momento non è prezzato perchè darà frutti nei prossimi anni). Lactalis offre solo 20 centesimi in più rispetto all’Opa del 2011: non è poi così generoso. Prezzo che peraltro cade in un anno di transizione per il gruppo: utili dimezzati per gli accantonamenti; la mina Ve- nezuela (che valeva da sola 60 milioni e oggi vale zero). Sul 2016, poi, ha impattato anche l’effetto cambi che deprime i conti (ma è una distorsione ottica). Il valore di Parmalat è oggi forse penalizzato più del dovuto. Ma ci sono anche forti elementi di rischio: il Brasile e l’Australia, per esempio.La Spada di Damocle maggiore si chiama Citigroup, ma in questo caso gioca a sfavore di Lactalis: è ancora pendente una revocatoria con il colosso americano per il crack di Calisto Tanzi. Il rimborso richiesto è di un miliardo e, anche ipotizzando che sarà più basso, avrebbe un impatto notevole sul prezzo di Parmalat, che oggi non è inglobato.
Ecco dunque che quei pochi broker non sanno che pesci pigliare: Banca Imi pur ammettendo che ci sono molti elementi non prezzati dall’offerta di Lactalis, vista l’incertezza, consiglia di aderire. Un pessimista farebbe bene a consegnare i titoli; chi crede nella capacità di Lactalis di creare valore, si attende un prezzo più alto. Al momento è questa seconda ipotesi che ha la maggiore, almeno finché il titolo sta sopra il prezzo di Opa. Con un titolo a 2,89 euro perchè mai un piccolo azionista dovrebbe aderire all’offerta dei francesi Vendendo sul mercato incasserebbe di più. Arriverà un rilancio?
LO SCENARIO Piazza Affari già punta a un rilancio sul prezzo: le quotazioni salgono sopra il prezzo dell’Opa a 2,89 euro