Iva versata per errore, istanza entro 2 anni
Non r ileva il termine previsto per il dir itto alla detrazione
pL’Iva erroneamente versata va richiesta entro due anni dalla data di versamento: trattandosi, infatti, di un cosiddetto rimborso “anomalo” segue le regole più generali per la restituzione dei tributi. Ad affermarlo è la Corte di cassazione con l’ordinanza 27221 depositata ieri.
Una società presentava una richiesta di rimborso Iva erroneamente versata su operazioni di importazione. Tali somme non erano state inserite nel quadro VF della dichiarazione, relativo appunto all'imposta versata sugli acquisti.
L'ufficio negava la restituzione ritenendo la domanda tardiva rispetto al termine biennale previsto per legge.
Il provvedimento veniva im- pugnato dinanzi al giudice tributario il quale, tuttavia, in grado di appello ne confermava la legittimità, ritenendo tardiva la domanda presentata. In particolare, rilevava che l'Iva erroneamente pagata nel 2005 poteva essere detratta con la dichiarazione relativa al 2006, da presentarsi entro il 31 ottobre 2007, con la conseguenza che la domanda di rimborso poteva essere presentata entro il 31 ottobre 2009.
La società ricorreva così in Cassazione lamentando un'errata applicazione dell'articolo 19 del decreto Iva poiché il collegio di seconde cure aveva confuso i termini di presentazione della dichiarazione con quelli previsti per la detrazione dell'imposta.
I giudici di legittimità hanno confermato la legittimità del diniego sebbene con diversa motivazione.
Innanzitutto la Suprema corte ha rilevato che la domanda di rimborso non rientrante tra le ipotesi disciplinate dall'articolo 30 del decreto Iva va proposta secondo le regole dell'articolo 21 del Dlgs 546/92, secondo il quale, in mancanza di specifiche previsioni, la richiesta di restituzione di un'imposta non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero dal giorno in cui si è verificato il presupposto della restituzione.
Secondo un orientamento consolidato, ai fini Iva il termine entro il quale va avanzata la richiesta decorre dalla data di versamento del tributo, a nulla rilevando il termine previsto per il diritto alla detrazione.
La Cassazione ha infatti precisato che la detrazione ed il rimborso di imposta sono manifestazioni alternative del medesimo diritto, sebbene non subordinate agli stessi presupposti.
Con riguardo alla presentazione di una dichiarazione correttiva di un errore, i giudici di legittimità hanno ricordato la recente pronuncia delle Sezioni unite (sentenza n. 13378/2016) con la quale è stato affermato che il contribuente ha sempre la possibilità di correggere errori od omissioni a proprio sfavore contenuti in una dichiarazione presentata, seguendo però spe- cifiche modalità, tra cui anche la domanda di rimborso.
Va da sé, quindi, che ove si opti per la richiesta di restituzione, quest'ultima deve rispettare le previsioni previste dalla norma.
Nella specie si trattava di un cosiddetto rimborso “anomalo”, atteso che riguardava un'imposta erroneamente versata per la quale non vi sono specifiche regole per la sua restituzione.
Pertanto risultava applicabile il più generale termine biennale di decadenza decorrente dalla data del pagamento.
La decisione è importante poiché rimarca la necessità che entro due anni il contribuente si attivi per dare evidenza del proprio diritto. La maggior parte delle pronunce di legittimità riguarda, infatti, la diversa fattispecie del termine di prescrizione, previsto in dieci anni. Ne consegue che solo quando il contribuente ha esternato il proprio diritto, sia esso di detrazione o di rimborso dell'Iva, può decorrere il termine decennale di prescrizione ordinariamente previsto.
I tempi per la domanda decorrono dal versamento