Pubblicità e ricerca, costi spesati nell’anno in cui si sostengono
pCosti di pubblicità e di ricerca non più capitalizzabili nel bilancio 2016, con effetti “flessibili” nella fase transitoria di passaggio tra vecchia e nuova impostazione contabile per i costi capitalizzati nei bilanci precedenti al 2016. Dal bilancio 2016, la voce B.I.2 dello stato patrimoniale non include più i costi di pubblicità che vanno spesati per intero nell’esercizio di sostenimento. Tuttavia, quelli già capitalizzati possono essere riclassificati nella voce dei costi di impianto e ampliamento se soddisfano i requisiti ora previsti per la capitalizzazione degli stessi. Si deve quindi trattare di costi legati a una fase di start up o connessi ad una nuova costituzione oppure sostenuti per un nuovo business, processo produttivo o differente localizzazione. Se esistono queste condizioni i costi di pubblicità capitalizzati prima del 2016, in corso di ammortamento, possono continuare a esserlo fra i costi di impianto e ampliamento, riclassificandoli dalla voce B.I.2 alla voce B.I.1. Alle stesse condizioni sono capitalizzabili i costi sostenuti dal 2016. In caso contrario, i costi sostenuti prima del 2016 e capitalizzati devono essere eliminati e gli effetti dovranno essere rilevati in bilancio retroattivamente, ai sensi dell’Oic 29, con imputazione a patrimonio netto.
Costi di ricerca
Per quanto riguarda i costi di ricerca, anche questi non sono più capitalizzabili, inclusi quelli in corso di ammortamento. Dai bilanci 2016 sono capitalizzabili solo i costi di sviluppo ma, anche in questo caso, per la fase transitoria è adottata una soluzione “flessibile” in quanto fa rientrare i costi di ricerca applicata in corso di ammortamento tra i costi di sviluppo, se soddisfano le condizioni richieste per le spese di sviluppo. In caso contrario, i costi di ricerca applicata vanno eliminati con applicazione retroattiva degli effetti. I costi di sviluppo non devono più essere ammortizzati entro un periodo di 5 anni, ma in funzione della loro vita utile. Soltanto nei casi eccezionali in cui la determinazione della vita utile risulti impossibile è fissato un limite inderogabile di cinque anni.
Le modifiche introdotte alle regole di bilancio possono avere effetti anche ai fini tributari. In assenza di previsioni normative che regolino i riflessi fiscali della nuova impostazione di bilancio, la soluzione maggiormente condivisibile è quella di una piena applicazione del principio di derivazione del reddito imponibile dalle risultanze di bilancio, in modo che tali spese risultino deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio. Così facendo, una spesa di ricerca o di pubblicità imputata a conto economico nell'esercizio di sostenimento costituirebbe integralmente costo di periodo anche ai fini fiscali. Si tratta di una soluzione già adottata dalle Entrate in sede di interpretazione dell’articolo 108 Tuir; secondo tale indirizzo, l’impostazione contabile assume rilevanza anche ai fini tributari e se il costo è interamente imputato al conto economico non è possibile rateizzarlo sotto il profilo reddituale. Il principio di derivazione, quindi, “travalica” quello della competenza derivante dagli articoli 109, comma 4, lettera a) e 108, commi 1 e 2 Tuir.
Un intervento normativo è comunque auspicabile in quanto consentirebbe di respingere le obiezioni che potrebbero essere sollevate in merito all’accoglimento del suddetto principio di derivazione in quanto non coerente con la clausola di invarianza del gettito di cui all’articolo 11 Dlgs 139/2015, a seconda della lettura che se ne fa di questa.