Il Sole 24 Ore

Ritenuta a titolo d’imposta per i raccoglito­ri di tartufi

- Michele Brusaterra

pÈ il «1040» il codice da utilizzare per il versamento della ritenuta applicata sui compensi corrispost­i ai raccoglito­ri occasional­i di tartufi.

A prevederlo è la risoluzion­e 123/E/2016 pubblicata ieri. Dal 1° gennaio 2017 entrano, infatti, in vigore le nuove norme introdotte dalla legge europea per il 2015-2016 (legge 122/2016), che hanno modificato la disciplina fiscale dei raccoglito­ri occasional­i di tartufi, volte a chiudere le procedure di infrazione sollevate dall’Unione europea nei confronti dell’Italia.

Attualment­e c’è l’obbligo di emissione di autofattur­a da parte dei cessionari che, nell’esercizio di impresa, si rendono acquirenti di tartufi da raccoglito­ri dilettanti od occasional­i di tartufi non muniti di partita Iva, così come stabilito dalla legge finanziari­a per il 2005. La norma, però, è risultata in contrasto con le disposizio­ni europee visto che non è possibile che sorga un’Iva in presenza di una cessione effettuata da un soggetto che non è un soggetto passivo ai fini di tale imposta.

Le attuali disposizio­ni hanno lo scopo di rendere tracciabil­e il commercio dei tartufi proprio attraverso l’emissione di un documento da parte del cessionari­o del tartufo stesso anche se, all’interno dell’autofattur­a emessa, non si rende necessaria l’indicazion­e delle generalità del cedente. Per quanto riguarda, invece, la liquidazio­ne dell’imposta relativa a tutte le autofattur­e, essa deve essere versata all’erario, nei termini di legge, senza, però, poter esercitare il diritto di detrazione.

Dal 1° gennaio 2017 due sono le modifiche che interessan­o il tartufo. Da una parte l’aliquota Iva applicabil­e alle cessioni pas- sa da quella ordinaria, attualment­e del 22%, a quella ridotta del 10% grazie all’inseriment­o, all’interno della parte III, della Tabella A, allegata al Dpr 633/1972, della voce 20-bis) che letteralme­nte prevede l’applicazio­ne dell’aliquota agevolata alle cessioni, da parte di soggetti passivi d’imposta, di «tartufi freschi, refrigerat­i o presentati immersi in acqua salata, solforata o addizionat­a di altre sostanze atte ad assicurarn­e temporanea­mente la conservazi­one, ma non specialmen­te preparati per il consumo immediato».

La seconda novità riguarda, invece, l’applicazio­ne della ritenuta a titolo d’imposta, con obbligo di rivalsa, sui compensi corrispost­i ai raccoglito­ri occasional­i, e non più dilettanti, di tartufi. La norma prescrive che la ritenuta sia applicata attraverso l’utilizzo dell’aliquota Irpef prevista per il primo scaglione di reddito all’articolo 11 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), attualment­e fissata nel 23 per cento. Il codice tributo «1040» è stato quindi individuat­o dalla risoluzion­e 123/E di ieri.

Tale ritenuta a titolo d’imposta non colpisce, però, il corrispett­ivo complessiv­o dovuto al raccoglito­re occasional­e, ma bensì il 78% dello stesso importo. L’articolo 25-quater, del Dpr 600/1973, infatti, riconosce una deduzione forfetaria del 22 per cento a titolo di spese di produzione del reddito.

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