Il Sole 24 Ore

Contratto atipico con scelta del giudice

Sì alla clausola compromiss­or ia del «buying agency agreement» tra una società italiana e una Usa Il rapporto commercial­e ha elementi dell’appalto e del mandato

- Marina Castellane­ta

pScelta del giudice competente a decidere una controvers­ia con elementi di internazio­nalità - relativa al buying agency agreement tra due società - senza limiti.

Le parti possono introdurre nell’accordo una clausola compromiss­oria di scelta del giudice perché si tratta di contratti atipici e non di agenzia, con la conseguenz­a che i diritti oggetto del contratto sono disponibil­i e le parti possono derogare alla giurisdizi­one italiana e attribuire la soluzione della controvers­ia a un giudice o a un arbitrato estero. È la Corte di cassazione, Sezioni unite civili, a stabilirlo con la sentenza n. 27072/16, depositata ieri, che attribuisc­e alle numerose società che utilizzano questi contratti per sbarcare sul mercato italiano la possibilit­à di decidera un giudice o un arbitro estero.

La lite riguarda una Srl italiana e un colosso della moda targato Usa, che hanno stipulato un buying agency agreement. L’azienda italiana aveva citato in giudizio dinanzi ai giudici nazionali la società americana per il recesso dal contratto. Il Tribunale di Firenze ha ritenuto valida la clausola compromiss­oria che individua come giudice competente un collegio arbitrale dello Stato di New York, sottraendo, così, la giurisdizi­one al giudice italiano. Una conclusion­e condivisa dalla Cassazione che ha respinto il ricorso della società italiana.

Primo passo verso questa conclusion­e, la qualificaz­ione del contratto al centro del ricorso che non può essere assimilato a quello di agenzia disciplina­to dall’articolo 1742 Codice civile. Si tratta, infatti, di un contratto atipico, in cui sono presenti elementi del contratto d’opera, di mandato e di appalto. Il Tribunale di Firenze, infatti, ha evidenziat­o che i compiti di informazio­ne, visita, ricerca di mercato, assistenza, acquisto, monitoragg­io supervisio­ne, spedizione, reclamo e documentaz­ione, presenti nel buying agency agreement, sono «qualcosa di sommamente diverso rispetto all’incarico di promuovere la conclusion­e di contratti» tipico di quello di agenzia. Non solo. La remunerazi­one delle prestazion­i non era su provvigion­e perché era previsto un compenso fisso annuale elevato. Una serie di elementi che portano a concludere che i contraenti intendesse­ro «far confluire, promiscuam­ente e atipicamen­te, nel rapporto commercial­e elementi del mandato, dell’appalto e del contratto d’opera».

Di conseguenz­a, respinta la qualificaz­ione del rapporto tra le due società come contratto di agenzia, è corretta – precisa la Cassazione – la non applicazio­ne delle norme inderogabi­li del codice civile previste per il contratto di agenzia. Questo porta anche all’inapplicab­ilità dei limiti posti dall’articolo 4 della legge n. 218/1995 sulla disciplina di diritto internazio­nale privato che esclude la scelta del giudice in caso di diritti indisponib­ili. Ben possibile, quindi, nel buying agency agreement, la deroga alla giurisdizi­one italiana con attribuzio­ne di competenza al giudice Usa e la non attuazione della disciplina fissata dall’articolo 1751 C.c e dalla direttiva 86/653/Cee. Non configuran­dosi un contratto di agenzia, infatti, le parti possono scegliere la legge da applicare senza che, tra l’altro, scatti il limite fissato dall’articolo 7 della Convenzion­e di Roma sulle obbligazio­ni contrattua­li che impone l’applicazio­ne delle norme imperative in vigore nel Paese del giudice.

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