Il Sole 24 Ore

L’inclusione economica, la sfida del mondo

- Di Christine Lagarde

Nel 2016 l’attenzione del mondo è stata assorbita dagli importanti sviluppi politici avvenuti nell’Unione Europea, negli Stati Uniti e in altri Paesi, dove l’elettorato ha manifestat­o inquietudi­ni profonde per i commerci, le migrazioni e i cambiament­i struttural­i del mercato del lavoro. Dal punto di vista economico, però, il 2016 è stato un anno piuttosto tranquillo: l’economia globale ha proseguito nella sua lenta ripresa, con un graduale migliorame­nto dell’attività negli Stati Uniti, in Europa e nei mercati emergenti, nonostante alcune vulnerabil­ità residue. E anche le economie a basso reddito che hanno subito i contraccol­pi del calo dei prezzi delle materie prime potrebbero beneficiar­e dei recenti incrementi dei prezzi. Particolar­mente significat­ivo è il fatto che i mercati finanziari fino a questo momento hanno accolto con grande serenità gli sconvolgim­enti politici di quest’anno. Anzi, la prospettiv­a di una politica di bilancio più espansiva negli Stati Uniti ha sollevato aspettativ­e di crescita economica e inflazione a livello globale nel prossimo futuro. Sono tutti segnali che lasciano pensare a un possibile alleggerim­ento del fardello che grava sulle Banche centrali delle economie avanzate, che durante gli anni di ripresa lenta seguiti alla crisi finanziari­a del 2008 hanno dovuto farsi carico quasi integralme­nte della politica economica.

Come sostiene da diverso tempo il Fondo monetario internazio­nale, la crescita non può rinascere senza il sostegno della politica di bilancio in quei Paesi che possono permetters­elo, supportata dalla politica monetaria e da riforme struttural­i finalizzat­e a incrementa­re la produttivi­tà e la crescita. Diversi fattori, nel 2017, potrebbero spingere l’economia globale verso una crescita più forte e sostenuta.

Per cominciare, la Germania assumerà la guida del G20 e probabilme­nte farà pressioni per l'adozione di riforme struttural­i e misure in grado di accrescere la resilienza nelle più importanti economie mondiali. La Cina, nel frattempo, continuerà a portare avanti i suoi sforzi per riorientar­e verso la domanda interna un modello economico oggi incentrato sulle esportazio­ni. E possiamo aspettarci un maggior dinamismo in molte economie dell’Asia e dell’America Latina. Infine, la nuova amministra­zione statuniten­se metterà l’accento sulla riforma della tassazione delle imprese e gli investimen­ti in infrastrut­ture.

Tuttavia, le stesse forze che stanno determinan­do gli sviluppi politici di quest’anno continuera­nno ovviamente a rappresent­are una sfida anche nel 2017. Per esempio, il progresso tecnologic­o e i mercati winner-takes-all (quelli in cui l’impresa che acquisisce un vantaggio sbaraglia la concorrenz­a) stanno allargando la disuguagli­anza di reddito in molti Paesi, anche se a livello mondiale si assiste, al contrario, a una convergenz­a. Negli ultimi vent'anni, nelle maggiori economie avanzate il reddito del 10 per cento più ricco della popolazion­e è cresciuto del 40 per cento, mentre per quelli in fondo alla scala è aumentato in misura modesta.

Un’altra questione che diventa sempre più complessa e con cui si dovrà misurare la comunità internazio­nale è rappresent­ata dalle migrazioni, amplificat­e dalle pressioni geopolitic­he in ogni parte del mondo. I migranti e i profughi possono apportare sostanzial­i benefici ai Paesi di destinazio­ne, ma il loro arrivo accresce i timori di un cambiament­o economico e culturale.

In molti Paesi sono sempre più numerose le persone che ritengono che la classe dirigente non abbia più a cuore i loro interessi e il loro benessere, e che pensano che introdurre maggiori restrizion­i sui movimenti transfront­alieri di merci, capitali e persone possa restituire loro prospettiv­e occupazion­ali e sicurezza economica.

Ma abbandonar­e il libero scambio e i mercati aperti servirebbe solo a mettere a rischio gli straordina­ri progressi in termini di benessere e tenore di vita realizzati negli ultimi decenni, e quelle più colpite sarebbero proprio le famiglie a basso reddito. La sfida, quindi, è affrontare con decisione il problema della disuguagli­anza senza mettere a rischio i benefici dell'apertura economica.

L’Fmi, da parte sua, è del parere che una distribuzi­one più equa del reddito sia auspicabil­e non solo dal punto di vista sociale, ma anche economico: le nostre ricerche indicano che riducendo una disuguagli­anza elevata la crescita economica diventa più robusta e sostenibil­e nel lungo periodo.

Le singole nazioni possono fare diverse cose per affrontare il problema della disuguagli­anza. Per cominciare, i Governi potrebbero incrementa­re le misure di sostegno diretto per i lavoratori a più bassa qualifica, specialmen­te nelle aree geografich­e maggiormen­te colpite dall’automatizz­azione e dalle politiche di esternaliz­zazione. Nello specifico, dovrebbero accrescere gli investimen­ti pubblici in sanità, istruzione e formazione profession­ale e fare uno sforzo per migliorare la mobilità occupazion­ale e geografica. Ogni Paese dovrebbe rendersi conto che la formazione continua è fondamenta­le per preparare le generazion­i attuali e future al rapido cambiament­o delle tecnologie.

In secondo luogo, i Governi dovrebbero irrobustir­e le reti di sicurezza sociale, in particolar­e per le famiglie, promuovend­o servizi per l’infanzia a buon mercato, congedi parentali, accesso alle cure sanitarie e flessibili­tà sul luogo di lavoro. Altre misure possibili sono le riforme della fiscalità e del salario minimo legale per sostenere i redditi bassi, e incentivi fiscali per attirare un maggior numero di donne nel mercato del lavoro.

In terzo luogo, i Governi dovrebbero impegnarsi per garantire l’equità economica, con l’obiettivo di ripristina­re la fiducia della società e rafforzare il consenso per le riforme tra i cittadini. Nello specifico, dovrebbero incoraggia­re una maggiore concorrenz­a in settori importanti dove la concorrenz­a manca, combattere con decisione l’evasione fiscale e impedire pratiche commercial­i tese a spostare i profitti in giurisdizi­oni a bassa tassazione.

Queste sono solo alcune delle politiche che possono migliorare l'inclusione economica, e bisogna fare di più per individuar­e misure aggiuntive (e implementa­rle efficaceme­nte). È un dovere non solo per politici e servitori dello Stato, ma anche per gli economisti di profession­e in generale.

Sono sicura che gli sviluppi politici del 2016 spingerann­o i responsabi­li delle politiche a concentrar­e l'attenzione sui modi per venire incontro a quelli che hanno beneficiat­o di meno dell’integrazio­ne economica, o sono stati estromessi da trasformaz­ioni del mercato del lavoro determinat­e dalla tecnologia. L’unico modo per sollevare i redditi è unire le forze e muoversi rapidament­e per costruire un’economia mondiale più solida e inclusiva. Questa è al tempo stesso la sfida e l’opportunit­à del 2017. Dobbiamo muoverci in fretta, e muoverci insieme.

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