Il Sole 24 Ore

Montepasch­i torna ai bond: due emissioni entro febbraio

Pr imi passi ier i in cda per il nuovo piano industrial­e in vista del confronto con la Bce Per gli Npl si studia la «bad bank» aperta ad altre banche

- Marco Ferrando u

Nel cda di ieri del Montepasch­i si è fatto il punto sul nuovo piano industrial­e che andrà negoziato prima con la Bce e poi con la Commission­e Ue. La versione definitiva sarà pronta in un paio di mesi. Intanto, con la garanzia pubblica, prepara l’emissione di un primo bond, previsto a gennaio, la seconda uscita è attesa per febbraio.

Liquidità e Npl. Il presente e l’immediato futuro sul tavolo di una seduta “virtuale” del board che ieri pomeriggio ha visto collegati quasi tutti i consiglier­i del Monte dei Paschi.

Il ceo Marco Morelli e il cfo Francesco Mele hanno aggiornato il cda sul lavoro svolto fin qui e sulle prossime tappe che aspettano la banca: punto di partenza, dunque, la liquidità, indicatore da monitorare con attenzione vista la fuga dei depositi delle scorse settimane, e l’ambizione di rimettere in circolo i 15 miliardi persi nell’ultimo anno. Da ieri la banca dispone delle garanzie pubbliche sulle future emissioni, un lasciapass­are che sarà utilizzato molto presto: appena superati i giorni festivi, non certo adatti per collocare un titolo obbligazio­nario, il Monte conta di piazzare subito un primo bond, a cui dovrebbe seguirne un secondo nel mese di febbraio. Caratteris­tiche e ammontare sarebbero in fase di studio, certo è che per la banca si tratta di ritornare su un mercato dove l’ultima operazione degna di nota risale al novembre 2015, quando Rocca Sa- limbeni approfitta­ndo delle condizioni (allora) ottimali del mercato del credito aveva collocato due bond in un mese. L’ultimo dei quali, un covered inizialmen­te da 750 milioni di euro, raccolse una domanda come non se vedeva da tempo per 1,6 miliardi, tanto da convincere l’istituto ad innalzare l’offerta a un miliardo di euro. Altri tempi, per il Monte e non solo: ora l’aria è molto più pesante e dunque si sta studiando il ritorno sul mercato con estrema attenzione.

Ma ieri, secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, si sarebbe fatto il punto anche sul piano industrial­e, che andrà negoziato prima con la Bce - da cui non si esclude di avere uno sconto sul fabbisogno di 8,8 miliardi - e poi con la Commission­e europea, a cui spetta l’ultima parola sull’intervento dello Stato. La versione definitiva, in sostanza una rivisitazi­one più incisiva del piano di ottobre, sarà pronta tra un paio di mesi, ma le prime bozze sono attese per inizio gennaio: è su questo documento che dovrebbe avviarsi l’interlocuz­ione con Francofort­e, dove il ceo Marco Morelli è atteso in una data ancora da fissare.

Punto centrale, ovviamente, gli Npl. Saltata la cartolariz­zazione del piano privato, saltato - nei fatti - il contributo di Atlante (per lo meno nella misura prevista in estate), il Monte deve ripartire da capo. Sapendo che potrà sfruttare una dotazione di capitale decisament­e superiore alle attese, visti gli 8,8 miliardi che entreranno in pancia, ma al tempo stesso dovrà muoversi con decisione sulla strada della redditivit­à, in modo da consentire una permanenza dello Stato limitata allo stretto necessario. Come accennato nei giorni scorsi, le possibili soluzioni sugli Npl sono diverse, e vanno dalla cessione per pacchetti alla autocartol­arizzazion­e, fino alla gestione interna. In questo ambito, però, secondo quanto si apprende, si starebbe valutando anche un altro schema, di portata potenzialm­ente molto più ampia. Il vertice della banca, in sostanza, starebbe studiando la creazione di una bad bank a cui cedere gli Npl in cambio di azioni da assegnare ai propri azionisti (in gran parte lo Stato); in pratica, un veicolo che in fasi successive potrebbe poi aprirsi ad altre banche, che a loro volta potrebbero contribuir­e apportando Npl e ricevendo in cambio azioni del veicolo. Un disegno che sicurament­e potrebbe trovare l’appoggio del Tesoro, perché si trova a metà tra una soluzione privata (che peraltro aveva approfondi­to Equita in un report di aprile) e il vecchio progetto di bad bank “di sistema” per mesi oggetto di una trattativa con Bruxelles approdata poi alle sole Gacs. In questo caso, si ragiona tra Siena e Via XX Settembre, si tratterebb­e però del progetto di una banca, il cui controllo pubblico - a tempo - non sarebbe un elemento determinan­te.

Ieri il cda ha preso atto delle dimissioni del consiglier­e Christian Whamond.amo

IERI IL CDA Attivate le garanzie pubbliche sulle nuove emissioni: in arrivo due bond entro la fine di febbraio per ripristina­re la liquidità

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