Il Sole 24 Ore

Borse, 2016 in rosso solo per Milano e Madrid

Lo sprint finale dei finanziari riduce solo in parte le perdite di Piazza Affari

- Maximilian Cellino, Sissi Bellomo, Marco Valsania

Il 2016 delle «sorprese», così come è stato ricordato da commentato­ri e analisti finanziari, rischia di passare alla storia per Piazza Affari com el’ annushorri­bilis delle banche: non cert oil primodella storia, ci si augura almeno sia l’ultimo in virtù dell’intervento dello Stato che pone le basi per il salvataggi­o del Mps e creare una rete di protezione per gli altri istituti in difficoltà. E con un settore bancario che in Borsa ha perso il 38% del suo valore in soli dodici mesi non stupisce trovare il Ftse Mib con il suo -10,2% in coda fra gli indici d’Europa e in generale fra i listini che contano a livello mondiale, se si esclude Shanghai: l’esatto contrario di un anno fa, quando di questi tempi si «festeggiav­a» una Borsa italiana in cima alla classifica.

Non sono dunque stati sufficient­i il recupero dei titoli del settore petrolifer­o e la sostanzial­e tenuta delle utility (gli altri due comparti di peso a Milano) per evitare una debacle che ha ridotto la capitalizz­azione di Piazza Affari a 524,9 miliardi, cioè il 31,9% del Pil. E il bilancio sarebbe stato ancora più pesante senza l’ ultimo mese in cui si sono visti i titoli finanziari recuperare il 20% e il listino generale il 13%, a testimonia­nza di quanto appunto il 2016 sia stato ca- ratterizza­to da continue sorprese e repentini cambi di direzione.

Partito a gennaio con il grande spavento legato alla Cina e al crollo del petrolio, l’anno è poi proseguito con l’espansione del quantitati­ve easingdell­a Bceamarzoe soprattutt­o con gli esiti inattesi delle principali sfide elettorali( la Brex it in Gran Bretagna e l’ascesa di Donald Trump alla Casa Bianca, con il corollario del «no» al referendum costituzio­nale italiano) che il mercato è però altrettant­o a sorpresa riuscito a mettere da parte dopo unos bandamento iniziale.

È così che a Wall Street si è potuto festeggiar­e un altro anno di record per la Borsa (+9,9% l’S&P 500) e altrettant­o si è fatto a Londra (+14,4% il Ftse Mib, ma con una sterlina che nel frattempo si è fortemente deprezzata). Nell’Europa Continenta­le sono invece rimaste sostanzial­mente a galla Parigi (+4,8%) e Francofort­e (+6,9%), mentre anche Madrid (-2%) ha dovuto pagare dazio all’esposizion­e nei confronti del comparto finanziari­o pur senza raggiunger­e i livelli di Milano.

Il 2016 rischia però di passare alla storia anche come un anno di svolta per le Banche centrali e di riflesso anche per tassie obbligazio­ni. Detto dell’ accelerazi­one impressa da Ma- rio Draghi a marzo, occorre invece rilevare il cambiament­o di strategia della Banca del Giappone, che a settembre ha deciso di concentrar­si più sul controllo del tasso decennale che sull’immissione di nuova liquidità. Tutto ciò, unito al parziale passo indietro della stessa Bce sull’ammontare di riacquisti mensili (ridotto da 80 a 60 miliardi dal prossimo aprile) e all’ atteggiame­nto potenzialm­ente più aggressivo della Federal Reserve sotto la nuova era Trump, ha convinto gli investitor­i che l’era dei tassi zero (o negativi) sia ormai prossima alla fine.

Il mercato si sta regolando di conseguenz­a sui tito lidi Stato, i cui rendimenti sono in crescita sulle scadenze più lunghe e hanno limato i guadagni realizzati soprattutt­o nell’Eurozona nei primi 9 mesi dell’anno, mentre per il momento le Borse sembrano più guardare con fiducia agli effetti chele attese misure distimolo fiscale dell’ amministra­zione Trump potrebbero portare sulla crescita Usa e a cascata sul resto del mondo. Un 2017 in cui le sorprese rischiano di essere ancora dietro l’angolo, visti anche gli importanti appuntamen­ti elettorali in calendario, dirà se l’ottimismo visto nelle ultime settimane è giustifica­to.

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