Il Sole 24 Ore

Popolari e Dta i nodi ancora da sciogliere

- L. Ser.

Il 2016 si chiude lasciando aperti importanti dossier che coinvolgon­o banche grandi e piccole. L’attenzione del sistema bancario e del credito cooperativ­o, oltre che sulle note vicende di Mps, era concentrat­o su alcuni attesissim­i provvedime­nti destinati a entrare dapprima nel decreto Salva-risparmio e poi nel decreto Milleproro­ghe approvato giovedì scorso. Le aspettativ­e sono andate deluse e a farne il conto saranno i bilanci della banche e le sorti di due banche popolari, Sondrio e Bari, che hanno sconvocato nei giorni scorsi le rispettive assemblee per la trasformaz­ione in Spa.

Per la banche di maggiori di- mensioni erano stato elaborato un emendament­o destinato a fare chiarezza sulla contabiliz­zazione del canone versato a luglio per le Dta (deferred tax assets), le imposte differite attive. Il tema era stato oggetto nei mesi scorsi di un serrato confronto con la Commission­e europea, che aveva avanzato rilievi sulla compatibil­ità delle trasforma- zioni in crediti di imposta delle Dta con le norme sugli aiuti di Stato. La questione era stata superata prevedendo (per le imposte anticipate ma non versate) il pagamento di un canone entro il luglio scorso. Quel canone era stato però versato a titolo di acconto: l’emendament­o di cui si attendeva l’approvazio­ne prevede la contabiliz­zazione, invece, come saldo, fornendo un elemento di chiarezza in fase di redazione dei bilanci.

Le banche di credito cooperativ­o aspettavan­o, invece, che fosse superata la discrimina­zione che si era venuta a creare, per effetto di un incrocio di varie norme, con le altre banche perchè a loro non viene consentito di trasformar­e le Dta in credito di imposta. «Le altre banche – hanno scritto mercoledì scorso in un appello al governo i rappresent­anti di Confcooper­ative e di Federcasse – possono utilizzare le Dta senza limitazion­i e con possibilit­a di trasformar­le in ogni caso in crediti d’imposta. Le Bcc subiscono invece limitazion­i alla conversion­e».

Per le Bcc il Milleproro­ghe era l’ultimo veicolo normativo che potesse consentire la correzione. Adesso la strada si fa più in salita: anche nell’eventualit­à che la correzione possa essere introdotta attraverso un emendament­o proposto dal Parlamento in sede di conversion­e del decreto, comporta che la possibilit­à di trasformar­e le Dta abbia un effetto retroattiv­o per essere contabiliz­zata nei bilanci 2016 e questo espone comunque a rischi.

Il capitolo popolari è forse il più complesso e dalle implicazio­ni politiche più rilevanti. Come è noto, l’intervento del Consiglio di Stato, dei tribunali civili di Milano e Bari e un primo pronunciam­ento della Consulta sulla riforma nel corso di dicembre hanno reso il completame­nto del percorso di trasformaz­ione in Spa delle popolari in un percorso a ostacoli. Il passaggio a Spa è stato sospeso dal Consiglio di Stato fino al 12 gennaio, ma è improbabil­e - dopo che la Consulta ha respinto l’eccezio- ne di incostituz­ionali sull’utilizzo della decretazio­ne di urgenza - che la sospension­e resti in vigore oltre quella data. Resterà sospesa, invece, solo la disciplina del recesso, nella parte in cui veniva consentito di non rimborsarl­o a chi lo avesse esercitato o a pagarlo solo in parte. Il sistema contava su una proroga da parte del governo dei termini (scadevano lo scorso 27 dicembre) per la trasformaz­ione in attesa del prossimo pronunciam­ento della Consulta. Ma non è da escludere che l’esecutivo non intenda dare la proroga per spingere comunque le due banche intanto a completare la trasformaz­ione. Ora i due istituti sono in mezzo al guardo: dal 13 gennaio rischiano di vedersi revocare la licenza bancaria.

IL TEMA PIÙ SPINOSO Il termine per la trasformaz­ione in Spa è scaduto il 27 dicembre e non è stato prorogato ma sulla questione pende sempre il giudizio della Consulta

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