Cassazionisti, regole alla Consulta
Un lavoratore non aveva dichiarato l’allontanamento per giusta causa
pÈ illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato nei confronti di un lavoratore che ha omesso di dichiarare, nell’ambito di un questionario aziendale sulle pregresse esperienze lavorative, un rapporto di lavoro che si era concluso con provvedimento disciplinare espulsivo.
La Corte di cassazione ha espresso questo principio con sentenza 27585/2016, nella quale ha osservato che la reticente dichiarazione resa dal lavoratore in sede di assunzione non è idonea a elidere il vincolo fiduciario alla base del rapporto di lavoro, in quanto nei due anni in cui il contratto ha avuto esecuzione il dipendente ha tenuto una condotta diligente e corretta.
Il fatto sul quale è stata chiamata a pronunciarsi la Cassazione è relativo al licenziamento di un dipendente addetto alle mansioni di esattore, il quale, dopo due contratti a tempo determinato, è stato assunto a tempo indeterminato a fronte della sottoscrizione di un verbale di conciliazione in sede sindacale. Nella conciliazione il dipendente ha formulato, a fronte della stabilizzazione del rapporto di lavoro, rinunce tombali rispetto a ogni pretesa riconducibile ai contratti a termine.
Solo in seguito la società ha realizzato che il lavoratore, in occasione di un precedente rapporto, era stato licenziato per giusta causa. Poiché il dipendente non ne ha fatto menzione nel questionario aziendale sulle sue pregresse esperienze lavorative, la società ha ritenuto irrimediabilmente leso il vincolo fiduciario e deciso, pertanto, l’irrogazione del licenziamento in tronco.
La Cassazione rileva che, quantunque l’omessa dichiarazione del lavoratore costituisca una infrazione rilevante sul piano disciplinare, non sussistono gli estremi per arrivare al licenziamento. Ciò in quanto, nei due anni in cui il rapporto ha avuto esecuzione, il dipendente ha tenuto un comportamento diligente e corretto.
A ulteriore conforto di questa conclusione, la Cassazione aggiunge che la stessa assunzione a tempo indeterminato, a seguito dei due precedenti contratti a termine, non è stata in al- cun modo influenzata dalla dichiarazione reticente resa nel questionario aziendale. Il contratto a tempo indeterminato è il frutto, infatti, delle rinunce espresse dal lavoratore con il verbale di conciliazione in sede sindacale rispetto a possibili rivendicazioni sulla validità dei due precedenti contratti a termine intercorsi con la società.
Sulla scorta di questa ricostruzione, la Cassazione conclude che l’assunzione a tempo indeterminato è intervenuta per ragioni del tutto estranee rispetto alle passate esperienze professionali del lavoratore, essendo unicamente da ricollegare alla volontà datoriale di evitare contestazioni rispetto alla attivazione iniziale del rapporto di lavoro in forza di contratti a termine. Il licenziamento risulta, dunque, privo dell’essenziale requisito di giusta causa.
L’infrazione non comporta la conseguenza più severa