Cassazionisti, parola alla Consulta
pNel percorso d’ammissione al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori non tutti gli avvocati sono uguali: quelli abilitati in Italia sono discriminati rispetto ai colleghi abilitati all’estero e stabiliti nel nostro Paese. Ciò in violazione, tra l’altro, del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione.
È quanto ha ritenuto, con ampia motivazione, il Tar Lazio che, con ordinanza n. 12856 dello scorso 29 dicembre, in risposta ad un nutrito gruppo di avvocati costituitisi in giudizio, ha rimesso alla Consulta la valutazione di costituzionalità della vigente disciplina introdotta dall’articolo 22 della legge 247/12 (“Riforma della profes- sione forense”).
La disciplina sospettata d’incostituzionalità introduce due alternative per acquisire l’abilitazione al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori: a) sostenere un esame, decorsi cinque anni dall’iscrizione all’Albo professionale, oppure b) decorsi otto anni di iscrizione all’Albo, la frequenza di un corso svolto dalla Scuola superiore dell’avvocatura e superamento dell’esame finale.
Il Consiglio Nazionale Forense, a cui è rimesso un potere regolamentare, non ha mancato di prevedere ulteriori requisiti, rendendo ben gravoso il processo di ammissione all’Albo Speciale dei patrocinanti dinanzi alle giurisdizioni superiori.
Fin qui, nulla di male. Ciò che i ricorrenti lamentano è che, a fronte di tale articolata disciplina, gli avvocati, abilitati in altri Paesi europei e stabiliti in Italia, godono, invece, di un regime ben più favorevole. A questo riguardo, i ricorrenti sottolineano come i professionisti europei possano iscriversi all’Albo Speciale, previa dimostrazione «di avere esercitato la professione di avvocato per almeno dodici anni in uno o più degli Stati membri, tenuto conto anche dell’attività professionale eventualmente svolta in Italia».
Quindi dopo dodici anni d’attività professionale l’avvocato stabilito può iscriversi all’Albo Speciale fregiandosi del relativo titolo; mentre all’avvocato italiano è sempre preclusa tale facoltà, dovendo, invece, sostenere un iter formativo con relativo esame finale. Il Tar, in accoglimento delle doglianze dei ricorrenti, ha ritenuto che la legge 247/12 determini una discriminazione “a contrario” nei confronti degli avvocati italiani, nonché una regolamentazione del tutto sbilanciata che non trova alcuna giustificazione e che appare solo figlia di un difetto di coordinamento tra diverse norme che si sono succedute nel tempo trascurando di assicurare una uniformità di trattamento.
La questione è stata quindi sottoposta alla Corte costituzionale, chiamata a decidere se effettivamente la disciplina in questione violi, tra l’altro, il principio di uguaglianza, ponendosi così in contrasto con il dettato costituzionale.
I riferimenti per alcuni settori
Operazioni oltre 18 mesi Annotazioni
LEGGE 1760/28 - CREDITO AGRARIO DI ESERCIZIO
Operazione di durata superiore a 12 mesi
LEGGE 1760/28; 153/75 - CREDITO AGRARIO DI MIGLIORAMENTO
Contratti condizionati stipulati nel 2010 Contratti definitivi stipulati nel 2010, relativi a contratti condizionati stipulati sino al 2009
LEGGE 326/68 - CREDITO TURISTICO ALBERGHIERO
Operazione di durata superiore a 18 mesi