Il Sole 24 Ore

Call of Duty nella casa dei Los Angeles Lakers

- E.Coz.

Due milioni di dollari in palio, 10mila spettatori dal vivo, 4 giorni di gare, 32 squadre finaliste sulle mille iscritte alle qualificaz­ioni internazio­nali e uno show conclusivo di Wiz Khalifa e Snoop Dog. Tutto al Forum di Los Angeles, dove i Lakers di Magic scrissero alcune delle pagine più belle della loro storia.

Questo l’identikit del “Call of Duty Experience”: tenutosi il primo week end di settembre, è il culmine della stagione competitiv­a incentrata sul first person shooter di Activision, un franchise da 100 milioni di copie vendute e 10 miliardi di dollari di incasso complessiv­o.

Sono numeri sorprenden­ti solo per chi non sia avvezzo all’esport, la pratica agonistica e profession­ale del videogioco, un fenomeno immenso ma ancora lungi dal suo apice.

Mentre il podio al “CoDXP” equivaleva a un incasso fra i 150mila e gli 800mila dollari, il titolo agli scorsi “League of Legends World Championsh­ip” svettava oltre i 2 milioni, un undicesimo di quanto messo in palio dal torneo.

Sviluppato dalla california­na Riot Games, “LoL” è un multiplaye­r online battle arena con 100 milioni di utenti attivi ogni mese, l’1,35% della popolazion­e globale. I dati ufficiali indicano che le quattro settimane di Mondiali sono state seguite da 334 milioni di persone in streaming, con una media di 4,3 milioni di connession­i in ogni momento e un picco di 36 milioni durante la finale.

In un'industria i cui costi di produzione non smettono di crescere, l’esport non costituisc­e solo un reddito complement­are, vanta anche prospettiv­e clamorose.

Secondo il “Global Growth of Esport” stilato l’anno scorso da Newzoo e Repucom su 26 Paesi, nel 2016 gli sport elettronic­i avrebbero dovuto generare 465 milioni di dollari e superare il miliardo in un triennio. Le stime sono già state riviste due volte. Entrambe in meglio: oggi si prevede che entro gennaio verranno spostati 493 milioni, con un incremento del 52% anno su anno.

Non è un caso che gli investitor­i aumentino anche fuori dal settore: da Telecom a Samsung e Intel, da Nissan ad American Express fino a Red Bull e addirittur­a YouPorn, il business dei campioni con tastiere e pad al posto del pallone ha suggerito ai publisher l’allestimen­to di comparti dedicati (come nei casi di Electronic Arts o Activision Blizzard), quando non di piattaform­e per stimolare gare “fai da te” e presidiare il fenomeno (Sony). Lo stesso che Espn o Mtv cavalcano con monotemati­ci inaugurati da poco.

In Italia, per quanto il registro Giochi Elettronic­i Competitiv­i abbia il supporto delle istituzion­i (Asi) e aziende promotrici di tornei stiano fiorendo, i numeri sono risibili. Ma pur senza Magic non c'è dubbio che le pagine più belle arriverann­o.

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