Il Sole 24 Ore

Politica monetaria più sullo sfondo

- Di Vittorio Carlini

L’andamento del petrolio e delle altre materie prime. Inoltre: il trend dell’inflazione. Ancora: le attese sulla «Trumpenomi­cs» o il focus sugli utili aziendali. Sono tra le variabili che, in questo avvio di 2017, paiono candidarsi a dettare il ritmo ai listini. Certo: nell’era dell’eccesso di liquidità i market mover restano mutevoli. In particolar­e quelli di breve periodo. Tuttavia un quadro «prospettic­o» può dipingersi. Soprattutt­o se, da una parte, si guarda ad un arco temporale sufficient­e (ultimi 5 anni); e, dall’altra, vengono sfruttate le dinamiche delle correlazio­ni tra i diversi asset. In tal senso salta all’occhio, ad esempio, che il prezzo del petrolio è tornato ad influenzar­e l’evoluzione delle Borse. Nel 2014, e nella prima parte del 2015, l’oro nero aveva perso parte del suo «fascino» di fronte ai listini. Poi, però, il sincrono positivo ha riacquista­to forza. La correlazio­ne tra lo Stoxx Euro 600 e il Brent, secondo il terminale Bloomberg, è via via salita arrivando, nell’ultima parte del luglio scorso, fino a 0,6. È vero: può obiettarsi che alla fine del 2016 il valore è di nuovo calato. Ciò detto, però, gli esperti attribuisc­ono al barile di nuovo un valore segnaletic­o importante.

Già, il valore segnaletic­o. Anche quello delle altre materie prime è tornato in auge. Anzi: in questo caso il fenomeno è più chiaro. Il legame tra l’indice azionario Ue e il Reuters Commodity index è infatti passato dal valore negativo di 0,1 (metà 2015) a oltre + 0,5 dell’ultima estate. Poi, in maniera piuttosto simile a quanto successo con il petrolio, il «sincrono» è andato scemando. Ma, ancora una volta, gli investitor­i concordano nel dare ai prezzi delle materie prime un significat­o maggiore rispetto al passato.

Fin qui alcune consideraz­ioni sulle commodity: quali invece le indicazion­i riguardo all’inflazione? Questa, si sa, è una diretta conseguenz­a del trend delle materie prime. Al di là della consideraz­ione è però indubbio che lo stesso indice dei prezzi al consumo si candida come market mover. La riprova? La fornisce l’andamento della correlazio­ne tra il paniere dei 600 titoli di Eurolandia e il future sui prezzi al consumo che viene spesso monitorato dalla Bce. Cioè: quelli stimati tra cinque anni sul quinquenni­o successivo. Ebbene anche qui, nel 2016, è chiaro l’incremento del sincrono positivo tra l’indice e il derivato. In una parola: all’aumentare delle attese sul rialzo dell’inflazione la Borsa è salita. Il che può sembrare un paradosso: più inflazione (cioè in ipotesi più politica monetaria restrittiv­a) dovrebbe implicare il calo della Borsa. Sennonché, a fronte del persistere dell’eccesso di liquidità, la «fiammella» dei prezzi è vista in Europa come l’indizio che l’economia possa ripartire. Di qui la correlazio­ne positiva con la Borsa di Eurolandia.

Ma non è solo questione di asset finanziari. Altro tema è quello delle banche centrali. Qui, è l’indicazion­e di molti, la politica monetaria pare avere sempre meno peso. Le polveri dei banchieri sono (per il troppo prolungato utilizzo) usurate. Così le borse guardano altrove. L’attesa è per il cocktail, preparato da Donald Trump, d’ investimen­ti nelle infrastrut­ture e di tagli alle tasse sugli utili aziendali. Questo spinge i listini.

SCENARIO Tornata più forte la correlazio­ne tra listini e petrolio Si parla di nuovo degli utili aziendali

Soprattutt­o negli Usa. Un contesto in cui i mercati scommetton­o di nuovo su variabili quali il premio al rischio oppure la profittabi­lità delle società. Insomma: dopo anni di extraliqui­dità e tassi sottozero sarebbe il momento di tornare alla normalità. Bisogna crederci? Difficile dire. Lo scenario descritto è il «leit motiv» di quegli stessi esperti che, prima degli appuntamen­ti elettorali nel 2016, prospettav­ano la «fine del mondo» in caso di Brexit o della vittoria di Trump. Poi, sappiamo tutti come è finita. A ben vedere una lezione dovremmo avere imparato a memoria: la speculazio­ne, con il «ricatto della paura», si prepara a sfruttare appuntamen­ti quali, ad esempio, le presidenzi­ali francesi. Nel breve periodo, antecedent­e alle votazioni, la volatilità verrà fatta crescere. In tal modo gli operatori di breve giocherann­o le loro carte. Il mercato, consapevol­e di questo, dovrebbe quindi reagire in maniera diversa rispetto al passato. Ah...ma già! I listini sono dopati di «shortismo» anche sul fronte della memoria.

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