Politica monetaria più sullo sfondo
L’andamento del petrolio e delle altre materie prime. Inoltre: il trend dell’inflazione. Ancora: le attese sulla «Trumpenomics» o il focus sugli utili aziendali. Sono tra le variabili che, in questo avvio di 2017, paiono candidarsi a dettare il ritmo ai listini. Certo: nell’era dell’eccesso di liquidità i market mover restano mutevoli. In particolare quelli di breve periodo. Tuttavia un quadro «prospettico» può dipingersi. Soprattutto se, da una parte, si guarda ad un arco temporale sufficiente (ultimi 5 anni); e, dall’altra, vengono sfruttate le dinamiche delle correlazioni tra i diversi asset. In tal senso salta all’occhio, ad esempio, che il prezzo del petrolio è tornato ad influenzare l’evoluzione delle Borse. Nel 2014, e nella prima parte del 2015, l’oro nero aveva perso parte del suo «fascino» di fronte ai listini. Poi, però, il sincrono positivo ha riacquistato forza. La correlazione tra lo Stoxx Euro 600 e il Brent, secondo il terminale Bloomberg, è via via salita arrivando, nell’ultima parte del luglio scorso, fino a 0,6. È vero: può obiettarsi che alla fine del 2016 il valore è di nuovo calato. Ciò detto, però, gli esperti attribuiscono al barile di nuovo un valore segnaletico importante.
Già, il valore segnaletico. Anche quello delle altre materie prime è tornato in auge. Anzi: in questo caso il fenomeno è più chiaro. Il legame tra l’indice azionario Ue e il Reuters Commodity index è infatti passato dal valore negativo di 0,1 (metà 2015) a oltre + 0,5 dell’ultima estate. Poi, in maniera piuttosto simile a quanto successo con il petrolio, il «sincrono» è andato scemando. Ma, ancora una volta, gli investitori concordano nel dare ai prezzi delle materie prime un significato maggiore rispetto al passato.
Fin qui alcune considerazioni sulle commodity: quali invece le indicazioni riguardo all’inflazione? Questa, si sa, è una diretta conseguenza del trend delle materie prime. Al di là della considerazione è però indubbio che lo stesso indice dei prezzi al consumo si candida come market mover. La riprova? La fornisce l’andamento della correlazione tra il paniere dei 600 titoli di Eurolandia e il future sui prezzi al consumo che viene spesso monitorato dalla Bce. Cioè: quelli stimati tra cinque anni sul quinquennio successivo. Ebbene anche qui, nel 2016, è chiaro l’incremento del sincrono positivo tra l’indice e il derivato. In una parola: all’aumentare delle attese sul rialzo dell’inflazione la Borsa è salita. Il che può sembrare un paradosso: più inflazione (cioè in ipotesi più politica monetaria restrittiva) dovrebbe implicare il calo della Borsa. Sennonché, a fronte del persistere dell’eccesso di liquidità, la «fiammella» dei prezzi è vista in Europa come l’indizio che l’economia possa ripartire. Di qui la correlazione positiva con la Borsa di Eurolandia.
Ma non è solo questione di asset finanziari. Altro tema è quello delle banche centrali. Qui, è l’indicazione di molti, la politica monetaria pare avere sempre meno peso. Le polveri dei banchieri sono (per il troppo prolungato utilizzo) usurate. Così le borse guardano altrove. L’attesa è per il cocktail, preparato da Donald Trump, d’ investimenti nelle infrastrutture e di tagli alle tasse sugli utili aziendali. Questo spinge i listini.
SCENARIO Tornata più forte la correlazione tra listini e petrolio Si parla di nuovo degli utili aziendali
Soprattutto negli Usa. Un contesto in cui i mercati scommettono di nuovo su variabili quali il premio al rischio oppure la profittabilità delle società. Insomma: dopo anni di extraliquidità e tassi sottozero sarebbe il momento di tornare alla normalità. Bisogna crederci? Difficile dire. Lo scenario descritto è il «leit motiv» di quegli stessi esperti che, prima degli appuntamenti elettorali nel 2016, prospettavano la «fine del mondo» in caso di Brexit o della vittoria di Trump. Poi, sappiamo tutti come è finita. A ben vedere una lezione dovremmo avere imparato a memoria: la speculazione, con il «ricatto della paura», si prepara a sfruttare appuntamenti quali, ad esempio, le presidenziali francesi. Nel breve periodo, antecedente alle votazioni, la volatilità verrà fatta crescere. In tal modo gli operatori di breve giocheranno le loro carte. Il mercato, consapevole di questo, dovrebbe quindi reagire in maniera diversa rispetto al passato. Ah...ma già! I listini sono dopati di «shortismo» anche sul fronte della memoria.