Cade l’export Ue verso la Russia
Solo negli ultimi mesi dell’anno scorso la flessione si è attenuata: Germania e Italia le economie più colpite Sanzioni e crisi economica a Mosca: in tre anni «persi» 48 miliardi di vendite
pAppena tre anni fa sarebbe stato impensabile. Vedere la Turchia sopravanzare la Russia tra i principali partner commerciali extra-Ue dell’Unione era in effetti azzardato, alla luce dei numeri 2013, ultimo anno “libero” da problemi. Quando ancora crollo del greggio, crisi con l’Ucraina, svalutazione del rublo e avvitamento dell’economia di Mosca erano di là da venire.
A tre anni di distanza i rapporti di forza si sono però ribaltati. La Turchia, che nei primi dieci mesi del 2013 assorbiva dai paesi Ue merci per 65 miliardi di euro, si è mantenuta stabile su quel livello. Mentre l’export europeo in Russia crollava mese dopo mese a doppia cifra, portando il valore totale dai 101 miliardi del 2013 (gennaio-ottobre) ai 59 odierni.
L’unica nota lieta è la decelerazione del trend al ribasso, un calo del 3,3% nel 2016 che può fare intravedere la fine del tunnel. Il bilancio resta però disastroso e prima di ritrovare i volumi persi serviranno anni di ripresa a doppia cifra.
Proiettando l’andamento attuale a fine anno l’export europeo si attesterebbe a 71 miliardi di euro, il 40% in meno rispetto al dato del 2013. I 48 miliardi persi per strada non sono evidentemente equamente distribuiti. Per la Germania, primo esportatore europeo, si tratta di un gap di 14 miliardi di euro. Al secondo posto ci siamo noi, con minori vendite per 4,2 miliardi, un calo del 39%, appena di poco inferiore alla media continentale.
In termini percentuali altrove l’impatto è stato ben superiore. Trascurando Malta, che ha visto quasi azzerare il già ma- grissimo bottino 2013 (36 milioni di euro, diventati ora solo tre) la debacle maggiore è per l’Austria, che ha visto le vendite verso Mosca ridursi del 55%, un gap di 2,3 miliardi non distante dal deficit accumulato da un esportatore ben più strutturato e robusto come la Francia.
In termini relativi l’impatto tra i paesi dell’Unione è evidentemente diverso, perché estremamente variegato è il peso che riveste la Russia all’interno degli interscambi totali.
I 14 miliardi persi dalla Germania sono tutto sommato assorbibili se prendiamo come base l'export globale tedesco, superiore ai 1000 miliardi di euro nei primi dieci mesi dell’anno.
Il peso della Russia sulle vendite oltreconfine (Ue + extraUe) di Berlino è pari all’1,8%, di poco superiore rispetto alla media Ue, in linea con quanto accade per l’Italia (oggi il dato per noi è 1,6%).
Per i paesi geograficamente prossimi la caduta dell’economia di Mosca è invece un fardello ben maggiore. L’export lituano è infatti per il 13,4% diretto in Russia, mercato di sbocco “pesante” anche per Lettonia (10,6%), Estonia (6,3%), Finlandia (5,6%) e Polonia (2,9%).
Il dimagrimento rispetto al 2013 è comunque evidente per tutti. La quota media della Rus- sia sul totale dell’export europeo è scesa in tre anni di un punto (dal 2,6 all’1,5%) con impatti maggiori per i paesi più vicini. Per la Lituania ci sono sei punti in meno, per l’Estonia la quota è dimezzata, la Finlandia cede quattro punti, la Polonia oltre due.
L’Europa mediterranea, dove le connessioni con Mosca sono più ridotte, riesce invece a limitare i danni, partendo già da quote relative inferiori. L’export in Russia valeva per la Grecia l’1,5% dell’export globale, oggi lo 0,8%; per la Spagna si scende dall’1,2% allo 0,6%; per il Portogallo dallo 0,6% allo 0,3%. Quote dimezzate ma con impatti dunque limitati.
Diverso l’effetto sull’Italia, che invece vedeva in Mosca un mercato particolarmente attraente per macchinari e componentistica, ma anche per tessileabbigliamento, mobili, calzature e prodotti alimentari. Nel 2013 Mosca valeva per noi il 2,8% dell’export totale, quota oggi quasi dimezzata all’1,6%.
L'inversione di rotta potrebbe tuttavia essere vicina. Risalita del prezzo del greggio, possibile normalizzazione di rapporti con la nuova presidenza di Washington, conseguente congelamento delle sanzioni potrebbero riportare indietro le lancette, innescando un circolo virtuoso in grado di spingere verso l’alto il potere d’acquisto di Mosca. Già nei primi dieci mesi del 2016 qualche paese riesce a risalire la china, con vendite verso la Russia in crescita per Francia, Polonia e Belgio. Tra qualche mese (anche a novembre per noi il dato è negativo) potrebbe toccare finalmente anche all’Italia.
IL TREND A fine anno le esportazioni europee verso la Russia si attesterebbero a 71 miliardi di euro, il 40% in meno rispetto ai massimi del 2013
L’export italiano in Russia