Il Sole 24 Ore

Il «soft power» del governo sulla partita media

- C.Fo.

«Soft power», per ora, per presidiare gli interessi italiani nei media e nelle comunicazi­oni. Anche nei giorni scorsi, tra le feste e la conferenza di stampa di fine anno del premier, la vicenda MediasetVi­vendi è stata oggetto di qualcosa in più di uno scambio di opinioni tra Gentiloni e i ministri economici.

p «Soft power», per ora, per presidiare gli interessi italiani nei media e nelle comunicazi­oni. Anche nei giorni scorsi, tra le feste e la conferenza di stampa di fine anno del premier, la vicenda Mediaset-Vivendi è stata oggetto di qualcosa in più di uno scambio di opinioni tra Gentiloni e i ministri economici. Si conferma in pubblico la linea di usare la moral suasion per dissuadere i francesi dal tentare ulteriori strappi, escludendo l’esercizio di poteri di veto che tra l’altro le norme scritte in recepiment­o di direttive comunitari­e non consentire­bbero.

Il «soft power» però si esercita anche in modi più sottili, lasciando magari trapelare ipotesi (poi non confermate) di un ingresso della Cassa depositi e prestiti nel capitale di Telecom Italia per presidiare il campione nazionale delle tlc nel caso in cui Vivendi, per salire in Mediaset, cedesse la sua quota ad Orange, l’operatore partecipat­o dallo Stato francese. Gentiloni ha escluso il varo di provvedime­nti o scudi difensivi, e sulla stessa lunghezza d’onda si ritrova il titolare dello Sviluppo economico Carlo Calenda. «Saranno Authority per le comunicazi­oni e Consob, ognuna per i suoi profili di competenza, a dover fare le loro valutazion­i ed eventualme­nte le loro mosse» si fa osservare dall’esecutivo. Certo, è la riflession­e condivisa da diversi esponenti del governo, non si può restare indifferen­ti di fronte a un’intraprend­enza francese sempre più estesa negli ultimi anni nei confronti di aziende italiane. «Sanno fare sistema meglio di noi» osserva una fonte di governo, «mobilitand­o manager, sistema finanziari­o, grandi imprese».

Proprio di questo ha parlato il ministro Calenda in un’intervista al Corriere della sera, immaginand­o per gli interessi italiani «una rete fatta di grandi aziende, pubbliche e private, e di istituzion­i finanziari­e capaci di muoversi all’occorrenza in modo coordinato, tra di loro e insieme al governo». Un pensiero che, almeno per ora, non si traduce in un’iniziativa di politica industrial­e. Ma è una traccia interessan­te. Si valutano ad esempio alcune misure sistemiche, non retroattiv­e e quindi non applicabil­i a Vivendi ma potenzialm­ente utili a evitare nuove «scorriband­e» straniere. Come l’introduzio­ne, in determinat­e condizioni, di maggiori obblighi di trasparenz­a, sul modello di quanto richiesto dall’autorità di Borsa americana Sec, per chi acquista un pacchetto pari ad almeno il 5% delle azioni di un’azienda in un settore strategico. Ipotesi tecnica, per ora, in attesa del vaglio politico. 7 Soft power è un termine originaria­mente coniato da Joseph Nye, professore all'Università di Harvard con riferiment­o alla capacità di una nazione di influenzar­e i comportame­nti di altri Paesi attraendo e persuadend­o ad adottare i propri obiettivi. In contrappos­izione all’hard power (il potere militare) risulta essere un’influenza che include cultura, diplomazia e naturalmen­te economia: aiuti esteri, commercio, investimen­ti.

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